Colosso tedesco Deutsche Bank sotto la lente con stop fusione Commerzbank e spina nel fianco investment bank
Non c’è pace per il colosso tedesco Deutsche Bank: all’indomani dell’annuncio sul flop delle trattative con la rivale di casa Commerzbank, la prima banca made in Germany ha diffuso un risultato di bilancio che non ha convinto i mercati. Risultato: il titolo è sceso per la quinta sessione consecutiva, facendo -3,5% circa alla borsa di Francoforte e scendendo a 7,72 euro circa. Il calo riduce il guadagno da inizio anno a +3,7%. Ma in 12 mesi l’azione ha perso più del 35%, così come ha fatto Commerzbank e, così anche come Commerzbank, ha ceduto oltre -80% negli ultimi 10 anni.
Gli investitori si chiedono a questo punto, con la fine dei negoziati con Commerzbank – che puntavano secondo le ambizioni di Berlino alla creazione di un campione nazionale – che cosa ne sarà dell’istituto di credito.
I numeri del bilancio mettono in evidenza che Deutsche Bank ha riportato utili netti in crescita del 67% su base annua, a 201 milioni di euro, stracciando le stime di 29 milioni.
Tuttavia, a un esame neanche tanto approfondito, si nota come questa sia una delle poche buone notizie che emergono dalla trimestrale.
In primis, il target sul fatturato dell’intero anno è stato rivisto al ribasso: per la banca non sarà più in lieve rialzo, come atteso in precedenza, ma piatto. Non per niente il colosso ha sofferto il suo nono trimestre consecutivo di calo del giro d’affari.
Non solo: la divisione di investment banking ha concluso il primo trimestre più debole dalla crisi finanziaria. Bloomberg presenta un grafico intitolandolo “A Shadow of Itself”, definendo Deutsche Bank l’ombra di se stessa, in riferimento alla sua divisione di investment banking, che ora apporta un fatturato di un valore inferiore alla metà del suo record.
In generale, l’intero giro d’affari del gigante tedesco è sceso nel primo trimestre dell’anno del 9%, su base netta, a 6,4 miliardi di euro.
Andando a guardare alle diverse divisioni, il fatturato è cresciuto del 6% nella divisione di transazioni globali, business interno a quello di investment bank che fornisce alle aziende servizi come cash management e trade finance.
In calo invece il fatturato dell’unità tramite cui la banca agisce come advisor, fornendo servizi di consulenza alle società in operazioni varie, come M&A o emissioni di azioni e bond. Giro d’affari in calo anche nella divisione commerciale e private, che fornisce servizi ai clienti retail e alle piccole imprese, così come una flessione è stata sofferta nella divisione di asset management.
Se gli utili netti sono aumentati, è stato grazie al minore carico fiscale. Volendo fare un riassunto, così come riportato da Bloomberg:
- Il target sui costi del 2019 è stato confermato.
- Il target sul ROTE, ha precisato il gruppo tedesco, dipende in parte dai mercati.
- Il fatturato della divisione di asset management del primo trimestre è stato di 525 milioni, in calo del 4%.
- Il fatturato della divisione Private & Commercial Bank è stato di 2,51 miliardi, in calo del 5%.
- Il fatturato della divisione Corporate & Investment Bank si è attestato a 3,33 miliardi, giù del 13%. La stessa divisione, che incide per più del 50% sul fatturato di Deutsche Bank, ha riportato nel primo trimestre dell’anno una perdita di 88 milioni di euro, a causa dei costi che rimangono ostinatamente elevati. L’investment bank continua a essere la nota dolente dell’istituto tedesco, se si considera che sono gli stessi azionisti, analisti e banchieri a chiedere un ridimensionamento più radicale dell’unità, sottoposta a continue fasi di ristrutturazione dopo anni di performance deludente. Fasi di ristrutturazione che non danno, evidentemente, i risultati sperati.
Così Christian Sewing, l’amministratore delegato di Deutsche Bank, ha commentato i risultati di bilancio:
“I nostri risultati confermano la forza del nostro franchise e i nostri continui progressi nel rendere esecutivi i nostri piani in un contesto di mercato che si presenta denso di sfide”.
Nessun campione tedesco con Commerzbank
Troppo alte le ambizioni di Berlino, tese a creare un campione bancario nazionale che sarebbe diventato anche il secondo colosso del settore in Ue?
La risposta sembra essere affermativa.
Alla fine, quello scetticismo mostrato più volte dalla comunità di strategist ed esperti vari si è mostrato più che fondato. Basti ricordare quanto detto, tra gli altri, da Michael Hewson, Chief Market Analyst presso CMC Markets UK:
“Questo accordo rimane ancora un grande punto interrogativo, con molti ostacoli che si frappongono a qualsiasi tipo di accordo. Sappiamo già dalla recente esperienza, quanto può essere difficile fare valutazioni accurate sui valori di prodotti derivati complessi nei bilanci delle banche e questo prima di guardare anche le valutazioni di prodotti più tradizionali come i titoli di stato, così come i numeri sui crediti in sofferenza”. Mentre gli investitori potrebbero benissimo acquistare in scia alla notizia di una qualche forma di accordo, Hewson ricordava che il vecchio detto secondo cui “non si può fare una borsa di seta da un orecchio di una scrofa” non è mai stato più vero”.
