Cina: l’ira contro Goldman Sachs per i sell sulle banche cinesi

Cina VS Goldman Sachs. Il colosso di Wall Street annuncia il downgrade dei rating di alcune banche cinesi, e il governo di Pechino non ci sta.
Goldman Sachs finisce nel mirino della Cina, in particolare del quotidiano finanziario Securities Times, controllato dal governo di Pechino.
Motivo: aver tagliato il rating sui titoli di alcune banche cinesi, fattore che ha alimentato subito le vendite sulle azioni quotate alla borsa di Hong Kong.
In una nota diffusa l’altro ieri, mercoledì 5 luglio, gli analisti del colosso bancario americano hanno, di fatto, annunciato la decisione di rivedere al ribasso il rating di Agbank da “Neutral” a “Sell”.
Non solo.
Downgrade anche per i rating dei titoli delle banche Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) e Industrial Bank, la cui valutazione è passata da “Buy” a “Sell”.
Downgrade Goldman Sachs: scatta il sell in Borsa
Il giudizio di Goldman Sachs ha alimentato ulteriormente i timori sul settore bancario made in China, che sta già pagando gli effetti di un’economia che ha messo a segno una ripresa dalla crisi innescata dalla politica Zero Covid decisamente meno sostenuta di quanto sperato da Pechino.
L’effetto del downgrade è stato immediato e, nella sessione di mercoledì, il sottoindice di riferimento della borsa di Hong Kong, l’Hang Seng Mainland Banks Index (.HSMBI) è scivolato del 3,6%, affondando al valore più basso in quasi quattro mesi, e riportando la seduta giornaliera peggiore degli ultimi otto mesi.
Goldman Sachs ha motivato la bocciatura dei rating con le preoccupazioni degli investitori, relative all’esposizione delle banche cinesi verso i debiti delle amministrazioni pubbliche locali e con i rischi che una tale esposizione rappresentano per la redditività degli istituti.
Va detto tra l’altro che, contrariamente alle altre banche centrali che lottano contro la piaga di un’inflazione che rimane ostinatamente alta, la People’s Bank of China, banca centrale della Cina, ha inaugurato una nuova fase di tagli dei tassi, allo scopo di sostenere i fondamentali economici: la politica monetaria espansiva rischia però di affossare la redditività delle banche.
Quella relazione pericolosa tra banche cinesi e debiti enti locali
Tornando alla questione delle banche cinesi esposte ai debiti delle amministrazioni locali, un articolo di Reuters spiega in che cosa consiste la preoccupazione di Goldman Sachs.
Le amministrazioni pubbliche locali della Cina hanno creato veicoli di finanziamento, in inglese LGFV, allo scopo di finanziare la crescita delle rispettive economie e gli investimenti in infrastrutture.
Il punto è che i debiti di questi veicoli LGFV, stando alle stime dell’Fmi (Fondo Monetario Internazionale), sono lievitati alla cifra monstre superiore ai 9 trilioni di dollari:
una bomba a orologeria, e un rischio sistemico rilevante per la seconda economia del mondo.
LGFV: il buco nero del sistema finanziario in Cina
Alcuni analisti, ha sottolineato Reuters in un altro articolo, hanno definito questi veicoli di finanziamento degli enti locali (local government financing vehicles -LGFVs) alla stregua di un “buco nero” del sistema finanziario cinese.
La Cina finora non si è preoccupata più di tanto del ricorso sfrenato al debito delle amministrazioni locali.
Risultato: almeno fino alla fine di maggio 2023, stando ai dati ufficiali diramati dalle autorità di Pechino, le vendite dei così noti “pearl bonds” da parte di questi veicoli finanziamento LGFV – emessi come ‘debito straniero’ nella Free Trade Zone di Shanghai – sono più che raddoppiate dall’inizio dell’anno al valore record di 72 miliardi di yuan, l’equivalente di 10 miliardi di dollari, quasi il doppio del valore rispetto alle obbligazioni piazzate lo scorso anno.
