Amazon esce dal $1 trillion club. Tonfo titolo -42% in 2022, solo Meta fa peggio tra le Big Tech Usa
Disastro Amazon a Wall Street, a ulteriore dimostrazione di come per le Big Tech Usa, a parte qualche eccezione, i tempi d’oro siano ormai un lontano ricordo. Amazon esce dal $1 trillion club: la sua capitalizzazione di mercato scivola sotto quota $1 trilione.
La soglia è stata bucata ieri, con il sell off che ha portato il titolo del colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos a capitolare del 5,9%, scendendo per la quinta seduta consecutiva e crollando al valore minimo dall’aprile del 2020.
Risultato: gli smobilizzi hanno cancellato quasi tutti i guadagni che il titolo del gigante americano aveva incassato durante il periodo più buio della pandemia Covid-19, esplosa nel marzo del 2020. Proprio quella pandemia aveva fatto la fortuna di Amazon e di tante altre società che come core business avevano e hanno tuttora l’erogazione di servizi online.
Persone di tutto il mondo costrette a rimanere confinate dentro casa a causa delle misure di restrizione e di lockdown imposte dai vari governi si ritrovavano improvvisamente a fare la spesa online, a fare shopping online, a fare anche fitness online (vedi caso Peloton, illustre Covid Winner 2020).
Il 2020 si chiudeva parlando per l’appunto di titoli Covid Winner 2020: titoli di colossi – ma anche società minori hi-tech che avevano riportato rally storici, beneficiando di un mondo in fase di lockdown.
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Le cose hanno iniziato a cambiare con il reopening dell’economia: ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il deterioramento di quella stessa economia che era appena tornata a scattare dopo l’incubo del Covid.
Le strozzature alle catene di approviggionamento e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin del 24 febbraio di quest’anno hanno cambiato infatti di nuovo i connotati della congiuntura globale.
La ripresa post reopening ha lasciato il posto al boom dell’inflazione, all’impennata in particolare dei prezzi energetici, alla conseguenza naturale della crisi del #caroenergia e del #carobollette e alla minore propensione a fare acquisti: dunque, al rallentamento dei consumi e dell’economia, che dovrebbe acuirsi nel 2023 fino a prendere il nome di recessione o di hard landing, mentre le banche centrali di tutto il mondo sferrano attacchi senza pietà contro l’inflazione aprendo inevitabilmente crepe anche nella crescita dei Pil.
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In sintesi, così come nel caso delle altre Big Tech, Amazon ha scontato l’indebolimento dell’economia, l’aumento dell’inflazione e la fase del rialzo dei tassi lanciata dalle banche centrali, in primis dalla Fed, dalla Bank of England e dalla Bce.
Il trend del titolo certifica la fuga degli investitori che, nel caso in questione, si è fatta più intensa dopo la pubblicazione della trimestrale, con cui Amazon hareso noto di prevedere, per il trimestre in corso (quarto trimestre, noto anche come trimestre dello shopping festivo), una crescita del fatturato di appena 2-8% su base annua, inferiore alle attese del consensus.
Immediata la reazione delle azioni che, dopo la comunicazione della trimestrale, sono affondate del 19%, continuando poi a puntare verso il basso.
D’altronde, in occasione della pubblicazione dei conti, si è appreso anche che la divisione cloud del colosso americano, Amazon Web Services, ha riportato un fatturato peggiore di quanto stimato.
Inevitabili i sell, che hanno fatto scivolare la capitalizzazione di mercato di Amazon sotto la soglia di $1 trilione per la prima volta dall’aprile del 2020.
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Dall’inizio del 2022, il bilancio di Amazon è sconfortante: il titolo è scivolato del 42% e si avvia a concludere l’anno peggiore dal 2008, quando soffrì una perdita del 45%.
L’unico anno peggiore di quello della crisi finanziaria è stato per Amazon il 2000, in occasione dello scoppio della bolla dot-com, o anche del dot-com crash, quando la capitalizzazione crollò dell’80%.
Amazon si conferma il secondo titolo peggiore del gruppo delle Big Tech: lo scettro spetta a Meta Platforms, l’ex Facebook capitanata da Mark Zuckerberg, che ha visto il titolo segnare un tonfo del 72% da inizio anno, complice anche l’ossessione metaverso di Mark Zuckerberg.
La crisi delle Big Tech è stata confermata anche dai bilanci resi noti da altri titani Usa del calibro di Alphabet e Microsoft , che hanno messo in evidenza, in particolare, il calo delle entrate pubblicitarie digitali, legato al forte rallentamento dell’economia globale.
Un alert in tal senso era stato lanciato sui mercati, ancora prima, dalla società nota per la sua APP di messaggistica SnapChat, ovvero Snap, che aveva scritto nero su bianco quanto segue:
“Stiamo scoprendo che i nostri partner pubblicitari in molti settori stanno riducendo i loro budget di marketing, soprattutto di fronte a venti contrari dell’ambiente operativo, pressioni sui costi a causa dell’inflazione”.