Bce, per Deutsche Bank più tagli tassi con crescita debole e Trump bis
La Bce si riunirà ancora una volta da qui a fine anno, il 12 dicembre, ma i mercati guardano già al 2025 e oltre. Il dibattito sul livello del tasso terminale che l’istituto raggiungerà al termine del ciclo di tagli è aperto, soprattutto dopo gli ultimi dati deboli dell’eurozona e la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Alla luce dei numerosi elementi di incertezza, Deutsche Bank ha rivisto le previsioni sulle mosse della Bce, stimando un maggior numero di tagli dei tassi: ecco tutti i dettagli.
Quadro macro eurozona preoccupa Bce
Innanzitutto, la banca d’affari tedesca ha abbassato le previsioni sul Pil dell’Eurozona per il 2024 e il 2025, stimando rispettivamente una crescita dello 0,7% e dell’1,0%, rispetto al +0,9% e al +1,5% di giugno.
Malgrado qualche segnale di resilienza, come le sorprese positive dagli ultimi dati sul Pil della regione, l’economia della regione continua a soffrire di una scarsa competitività, soprattutto in Germania, un mercato del lavoro in lieve rallentamento e di un risparmio pubblico e privato elevato, che non si traduce in consumi e dunque pesa sulla ripresa economica.
Le stime sull’inflazione vedono l’indice dei prezzi al consumo in discesa sotto il 2%, il target fissato dalla Bce, già dall’inizio del 2025, con stabilizzazione attorno all’1,9% nel corso del prossimo anno. Al momento non emergono prospettive di significativa e persistente sottoperformance rispetto all’obiettivo, un timore che però comincia a serpeggiare fra i membri più “dovish” della Bce.
Trump minaccia nuove tariffe commerciali
L’altro grande fattore di incertezza riguarda il ritorno di Trump e delle sue politiche protezionistiche. Secondo Deutsche Bank, l’eventuale reintroduzione di tariffe commerciali da parte degli Stati Uniti avrebbe effetti negativi sull’economia europea, con una perdita di PIL stimata fra 0,3 e 0,4 punti percentuali, distribuita tra il 2025 e il 2026.
In ogni caso, ogni previsione è resa difficile dalle incertezze sulla natura e sulle tempistiche delle tariffe, che potrebbero anche essere mitigate da eventuali negoziati con l’UE o da risposte fiscali in Europa, Cina e Stati Uniti.
In caso di implementazione più rapida delle barriere commerciali, l’impatto potrebbe aumentare, con effetti disinflattivi dovuti al rallentamento della domanda europea e al rischio di dumping da parte della Cina, con un possibile effetto negativo di circa mezzo punto percentuale sui prezzi al consumo.
I rischi delle politiche di Trump
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca è senz’altro un tema da non sottovalutare per le banche centrali. In campagna elettorale, il futuro presidente ha promesso imposte sulle importazioni statunitensi, tagli fiscali che metterebbero ulteriormente sotto pressione il bilancio federale ed espulsioni che potrebbero ridurre la riserva di manodopera a basso costo.
Ciò comporta due rischi principali: un’espansione economica più lenta in tutto il mondo e un’inflazione più rapida negli Usa, che potrebbe rendere la Fed meno disposta ad abbassare velocemente i tassi di interesse, con conseguente rafforzamento del dollaro nei confronti delle altre valute.
Bce: “Possibili implicazioni su eurozona e tasso di cambio”
Alcuni funzionari della Bce si sono già espressi sul tema. Secondo il membro del Consiglio direttivo Yannis Stournaras l’implementazione delle misure preannunciate da Trump avrà “un impatto negativo sull’economia europea, almeno nel breve termine” e “implicazioni sul tasso di cambio”, influendo sulla politica monetaria della Bce, che comunque rimarrà invariata “almeno all’incontro di dicembre”.
Il vicepresidente della Bce Luis de Guindos ha messo in guardia dagli “enormi” effetti nel caso i nuovi dazi si materializzassero, mentre Klaas Knot ha evidenziato i rischi di nuove barriere al commercio internazionale, che porterebbero a “una diffusione più lenta delle nuove tecnologie, un impatto negativo sulla crescita della produttività e sulla capacità di risolvere congiuntamente i problemi globali”.
Deutsche Bank taglia stima tasso terminale Bce
Alla luce delle precedenti considerazioni, Deutsche Bank ha tagliato la stima sul tasso terminale all’1,5%, con intervallo indicativo fra l’1,0% e l’1,75%, rispetto al precedente 2,25%. Attualmente il tasso sui depositi si attesta al 3,25%, quindi la nuova previsione implica cinque riduzioni da 25 bp in altrettante riunioni da qui a giugno, seguite da ulteriori mosse nella seconda metà del 2025.
Tuttavia, in presenza di dati macroeconomici particolarmente deludenti, non è però da escludere che la Bce opti per un taglio di 50 punti base già a dicembre, accelerando il percorso verso il tasso target. La tempistica della reazione dipenderà soprattutto dal deterioramento del quadro macro nel Vecchio Continente, con particolare attenzione ai salari e all’inflazione, ma anche dalla velocità con cui gli Stati Uniti introdurranno le tariffe.
Gli elementi di incertezza da monitorare riguardano principalmente la politica fiscale, la crisi politica in Germania, che porterà verosimilmente ad elezioni anticipate a marzo 2025, l’eventuale risposta della Cina ai dazi di Trump e l’impatto dei rischi geopolitici in Medio Oriente sulle forniture di petrolio.