Ma ora anche la Cina deve essere un po’ preoccupata, visto che la banca centrale People’s Bank of China, stando ad alcune fonti interpellate da Reuters, ha avvisato già le banche commerciali, invitandole nelle ultime settimane a essere più vigili sui rischi legati ai bond che, in generale, vengono emessi nella Free Trade Zone di Shanghai.
La mossa dimostrebbe di per sé come i debiti delle amministrazioni locali stiano innervosendo anche il governo centrale, tanto che i veicoli LGFV, da qualche settimana a questa parte, possono emettere i pearl bonds solo previa approvazione delle autorità.
Questi veicoli di finanziamento si sono gettati di fatto nella Free Trade Zone grazie alla natura offshore del mercato, contrapposta a quella onshore il cui accesso è vietato agli LGFV dopo il lancio di regole più severe avvenuto nel 2021.
L’articolo del quotidiano di stato Securities Times
Tornando all’ira di Pechino contro Goldman Sachs, questa si è manifestata attraverso il quotidiano finanziario controllato dallo stato Securities Times, tra i più importanti diffusi in Cina.
In un editoriale pubblicato nella giornata di oggi, il Securities Times ha scritto che il downgrade annunciato dal gigante di Wall Street è basato su “supposizioni pessimistiche”.
“Non è consigliato essere bearish sui fondamentali delle banche cinesi, basandosi su supposizioni pessimistiche”, ha scritto il quotidiano finanziario, parlando di “una interpretazione errata” da parte degli analisti di Goldman Sachs.
L’attenti a Goldman Sachs lanciato da Pechino non ha fatto però altro che intensificare i sell sui titoli delle banche cinesi.
Bloomberg in un articolo ricorda che, per l’appunto, Goldman Sachs ha un rating “sell” sulle banche quotate alla borsa di Hong Kong Industrial and Commercial Bank of China, Agricultural Bank of China e Bank of Communications.
I titoli delle altre banche cinesi Bank of China e China Merchants Bank sono valutati invece “neutral”, mentre Postal Savings Bank of China e China Construction Bank godono di rating “buy”, firmati sempre da Goldman Sachs.
Il precedente ‘non investibili’ di JPMorgan
Intanto un articolo di Bloomberg, nel commentare il caso Cina VS Goldman Sachs, ha ricordato il precedente di JPMorgan.
L’anno scorso, gli analisti di JPMorgan bollarono come “non investibili” alcune Big Tech cinesi, con quella che, si scoprì poi, essere stata una vera e propria gaffe.
Lo staff editoriale responsabile dell’editing dei report della divisione di ricerca di JP Morgan aveva chiesto infatti che la descrizione ‘non investibile’ venisse rimossa dalle 28 note scritte dall’analista Alex Yao e dal suo team, prima che i report fossero pubblicati il 14 marzo del 2022.
Ma la pubblicazione avvenne, scatenando un sell off da 200 miliardi di dollari a Wall Street e in Asia.
Non è certo la prima volta che Goldman Sachs finisce nel mirino di uno stato per i suoi giudizi. I suoi analisti sono stati oggetto di forti critiche anche in Italia, per gli attenti lanciati sui BTP, anche piuttosto recenti.
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L’ennesima sberla di Goldman Sachs in faccia all’Italia è arrivata appena qualche mese fa, con la frase: “Shortate BTP a 10 anni contro i Bonos”, ovvero i titoli di stato spagnoli.
La sberla di Goldman – che ha snocciolato in quell’occasione anche l’outlook sul trend dello spread BTP-Bund – è arrivata tra l’altro negli stessi giorni dell’alert Italia lanciato da Moody’s, facendo infuriare diversi italiani.
Goldman Sachs era stata tra le banche d’affari che avevano lanciato, tra l’altro, più di un avvertimento a Giorgia Meloni , ancora prima della sua vittoria alle elezioni politiche del 2022.