Bce, Lagarde sotto assedio. E c’è chi sogna Draghi
“Con l’inflazione che rallenta, la Bce dovrà cambiare rotta“. A parlare è Massimo Doris, numero uno di Banca Mediolanum, in un’intervista pubblicata oggi sul quotidiano Il Messaggero.
Oltre a rimarcare “il secondo anno migliore di sempre” per Banca Mediolanum, grazie a un “modello di business che è a prova di crisi”, il banchiere ha affrontato la questione tassi: per la precisione, la questione relativa alla carrellata di rialzi dei tassi che la Bce di Christine Lagarde ha lanciato nella sua lotta volta a sfiammare l’inflazione.
Una lotta destinata ad andare avanti visto che, con il suo video messaggio di auguri di Natale, Lagarde ha confermato tutta la sua determinazione a portare avanti la sua stretta sul credito, dopo che in Italia, in particolare, era esplosa la polemica contro le sue strette monetarie che, secondo alcuni politici ma anche economisti, rischierebbero di affossare i fondamentali dell’economia dell’area euro.
Per alcuni le strette sarebbero sbagliate, visto che – così viene ripetuto – l’inflazione dell’Eurozona non sarebbe stata provocata dalla solidità della domanda, dunque dal surriscaldamento della crescita, ma dalla scarsità dell’offerta.
Ceo di Banca Mediolanum, Massimo Doris affianca il suo commento sulla Bce di Christine Lagarde alle numerose opinioni che si stanno susseguendo sull’opportunità o meno dell’Eurotower di continuare ad alzare i tassi.
Doris (Banca Mediolanum): inflazione frena, Bce cambi rotta
Cosa pensa il banchiere ceo di Banca Mediolanum del rischio che una Bce troppo falco finisca per scatenare una recessione in Eurozona?
Alla domanda diretta: “è davvero solo la stretta al credito la cura ideale contro la corsa dell’inflazione?”, il ceo di Banca Mediolanum ha risposto così:
“Di sicuro è il tema più delicato del 2023. Si spiega così il dibattito molto vivo tra gli economisti, tra chi teme di finire nella morsa della recessione in caso di rialzi troppo aggressivi e chi teme gli effetti di una inflazione dura a morire”.
Detto questo, ha fatto notare Doris, “gli ultimi segnali registrati in Europa fanno pensare che la Bce possa allentare prima del previsto la stretta”.
Il ceo di Banca Mediolanum crede dunque possibile un dietrofront di Lagarde & Co. sulla scia di un rallentamento dell’inflazione, grazie al “crollo delle quotazioni di gas e petrolio”; d’altronde, ricorda, “i costi energetici sono stati i principali detonatori dell’impennata dei prezzi”.
Dunque, “ora che si sono riportati vicini ai livelli pre-crisi anche l’inflazione rientrerà più velocemente del previsto. E la Bce non potrà non tenerne conto. Non possiamo rischiare uno stop brusco dell’economia che infiammi la disoccupazione“.
Doris ha ricordato inoltre che “l’aumento dei tassi ‘è un’opportunità per i conti” delle banche ma, anche, che “la grana NPL (crediti deteriorati), in caso di recessione non si può sottovalutare”.
Bce: critiche da Crosetto e anche da Cattaneo (Italo)
La Bce continua a essere oggetto di dibattito in Italia, dopo il ‘caso’ Guido Crosetto, ministro della Difesa, che non ha perso tempo ad attaccare Lagarde successivamente all’ultimo rialzo dei tassi dell’area euro del 2022, annunciato lo scorso 15 dicembre.
Quell’ultimo atto del 2022 della Banca centrale europea, unito al timore di un governo Meloni in rotta di collisione con l’Europa, ha portato i rendimenti dei BTP decennali ad attestarsi a un valore superiore a quelli dei bond della Grecia.
Lo scorso 15 dicembre l’Eurotower ha alzato i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 2,50%, al 2,75% e al 2,00%, con effetto dal 21 dicembre 2022.
Non solo: oltre a comunicare il rialzo dei tre principali tassi di riferimento dell’area euro, la Banca centrale europea ha manifestato l’intenzione di iniziare a ridurre il proprio bilancio, gonfiato con il QE-Quantitative easing, in termini tecnici APP (PPA in italiano), lanciando il tanto paventato Quantitative Tightening (QT).
Il doppio annuncio ha rinfocolato le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito italiano, in un contesto in cui la Bce si appresta a ritirare la mano che aveva salvato l’Italia, in concomitanza tra l’altro con l’arrivo di un’ondata di emissioni di titoli di stato che non solo l’Italia di Giorgia Meloni ma anche la Germania e altri paesi dell’area euro dovranno lanciare, per finanziare le misure straordinarie lanciate contro il caro energia.
Qualche giorno fa una critica a Francoforte è stata mossa anche da Flavio Cattaneo, imprenditore già numero uno di Telecom, Terna, Rai, al momento azionista e vice presidente di Italo.
