Notizie Notizie Italia Fed, da dot-plot stop a rialzo tassi in 2019. Economia fa più paura, Election Day non è così lontano

Fed, da dot-plot stop a rialzo tassi in 2019. Economia fa più paura, Election Day non è così lontano

Pubblicato 21 Marzo 2019 Aggiornato 22 Marzo 2019 08:13

I dot-plot della Fed gelano il dollaro e spingono gli acquisti sui Treasuries americani, gli asset che più fanno i conti con le mosse della banca centrale Usa. Dal grafico che mostra le aspettative di ciascuno dei 17 esponenti del Fomc, è emersa infatti l’intenzione del presidente Jerome Powell e colleghi di non procedere ad alcun rialzo dei tassi nel corso del 2019.

La differenza rispetto all’outlook precedente sui tassi è evidente: nel dot-plot del trimestre precedente, erano solo due i funzionari della Fed ad anticipare che quest’anno non ci sarebbe stata alcuna stretta monetaria: il numero è passato a 11 in questo dot plot.

Sempre a dicembre 11 membri avevano indicato due strette monetarie per il 2019. Il numero è passato a due.

La Fed di Jerome Powell è diventata insomma ancora più accomodante di quanto i mercati finanziari prevedessero.

D’altronde, l’outlook sull’economia americana appare più fosco del previsto, tanto che l’istituzione ha rivisto al ribasso le sue proiezioni di crescita del Pil Usa per il 2019 a +2,1%, rispetto al +2,3% delle stime di dicembre.

Le previsioni sull’inflazione sono state tagliate di 0,1 punti percentuali all’1,8%.

Il tasso di disoccupazione è previsto ora al 3,7%, in rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di dicembre.

Effetto dot-plot sui mercati

Naturali le conseguenze sui mercati:

I tassi sui Treasuries decennali sono capitolati al minimo dal gennaio del 2018, scendendo di 8 punti base al 2,528%. Tonfo anche per i rendimenti a cinque anni, scivolati di 10 punti base al 2,328%, al valore più basso dal febbraio del 2018. I tassi a tre mesi sono scesi al 2,473% e quelli a due anni sono scesi di 7 punti base al 2,4%.

Il risultato è che il differenziale tra i tassi a 10 anni e a tre mesi è calato a 5,5 punti base. E’ stata la prima volta dal settembre del 2007 che la curva dei rendimenti si è appiattita al di sotto dei 10 punti base.

C’è da dire che non è facile però decidere di adottare ora una strategia ribassita sul dollaro. Il motivo? Come spiega qualche analista è che “le banche centrali si trovano tutte nella stessa barca”, visto che tutte sono diventate più dovish nel corso degli ultimi mesi, a causa del peggioramento dei fondamentali economici, Bce di Mario Draghi in primis. A tal proposito, Pimco già dà un consiglio ai futuri Draghi.

Joseph Capurso, strategist senior del mercato valutario, afferma così che “il tono più cauto della Fed e il downgrade delle previsioni economiche degli Usa limiteranno il margine di rialzo del dollaro”. Detto questo, aggiunge, “considerando le somiglianze con gli altri outlook di crescita economica di aree che includono l’Europa, la Cina l’Australia e il Giappone, vale la pena chiedersi fino a che punto il dollaro riporterà un forte deprezzamento”.

ING cambia view dopo dot-plot

Dal canto suo James Kinghtley di ING sottolinea che sia il dot-plot che le nuove stime della Fed indicano che la banca centrale “sarà molto, molto paziente”. E che, “in quello che sarà un ulteriore aggiustamento, (l’istituto) continuerà a procedere con il tapering del suo bilancio al ritmo di $15 miliardi al mese di Treasuries, meno  rispetto alle vendite che stanno avvenendo al ritmo di smobilizzi di $30 miliardi al mese, fino a concludere il processo di (Quantitative Tightening) alla fine di settembre”.

Il responsabile dell’economia globale di ING ammette che  “una direzione così chiara dei funzionari e la continua enfasi sulla parola ‘paziente’ ci porta a ritirare la nostra previsione di una stretta monetaria a settembre“.

Tra l’altro, “con le elezioni presidenziali alla fine del 2020 e il presidente Donald Trump orientato ad aumentare il consenso politico attaccando la Fed su un qualsiasi eventuale rialzo dei tassi, siamo scettici che si concretizzerebbe una stretta”.

Così Michael Hewson, responsabile analista dei mercati di CMC Markets UK, commenta la decisione della Fed:

“C’era una grande quantità di speculazioni su come la Federal Reserve avrebbe gestito la questione relativa alle aspettative sui tassi di interesse per il resto dell’anno in vista del meeting di ieri, con qualcuno che suggeriva che non sarebbero stati eccessivamente accomodanti in modo da poter mantenere alcune opzioni nel trattamento della politica monetaria  per il resto dell’anno. Considerando la situazione in cui eravamo all’inizio dell’anno, con preoccupazioni su un possibile errore politico da parte della banca centrale statunitense, la svolta nell’orientamento delle politiche monetarie è stata considerevole, e la virata a 180° dall’inizio dell’anno ha visto il dollaro USA e i rendimenti sui titoli di stato americani scivolare  bruscamente. A dire il vero non è stato neanche un cambiamento graduale, è stata più una sorta di  brusca sterzata con un freno a mano che una lenta virata, in virtù della quale siamo passati dalla prospettiva di tre rialzi dei tassi quest’anno, ad una prospettiva di assenza di rialzi e alla fine della riduzione del bilancio  alla fine di settembre, nel giro di dieci settimane. Anche la Fed ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita per quest’anno, e per tutti coloro che hanno sostenuto l’idea di un altro aumento dei tassi quest’anno, anche quelle aspettative piuttosto remote sono andate. Se non altro, i mercati dovrebbero probabilmente iniziare a prezzare una tempistica su possibili tagli della Fed, a meno che  non stiano già iniziando a farlo”.

In questo contesto, queste sono le previsioni sui principali rapporti di cambio di Michael Hewson:

EURUSD – si è mosso sopra la media mobile a 50 giorni in area 1.1450, con il potenziale per tornare verso la media mobile a 200 giorni a 1.1485 e a 1.1520 oltre a quella. Il supporto dovrebbe ora collocarsi nell’area 1.1360.

GBPUSD – sembra essere sul punto di scendere più in basso dopo non essere riuscita a mantenersi sopra 1,33300. Potrebbe scendere ulteriormente verso l’area 1.3030, dove abbiamo il supporto della trendline dai minimi di dicembre a 1,2430. Abbiamo anche il supporto vicino all’area di 1.3000 in corrispondenza della media mobile a 200 giorni.

EURGBP – ha continuato a salire, sopra l’area 0,8620, e potrebbe benissimo spostarsi fino all’area di 0,8670. Sopra 0,8670 potrebbe esserci il potenziale per un passaggio verso 0,8720. I pullback dovrebbero trovare interesse all’acquisto intorno all’area 0.8580.

USDJPY – l’incapacità di muoversi oltre l’area 112.00 ha visto il dollaro USA calare bruscamente durante la notte, e dopo essere sceso sotto 110.80, potremmo andare più in basso verso il livello di 109.80 con una rottura sotto 110.20.