Notizie Notizie Italia Emorragia PIR: il disastro provocato dal governo M5S-Lega e la speranza Gualtieri

Emorragia PIR: il disastro provocato dal governo M5S-Lega e la speranza Gualtieri

14 Ottobre 2019 11:50

PIR ovvero piani individuali di risparmio: avrebbero dovuto essere la grande promessa del risparmio e degli investimenti italiani, ma il loro successo è stato seriamente compromesso dall’incertezza normativa che si è presentata con il governo M5S-Lega. (sicuramente, non si può dire che lo stesso numero uno della Consob ed ex ministro degli Affari europei Paolo Savona abbia poi fatto Pubblicità progresso a questi strumenti).

Della parabola discendente dei fondi ne parla oggi anche il Financial Times, che ricorda i PIR* come quei piani lanciati nel 2017 per assicurare agli investitori retail un modo fiscalmente vantaggioso per canalizzare i loro risparmi nell’economia locale e come una opportunità di mercato significativa per i gestori.

Opportunità che però è stata affossata dalla vecchia maggioranza del primo governo Conte, che ha introdotto alcune modifiche, accolte con un coro di proteste dall’industria del risparmio gestito.

Il riferimento, in particolare, è al decreto del 30 aprile 2019 che ha varato alcune novità, tra cui l’introduzione di un vincolo del 3,5% delle somme destinate all’investimento su PMI quotate all’AIM e un altro 3,5% in venture capitalm nell’ottica di dare maggiore impulso allo sviluppo delle imprese di piccole dimensioni o di recente costituzione.

Tali modifiche hanno danneggiato l’appeal del formato dei PIR, sia per i gestori dei fondi che per gli investitori, come conferma oggi l’FT e come hanno fatto notare a più riprese, fino a qualche settimana fa, gli esponenti del settore.

PIR: Problemi nascono subito a inizio anno

I problemi per questi strumenti sono iniziati il 1° gennaio di quest’anno, con l’alert scattato per il blocco delle emissioni.

Le novità emerese nella legge di bilancio del 2019 non sono state infatti esplicitate prontamente con i decreti atttuativi, che sono arrivati soltanto ad aprile, paralizzando così il mercato. Non disponendo dei decreti attuativi, i gestori non hanno potuto fare nuove proposte ai clienti per la sottoscrizione di nuovi PIR.

La situazione non è poi migliorata con i decreti, visto che lo stesso presidente di Assogestioni Tommaso Corcos, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore a fine settembre, aveva fatto notare che “l’inserimento di asset illiquidi nel portafoglio dei fondi aperti” avrebbe potuto “creare grandi problemi di gestione e i recenti negativi accadimenti che hanno interessato alcune importanti società del risparmio gestito ne sono l’esempio significativo”.

L’auspicio di Corcors era/è di tornare alle vecchie regole, come aveva auspicato nell’intervista al Sole:

“Bisogna tornare alla versione originale dei Pir, eliminando l’introduzione dei vincoli minimi di investimento sull’Aim e sul venture capital”.

LEGGI 10 anni di Ftse Mib: tra crisi Italia e il nodo Pir.

Un no alle novità arrivate con i decreti attuativi era arrivato anche da Massimo Doris, AD di Banca Mediolanum che, a fine settembre, aveva lanciato un monito sul Messaggero:

“Va subito fatto un passo indietro rispetto alle modifiche scattate nel 2019, gli investitori chiedono la garanzia di una normativa stabile”.

E così scriveva a fine settembre il monitor di Equita:

“Su 6 Etf classificati sul sito di Borsa Italiana come Pir compliant, per 3 è stata annunciata la liquidazione (Etf Invesco Italian Pir Multi-Asset Portfolio, Etf Lyxor Italia Bond Pir e Etf Amundi Ftse Italia Pir), mentre altri 2 (Lyxor Italia Equity Pir e iShares Ftse Italia Mid-Small cap) hanno un patrimonio in gestione molto esiguo (attorno ai 10 milioni)”.

“Di fatto, i fondi PIR hanno sofferto flussi in uscita netti per sette mesi consecutivi – scrive l’FT – pari a quasi 1 miliardo di euro, nel periodo compreso tra febbraio e agosto, rispetto ai flussi in entrata di 4 miliardi che avevano caratterizzato l’anno precedente. La crisi è stata tale che grandi nomi del calibro di JPMorgan Asset Management e Invesco hanno chiuso del tutto i loro fondi PIR”

Una speranza potrebbe arrivare a questo punto con il nuovo governo giallorosso M5S-PD tant’è che è stato lo stesso ministro dell’economia Roberto Gualtieri, nel corso di un’audizione alla Camera di pochi giorni fa, ad affermare che sui Piani individuali di risparmio, “ragioneremo, facendo una valutazione anche rispetto alle recenti modifiche”.

L’FT segnala che “i gestori di fondi italiani hanno sofferto più di tutti gli altri” la fuga dai Pir, con “gruppi che includono Eurizon Capital, Fideuram, Anima e Azimut che, stando ai dati di Morningstar, hanno riportato pesanti deflussi nel corso di quest’anno”.

Tra i gruppi internazionali anche “Amundi, M&G, Invesco, Pictet e Schroders hanno sofferto (la fuga di capitali), con flussi in uscita ammontati a 4,6 miliardi di euro tra di essi, nel periodo compreso tra aprile e giugno, stando ai dati di Assogestioni)”.

Occhio alla nota di Equita sui PIR, con la SIM che, anch’essa, ha chiesto di ripristinare le vecchie regole:

“Dopo 8 mesi con raccolta negativa, riteniamo che il nuovo governo dovrebbe considerare di ripristinare la vecchia norma sui Pir, che aveva avuto successo nel convogliare risparmio italiano a imprese italiane“, ha detto Luigi De Bellis, co-responsabile dell’ufficio studi di Equita, presentando il settimo “Pir Monitor”.

Dai dati di Assogestioni è emerso che, nel corso del secondo trimestre del 2019, i fondi aperti Pir compliant hanno registrato una raccolta netta negativa pari a -348,3 milioni di euro rispetto ai -2,2 milioni nel primo trimestre 2019. Il loro patrimonio promosso a fine giugno 2019 si è attestato a 18,5 miliardi contro i 18,8 miliardi di fine marzo.

I PIR sono fondi lanciati nel 2017 con il governo Gentiloni, concepiti per sostenere investimenti di lungo termine e dirottare i risparmi degli italiani verso l’economia italiana. L’effetto PIR su Piazza Affari, nei primi mesi dalla loro introduzione, si è confermato subito positivo, come si legge nel seguente articolo FTSEMIB: STAR e small cap regine del mercato. Grazie ai PIR