Notizie Notizie Mondo Fed taglia i tassi ma si conferma non abbastanza dovish. Trump strepita, trader ancora scossi per shock tassi repo

Fed taglia i tassi ma si conferma non abbastanza dovish. Trump strepita, trader ancora scossi per shock tassi repo

Pubblicato 19 Settembre 2019 Aggiornato 17 Luglio 2024 09:23

Fed non sufficientemente dovish? E’ questa l’interpretazione che i mercati hanno dato all’annuncio arrivato ieri dal Fomc, il suo braccio di politica monetaria, con i più pessimisti che affermano che la Banca centrale Usa ha perso il controllo: il riferimento è a quella contrazione improvvisa di liquidità che si è presentata nelle ultime due sessioni.

L’apparentemente imperturbabile Jerome Powell continua ad andare dritto per la sua strada, incurante delle continue strigliate del presidente Donald Trump. Che, ovviamente, non sono mancate neanche stavolta. Trump ha accusato Jerome Powell e la Fed di non avere fegato, e di aver fallito ancora.

Detto questo, la Fed di Powell ha fatto ciò che i mercati avevano previsto, ovvero ha annunciato un un taglio dei tassi sui fed funds di 25 punti base, al range compreso tra l’1,75% e il 2%. La Fed ha tagliato anche i tassi che applica alle riserve in eccesso, portandoli all’1,8%. Il taglio è stato di 30 punti base.

Tuttavia, a fronte della Bce di Mario Draghi sempre pronta a stupire e ad accontentare le richieste dei mercati, Powell come al solito non ha promesso più di tanto. L’effetto immediato è che l’azionario Usa è rimasto deluso dall’impostazione non proprio dovish della Fed in cui aveva riposto le proprie speranze.

Nell’immediato, subito dopo l’annuncio, il Dow Jones è sceso fino a -200 punti, o -0,80%, per poi recuperare terreno in chiusura. Lo S&P 500 è sceso anch’esso fino a -0,8%, e il Nasdaq Composite è calato fino a -1,1%. Wall Street ha poi recuperato nel finale gran parte delle perdite, con il Dow Jones che ha chiuso quasi piatto, in rialzo dello 0,1%, a 27.147,08 punti e lo S&P 500 anch’esso quasi invariato a 3.006,73 punti. Il Nasdaq Composite ha ridotto i cali a -0,1%, a 8.177,39 punti.

Termometro della delusione dei mercati è stato anche il trend della curva iniziale dei rendimenti, che ha visto i tassi dei Treasuries Usa a due anni balzare, dopo l’annuncio del taglio dei tassi, di ben 10 punti base, dall’1,66% all’1,766%. Il dollaro è inizialmente salito, per poi limare parte dei guadagni, e rallentare a $1,1034 nei confronti dell’euro.

FED TAGLIA TASSI, MA BNY MELLON CONFERMA VIEW BULLISH SUL DOLLARO

Rimane bullish sulla valuta americana John Veils, strategist macro e del mercato forex Usa per BNY Mellon:

“Nel breve termine, con questo taglio ai tassi hawkish il dollaro dovrebbe continuare a essere ben comprato, visto che il percorso dei tassi presentato dalla Fed non è vicino a quello prezzato dai mercati”. Inoltre, non bisogna dimenticare che il dollaro rimane la valuta che rende di più tra quelle dei paesi del G10″, e quindi si conferma più appetibile.

Vale la pena far notare che strategist di BNY Mellon ha parlato di “hawkish cut”, ovvero di taglio dei tassi da falco, addirittura, un ossimoro quasi, per intendere come il taglio ci sia stato, ma non con il significato dovish che per i mercati avrebbe dovuto avere, visto che Powell lo ha definito una sorta di assicurazione contro i rischi, più che la conferma di una politica monetaria più espansiva.

Il punto è proprio questo: sia il contenuto del comunicato che le frasi proferite da Powell nella conferenza successiva all’annuncio sui tassi non avallano, di fatto, scommesse bearish sul biglietto verde. Powell lo ha detto chiaramente: la Fed è pronta a intervenire in caso di rallentamento dell’economia con una “sequenza” di tagli ai tassi, ma al momento questa necessità non si sta presentando: “Non è quanto prevediamo”, ha precisato. E, tra l’altro, anche dal dot-plot non emerge alcuna impostazione particolarmente da colomba.

