Bazooka monetari fuori controllo e valori bond (BTP) deviati? Intanto arriva consiglio shock a Fed anti-Trump
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Bilanci gonfiati del 1.400% dal 2008, bazooka monetari per un valore di 15.000 miliardi di dollari: e si sta parlando ‘solo’ delle quattro banche centrali del G4 ovvero degli Stati Uniti, dell’Europa, del Regno Unito e del Giappone. Ovvero, rispettivamente, della Federal Reserve, della Bce, della Bank of England e della Bank of Japan. Stando a un articolo del Sole 24 Ore, di tanto sono cresciuti i bilanci delle quattro banche centrali big, e a tanto (15.000 miliardi) ammonta il valore delle manovre di politica monetaria ultra espansiva finora lanciate. E non è certo finita qui, visto che le banche centrali stanno diventando ancora più dovish.
Sicuramente è diventata più dovish, dunque più accomodante, la Federal Reserve, che ha tagliato i tassi sui fed funds a luglio, per la prima volta in 11 anni. E sicuramente sta diventando più dovish la Bce di Mario Draghi, che potrebbe dire addio alla sua presidenza presso l’Eurotower (con la consegna delle chiavi a Christine Lagarde alla fine di ottobre), lanciando la sua ultima serie di bazooka monetari (TLTRO a favore delle banche, nuovo piano di Quantitative easing, taglio dei tassi sui depositi, già negativi ora a -0,40%).
Annunci da colomba sono attesi da Francoforte in occasione della prossima riunione della banca centrale, giovedì 12 settembre. Si parla, in particolare, di un maxi bazooka in arrivo.
La domanda è tuttavia la seguente: questi bazooka monetari (nel caso del Giappone il bilancio della Bank of Japan vale più del Pil nipponico (103%), sono davvero serviti?
Stando alla dinamica dell’inflazione, la risposta è un no drammatico. In Giappone il tasso di inflazione oscilla infatti attorno allo 0,1%, in Eurozona è atteso per il prossimo decennio all’1,2%, negli Stati Uniti qualcosa si sta muovendo, visto che l’inflazione all’1,9% è nei pressi del target del 2% stabilito dalla Fed. Ma i rischi vari di recessione che incombono in diverse parti del mondo potrebbero provocare nuovi dietrofront delle pressioni inflazionistiche.
E allora?
Questa furia di stampare moneta non sta entrando – se non è già entrata – in un vicolo cieco?
Intanto negli Usa scoppia il caso Bill Dudley, dopo le parole proferite dall’ex presidente della Fed di New York Bill, che ha incoraggiato i suoi ex colleghi a non fare il gioco di Donald Trump, a non aiutarlo praticamente in quello che è stato definito”il disastroso sentiero dell’escalation della guerra commerciale” lanciata contro la Cina e il mondo intero.
In un editoriale pubblicato su Bloomberg, Dudley è arrivato a suggerire alla Fed di influenzare il risultato delle elezioni presidenziali Usa del 2020 decidendo di non tagliare ulteriormente i tassi, e dunque di non far contento Trump, che da mesi continua a fare pressioni su Jerome Powell & Co affinché sforbicino i tassi in modo importante.
L’obiettivo del presidente americano, ovvio, è quello di sostenere l’economia Usa – anch’essa secondo alcuni analisti a rischio recessione -, per potersi presentare all’Election Day del 2020 con la Mission Accomplished sul fronte dell’economia, ovvero, in primis, con un Pil Usa solido.
Ma suggerire di agire per far perdere Trump alle elezioni non è forse troppo? Per il banchiere americano, evidentemente, no:
“Dopo tutto, la rielezione di Trump rappresenta verosimilmente una minaccia per gli Stati Uniti e l’economia globale, per l’indipendenza della Fed e la sua capacità di centrare i suoi obiettivi di occupazione e di inflazione”.
banche centrali e bazooka monetari: il dubbio dei mercati drogati
Per ora, i mercati prezzano un altro taglio dei tassi di 25 punti base da parte della Fed, e un altro ancora, con una probabilità dell’80%, prima della fine dell’anno.
La Bank of Japan si conferma in tutto questo regina incontrastata delle politiche monetarie ultradovish, se si considera che, come ricorda il Sole 24 Ore, da anni “addirittura monetizza il deficit acquistando titoli (non solo bond ma anche Etf azionari) pari al 6-7% del deficit annuo”.
I vari bazooka, indubbiamente, hanno avuto un effetto bullish sui titoli di stato. Proprio il loro effetto benefico ha reso però inevitabile anche una domanda più che naturale: fino a che punto i bond sovrani riflettono ormai i fondamentali dell’economia (e del debito dei paesi in cui vengono emessi)?
E qui entra in gioco l’Italia, con la carrellata di crisi politiche che l’hanno contraddistinta in questi ultimi anni.
Se non fosse stato per Draghi WhateverItTakes, si fa notare il più delle volte, chissà a che livello sarebbero spread e tassi BTP.
Tuttavia, il rischio che sui mercati si siano creati effetti distorsivi e che i valori, in generale, dei bond dell’Eurozona siano gonfiati, dunque da bolla, esiste. D’altronde se i BTP hanno recuperato terreno dalla disastrosa crisi del 2011 è grazie alle varie misure lanciate dalla Bce, in primis il Quantitative easing, attraverso cui Draghi & CO. hanno fatto incetta del debito sovrano dell’area euro.
Ma intervistato dal Financial Times, Christopher Mahon, direttore della divisione di ricerca presso Barings, dice chiaramente che “i tassi dei Bund viaggiano a un livello errato” (nel senso che sono troppo bassi, proprio a causa della politica dei tassi negativi della Bce), e che per questo sono destinati a risalire e a ridurre il gap con i rendimenti dei BTP.
Finora, rileva il quotidiano finanziario, shortare Bund si è confermata una strategia di trading dolorosa e rischiosa: per quanto il valore della carta tedesca potesse essere infatti alto, c’è sempre stato qualcuno, negli ultimi anni, pronto a intravedere una ragione per acquistarli, anche a prezzi più alti. Tuttavia, visti che i rendimenti che’offrono’ agli investitori sono negativi, fino al -0,7% dei decennali, i Bund stanno diventando sempre meno appetibili.
Di conseguenza, le vendite potrebbero scattare anche per i titoli di stato tedeschi, provocando, a quel punto, un recupero dei rendimenti. E magari anche i BTP, un giorno, potrebbero essere considerati troppo costosi, soprattutto se si considera il debito italiano in rapporto al Pil. Per ora, almeno nel breve termine, il rischio sembra scongiurato. Oltre che per l’attesa sulle nuove mosse da colomba della Bce, la prospettiva di un governo M5S-Pd sta piacendo ai mercati: gli analisti ritengono che, se sarà fumata bianca sul governo giallorosso, i BTP continueranno a salire e i rendimenti, dunque, a scendere. Ieri l’euforia sulla carta italiana ha portato lo spread BTP-Bund a scendere fino a quota 181 e i tassi a capitolare al minimo dal 2016, all’1,13%.