Da World Bank downgrade Pil shock. Tutti i numeri
La World Bank – Banca Mondiale – suona l’alert recessione per il Pil globale, annunciando un downgrade shock sul suo precedente outlook di crescita.
L’istituzione sforbicia le stime sul ritmo di espansione dell’economia mondiale previsto per il 2023 dal +3% precedente al +1,7%, dimezzando quasi le sue previsioni.
A questo ritmo di crescita, pari ad appena +1,7%, la Banca Mondiale evidenzia nel suo report “Global Economic Prospects”, il “terzo ritmo di crescita (del Pil) più debole in quasi tre decenni, superato solo dalle recessioni globali provocate dalla pandemia e dalla crisi finanziaria globale”.
Molteplici i fattori che rischiano di portare l’economia globale “pericolosamente vicina” a cadere in recessione.
Nel motivare il downgrade, la World Bank chiama in causa anche le banche centrali, che nel 2022 hanno lanciato la loro lotta contro l’inflazione galoppante sfornando una serie di rialzi dei tassi. Rialzi dei tassi che, in particolare proprio in Italia, appaiono sempre di più sul banco degli imputati, rei di star portando (secondo alcuni stessi esponenti del governo Meloni, ma non solo) le varie economie sull’orlo di una recessione.
Così la World Bank:
“Nelle economie avanzate, le condizioni si sono deteriorate in modo significativo, a causa del calo della fiducia, che ha accompagnato l’inflazione elevata e le rapide strette monetarie avviate. Negli Stati Uniti, quello che è noto come uno dei cicli di strette monetarie più aggressivi della storia recente, rallenterà nettamente la crescita. L’area euro è alle prese anche con gravi problemi che colpiscono l’offerta di energia e con aumenti dei prezzi associati all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia“.
Il verdetto della Banca Mondiale è che, in generale per le economie avanzate, si prevede per quest’anno una crescita del Pil di appena lo 0,5%, rispetto al +2,5% del 2022, con un downgrade pari a -1,7 punti percentuali rispetto all’outlook precedente del giugno 2022.
World Bank annuncia maxi downgrade outlook Pil globale
La nuova tabella contenuta nel report della Banca Mondiale dice tutto: ora la World Bank stima un’espansione dell’economia americana dello 0,5% nel 2023, rispetto al +2,4% atteso nel precedente outlook.
Tagliato anche l’outlook di crescita della Cina, dal +5,2% al +4,3%, del Giappone (dal +1,3% al +1%), dell’Europa e Asia centrale (dal +1,5% al +0,1%).
Per l’area euro il downgrade porta a zero la crescita del Pil del blocco. Anche in questo caso la sforbiciata è shock, pari a -1,9 punti percentuali.
Nel suo ultimo rapporto, la World Bank scrive che il nuovo tasso di crescita stimato per il Pil globale, per il 2023, “è inferiore rispetto alle precedenti stime di 1,3 punti percentuali, riflettendo le simultanee strette di politica monetaria lanciate al fine di contenere un’inflazione molto elevata”.
Il maxi downgrade riflette anche “il peggioramento delle condizioni finanziarie e i continui problemi provocati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa”.
La conseguenza è che “gli Stati Uniti, l’area euro e la Cina stanno attraversando tutti un periodo di debolezza pronunciata, con gli effetti domino che stanno esacerbando altri ostacoli affrontati dai mercati emergenti e in via di sviluppo (EMDEs)”.
“E’ probabile – secondo la Wold Bank – che la combinazione di bassa crescita, maggiore rigidità delle condizioni finanziarie e pesanti indebitamenti indebolisca gli investimenti, scatenando default societari. Ulteriori shock negativi, come un’inflazione più alta, una politica (monetaria) ancora più restrittiva, stress finanziari, debolezze più profonde nelle principali economie, o l’aumento ulteriore delle tensioni geopolitiche, potrebbero portare l’economia globale a scivolare in recessione”.
In questo contesto, “nel breve termine, sono necessari sforzi urgenti e globali per mitigare i rischi di una recessione globale e di stress dei debiti nei paesi emergenti (EMDEs). Considerato il margine di manovra fiscale limitato, è cruciale che le autorità governative delle nazioni assicurino che i sostegni fiscali si concentrino sui gruppi vulnerabili, che le aspettative sull’inflazione rimangano ben ancorate e che i sistemi finanziari continuino a essere resilienti”.
Sono necessarie secondo la Banca Mondiale anche misure “per sostenere un forte aumento di investimenti nei paesi EMDE, che potrebbe aiutare a invertire il rallentamento della crescita di lungo periodo, esacerbato dal sovrapporsi degli shock della pandemia (Covid19), dall’invasione dell’Ucraina e dalle rapide strette della politica monetaria globale. Ciò richiederà nuovi finanziamenti da parte della comunità internazionale e l’utilizzo diverso delle spese esistenti, come quelle rappresentate dai sussidi al carburante e all’agricoltura” (sussidi che vengono definiti “inefficienti”).
Rialzi tassi hanno peggiorato di molto le condizioni finanziarie globali
Per quanto riguarda la risposta delle banche centrali all’inflazione, che la World Bank definisce “molto alta, sebbene siano state necessarie per la stabilità dei prezzi, le strette monetarie (rialzi dei tassi) hanno contribuito a un peggioramento significativo delle condizioni finanziarie globali, fattore che sta esercitando una forte pressione sull’attività (economica)”.
Questo freno, ha avvertito l’istituzione, “è destinato ad aumentare, visti i periodi di tempo che intercorrono tra i cambiamenti di politica monetaria e il dispiegarsi dei loro impatti sull’economia”.
Si prevede inoltre “un continuo aumento dei tassi reali”.
“Lo spazio fiscale si è ristretto in modo notevole – avverte la World Bank affrontando il tema del debito – e le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito in diversi paesi si sono intensificate, visto che le condizioni finanziarie globali hanno reso più difficile servire i carichi di debiti che si sono accumulati rapidamente negli ultimi anni, in particolare durante la pandemia”.
Nonostante questo, si legge nel rapporto “Global Economic Prospects” in quello che suona come un monito, molti governi hanno annunciato nuove misure di sostegno per blindare le famiglie e le aziende dagli effetti dei forti aumenti dei prezzi, rallentando così il processo di consolidamento fiscale, che era statoi avviato con il ritiro degli aiuti precedentemente erogati per contrastare gli effetti della pandemia Covid.