IMPENNATA TASSI REPO: LA VERA EMERGENZA

C’è da dire che la vera emergenza, nelle ultime due sedute, non è stata rappresentata dall’impellente bisogno che la Fed tagliasse i tassi (outlook tra l’altro scontato), ma dall’impennata dei tassi sul mercato interbancario, in particolare dei tassi repo.

Così Michael Hewson, responsabile analista di mercato presso CMC Markets UK:

“La decisione della Fed di ieri è stata quasi un evento a margine rispetto alle preoccupazioni sulla liquidità del dollaro Usa, che ha visto i tassi di breve termine salire al di sopra del tasso sui fed funds, e che ha costretto la banca centrale ad aumentare la quantità di finanziamenti a breve termine, per la prima volta dalla crisi finanziaria del 2008″.

Secondo Hewson, la risposta arriverà con il tempo.

“Se gli stress presenti nel sistema si smorzeranno nell’arco dei prossimi giorni, e i tassi a breve termine scenderanno, allora queste preoccupazioni dovrebbero diminuire. In caso contrario, (il fenomeno) solleverà interrogativi importanti sul perché i mercati a cui si accede in cerca di finanziamenti (a brevissimo termine) non stiano funzionando”.

In ogni caso la decisione della Fed sui tassi non è stata presa all’unanimità, se si considera che contro il taglio si erano opposti sia il lato dovish che quello hawkish della Banca centrale. La presidente della Fed di Kansas City Esther George e il presidente della Fed di Boston Eric Rosengren si erano detti contrari al taglio, come avevano fatto a luglio, mentre il dovish James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, aveva auspicato una riduzione maggiore, pari a 50 punti base”.

Hewson sottolinea che, in questo contesto, nella conferenza stampa successiva all’annuncio del taglio dei tassi, Jerome Powell non ha mostrato “alcun chiaro impegno a tagliare ulteriormente i tassi e, visti i recenti dati, ci chiediamo perchè lo avrebbe dovuto dare, considerando anche che è lo stesso presidente Trump (nonostante si lamenti e chieda tagli ai tassi fino allo zero) ad affermare che le condizioni di salute dell’economia Usa sono buone”. Tuttavia, fa notare ancora l’analista di CMC Markets UK, è anche vero che dal comunicato è emerso che la Fed ha tagliato le sue previsioni sul Pil Usa dal 2,2% al 2,1%, a causa della debolezza, citata da Powell, delle esportazioni e degli investimenti delle aziende. Detto questo, “nella stessa conferenza stampa, è risultato chiaro che il problema più urgente da risolvere fosse quello della liquidità, con Powell che ha affermato che la Fed sta monitorando e affrontando la situazione, e che ha addirittura aggiunto – e questo è un segnale dovish – che il bilancio della Fed potrebbe dover essere aumentato, nel caso in cui se ne presentasse la necessità”.

ALERT CREDIT CRUNCH: COSA STA SUCCEDENDO

L’alert liquidità ha costretto la Fed di Jerome Powell a intervenire l’altroieri con una iniezione di  53,2 miliardi di dollari e a offrire alle banche un massimale di 75 miliardi. L’intervento si è reso necessario, in quanto il balzo improvviso dei tassi repo ha avuto un effetto domino sullo strumento principale di politica monetaria della Fed, ovvero sui tassi sui fed funds, che sono schizzati ieri fino al 2,25%, al top del range fissato da Powell & Co a luglio e prima dell’ennesimo taglio di ieri,(target compreso tra il 2 e il 2,25%) a seguito del taglio dei tassi operato lo scorso luglio.

I tassi repo overnight, per la precisione, hanno iniziato a rivelare un trend anomalo mettendo a segno un rialzo intraday, scattando di ben +250 pb, fino al 4,750%. L’alert liquidità è suonato quando, poco prima dell’inizio della sessione di due giorni fa a Wall Street, i tassi sono arrivati a volare fino al 10%.

A quel punto, la Fed di New York è stata costretta a intervenire, complice l’effetto contagio sui tassi sui fed funds, e ha lanciato il cosidetto Qe lite.

Anche ieri i tassi overnight si sono posizionati nella fascia alta del range di luglio, salendo fino al 2,3%. Inoltre un altro tasso che la Fed segue attentamente, ovvero il SOFR (tasso di finanziamento overnight garantito), è balzato ieri dal 2,43% al 5,25%. Non una buona notizia, visto che questo è il tasso su cui si basano tassi variabili su prestiti del valore di circa $285 miliardi.  L’emergenza ha indotto la Fed ad agire di nuovo, iniettando altri finanziamenti del valore di 75 miliardi di dollari.