In un’intervista a Il Messaggero, Cattaneo ha avvertito che “una ulteriore stretta da parte della Bce sui tassi ci porterà quasi certamente alla recessione”.
Aggiungendo: “Per famiglie e imprese sarebbe un colpo fatale, considerando il peso delle bollette e un costo della vita cresciuto a dismisura”.
A lanciare un attenti alla Bce nei giorni scorsi è stato inoltre lo stesso numero uno dell’ABI, associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli.
In un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, Patuelli ha invitato Lagarde alla cautela, prima di optare per un’ennesimo rialzo dei tassi all’inizio dell’anno (il Consiglio direttivo dell’Eurotower si riunirà per decidere sui tassi il prossimo 2 febbraio).
“A mio avviso bisognerebbe ripensarci prima di decidere: con la discesa del prezzo del gas si contrarrà il fattore più decisivo dell’inflazione e quindi bisognerà essere più prudenti nell’aumentare i tassi”.
“Se le moratorie non verranno autorizzate – -ha spiegato il numero uno dell’ABI – nel 2023 torneranno a crescere gli Npl. Se le istituzioni europee, come sempre hanno dichiarato, non vogliono che aumenti il livello degli Npl dovranno autorizzare nuovamente, nel Temporary Framework, le sospensioni del pagamento delle rate, che non possono essere decise in modo autonomo dallo Stato italiano. Di pari passo devono poter essere temporaneamente sospese le riclassificazioni dei crediti a problematici, rese obbligatorie in questi casi dai regolamenti dell’Eba”.
Bce, Micossi: ma l’inflazione è una brutta bestia
Opposta la view di Stefano Micossi, economista formatosi in Banca d’Italia e che da poco ha lasciato la direzione dell’Assonime, carica che ha ricoperto per ben 23 anni.
“Io non credo che al momento l’azione della Bce si possa ammorbidire – ha detto, interpellato dal sito Formiche.net – “Finora abbiamo avuto soltanto un piccolo freno al costo della vita, l’idea che basti quello che è stato fatto è sbagliato. Ricordiamoci che ancora oggi i tassi di interesse reali sono minori della stessa inflazione. Non dobbiamo farci illusioni, se oggi la Banca centrale dovesse interrompere la sua politica restrittiva potrebbe voler dire problemi più grandi in futuro. In tutta onestà faccio fatica a condividere questo grande coro contro Francoforte”.
“Guardi che l’inflazione è una brutta bestia – ha continuato Micossi – Abbiamo bisogno di consolidare la credibilità della Bce, profondamente indebolita dal suo stesso comportamento dello scorso anno. La verità è però una sola: l’economia sta meglio di quanto sembri, il clima in Europa non è cattivo, i mercati sono tranquilli e hanno messo in conto una mini-recessione. No, l’economia europea non è affatto debole. La medicina della Bce è amara ma necessaria, ma se la Bce si mostrasse indecisa sulla prosecuzione di tale azione, la pagheremmo cara dopo”.
E qualcuno sogna ritorno di Mario Draghi
E intanto nell’articolo La Bce sbaglia o non sbaglia? Nel dubbio, quanto ci manca il Draghi governatore, Giancarlo Mazzuca, nel ricordare che “Patuelli e Crosetto attaccano”, mentre il senatore a vita Mario Monti «difende»”(la Bce) auspica il ritorno prima o poi dell’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio, Mr. Whatever It Takes, Mario Draghi:
“Proprio per evitare ulteriori discussioni sulle prossime mosse della Lagarde, non sarebbe il caso di auspicare, quando sarà possibile, un ritorno a Francoforte di un disoccupato di lusso come Super Mario? Anche se ci furono polemiche pure quando c’era Draghi (basti solo pensare alle critiche sollevate nei suoi confronti dalla cancelliera tedesca Angela Merkel), con lui alla Bce potremmo sentirci davvero in una botte di ferro”.
E certo la domanda su cosa avrebbe fatto Mario Draghi, se fosse stato presidente dell’Eurotower, assilla molti.
Intanto, così ha rincarato la dose contro Lagarde e le sue strette monetarie, all’inizio dell’anno, il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervistato dal quotidiano la Repubblica:
“Le condizioni economiche del Paese rischiano di peggiorare se verranno a mancare le ‘tutele esterne’ che hanno aiutato negli ultimi anni. Per questo fatico a comprendere le ragioni che hanno spinto la Bce a cambiare politica sugli acquisti dei titoli di Stato europei, in un momento già economicamente molto complesso, per certi versi drammatico, come quello che sta attraversando il mondo e l’Ue in particolare”.
“Non sta a me giudicare ma non serve un premio Nobel, basta il buon senso di una massaia per capire che alcune decisioni provocano effetti negativi perché amplificano la crisi – ha detto ancora Crosetto, scatenando nuove reazioni nell’arena politica – Quando Draghi lanciò il whatever it takes, la situazione economica e sociale era enormemente migliore di quella a cui stiamo andando incontro. A maggior ragione oggi non c’era alcuna ragione per una stretta”.