Ancora prima, quando si erano affacciati i rumor sulla fusione, Hewson aveva così commentato:
“È stato riferito che i colloqui di alto livello tra il governo tedesco e l’alta dirigenza sono aumentati nelle ultime settimane, il che suggerisce che alti funzionari tedeschi sono sempre più preoccupati per la salute finanziaria della più grande banca globale tedesca, anche se è proprio il beneficio di una fusione con Commerzbank, i cui problemi sono allo stesso modo gravi, che è al di là della comprensione di molte persone. Se negli ultimi anni abbiamo imparato qualcosa, è che non risolvi il problema di una banca in difficoltà fondendola con una rivale che sta faticando allo stesso. Se non altro, rende il problema ancora più grande, anche se potrebbe ritardare l’esito finale. Ciò che non aiuterà i funzionari del governo tedesco o il management della Deutsche a dormire di notte è il fatto che i tassi di interesse rimangono ancorati al suolo, con la possibilità di andare ancora più in basso, mentre la crescita si è appiattita nella seconda metà del 2018″.
Se la merger fosse andata in porto, il gigante tedesco risultante dalla fusione si sarebbe confermato il secondo maggiore gruppo bancario europeo dietro a BNP Paribas con 50 milioni di clienti tra privati e imprese, 800 mld di euro di depositi e oltre 1,9 mld di attività.
Deutsche Bank conta 2640 filiali (di cui 1.409 in Germania), mentre quelle di Commerzbank sono circa 1.000.
Il flop dei negoziati potrebbe essere spiegato anche con il possibile ripensamento dello stesso politico che si era messo in prima linea per dar vita al suddetto campione bancario nazionale tedesco: il ministro delle finanze Olaf Scholz che, secondo quanto aveva riportato di recente il Financial Times, aveva iniziato a vacillare sulla bontà della transazione.
In pieno clima di elezioni europee, il suo assist all’operazione avrebbe potuto infatti costare caro a lui e al suo partito socialdemocratico, visto che le nozze tra Commerzbank e Deutsche Bank avrebbero potuto tradursi in decine di migliaia di licenziamenti, mandando a casa fino a 30.000 dipendenti. (e di mezzo c’era anche il nodo dei BTP)
Entrambi gli istituti hanno annunciato ieri la decisione di porre fine alle trattative con un comunicato in cui hanno affermato che un matrimonio non sarebbe stato nel loro migliore interesse, a causa della necessità di “ulteriori capitali, di costi di ristrutturazione e di rischi di esecuzione”.
Fallito progetto tedesco, UniCredit entrerà ora in campo?
A questo punto la domanda è: ora che la strada è praticamente libera e i negoziati tra i due colossi tedeschi si sono ufficialmente conclusi, cosa deciderà di fare UniCredit?.
Indiscrezioni sul rinnovato interesse della banca italiana verso la tedesca Commerzbank sono emerse all’inizio di aprile con un articolo del Financial Times, che aveva chiamato in causa HypoVereinsbank, la sussidiaria tedesca di UniCredit.
L’articolo scriveva come l’istituto guidato dal ceo Jean-Pierre Mustier fosse pronto a presentare un’offerta alla tedesca Commerzbank, nel caso in cui le trattative in corso tra quest’ultima e Deutsche Bank non fossero andate a buon fine.
Così è andata.
L’FT aveva segnalato l’intenzione di UniCredit di puntare ad acquisire una partecipazione rilevante in Commerzbank, per poi far convolare quest’ultima a nozze con HypoVereinsbank.
Tutto, governo tedesco permettendo.
L’entità risultante dalla fusione avrebbe sede in Germania, mentre i quartieri generali di UniCredit rimarrebbero in Italia, così come il titolo della banca capitanata da Jean-Pierre Mustier continuerebbe a essere scambiato a Piazza Affari.
Dal canto suo Commerzbank continuerebbe a essere quotata alla borsa di Francoforte.
Il punto, però, aveva avvertito l’FT, è il seguente: è difficile, se non impossibile, che uno scenario UniCredit-Commerzbank possa concretizzarsi senza il benestare di Berlino, che è il principale azionista di Commerzbank, con una partecipazione pari al 15%.
Ma perché Jean-Pierre Mustier avrebbe deciso di riprovarci, dopo il nulla di fatto del 2017? All’epoca, UniCredit non presentò alcuna offerta, in parte a causa dell’opposizione dei politici tedeschi, contrari a operazioni di M&A transazionali. C’è da dire anche che, due anni fa, l’istituto italiano era impegnato a portare avanti un importante piano di risanamento.
Il rinnovato interesse su Commerzbank è stato spiegato dal quotidiano britannico con la speranza di UniCredit che Berlino possa chiudere un occhio ed essere più morbida, visto che la banca italiana, ha affermato una fonte, “è già in gioco”, e dal momento che il suo interesse nei confronti dell’istituto tedesco “non si è mai spento”, stando a un’altra fonte di un’importante autorità di supervisione bancaria europea.
Ancora, un advisor di UniCredit ha sottolineato che, da un punto di vista commerciale, un’alleanza tra Commezbank e Hypovereinsbank avrebbe senso, visto che i due istituti hanno “business complementari”. In particolare, le 447 filiali di Hypovereinsbank sono situate prevalentemente in Bavieria e nel Baden-Württemberg, mentre le 1000 filiali di Commerzbank sono diffuse in tutto il territorio tedesco.