Vendetta cinese contro America First di Trump: aumento dazi su $60 mld di beni Usa
La vendetta cinese contro i dazi di Trump è arrivata: Pechino ha annunciato che, a partire dal prossimo 1° giugno, alzerà le tariffe -pari al momento al 5-10% – su $60 miliardi di beni importati dagli Stati Uniti. Il rialzo interesserà più di 5.000 beni e porterà i dazi doganali a salire fino al 20-25%.
Wall Street reagisce immediatamente, perdendo più di 450 punti all’inizio della settimana di contrattazioni.
Stando ad alcune indiscrezioni, la Cina potrebbe decidere anche di dire stop agli acquisti di prodotti agricoli ed energetici Usa, così come degli aerei Boeing.
Il Global Times cita poi un piano, al vaglio di alcuni analisti, teso a scaricare i Treasuries Usa, ovvero i titoli di stato Usa. Di questa potente arma finanziaria contro gli Stati Uniti di cui dispone la Cina, si è parlato continuamente negli ultimi anni.
D’altronde, il paese è il primo detentore straniero di bond sovrani americani e un eventuale smobilizzo delle sue quote potrebbe scatenare un vero e proprio caos finanziario, deprimendo il valore dei titoli e provocando una forte crisi di fiducia nei confronti della carta americana.
Diverse volte lo spettro di un brusco sell off di Treasuries ha spaventato gli investitori: finora un tale scenario non si è mai realizzato, ma c’è da dire, anche, che nell’ottobre dell’anno scorso, gli acquisti cinesi sono capitolati al minimo dal 2017.
Ancora prima, nella primavera dello scorso anno, alcune fonti avevano addirittura diffuso la notizia che Pechino aveva smesso di acquistare Treasuries, meditando contestualmente la svalutazione dello yuan come arma per vincere la guerra commerciale contro gli Stati Uniti di Trump. E, intervistato da Bloomberg Television, l’ambasciatore cinese in Usa, Cui Tiankai, aveva lanciato un chiaro avvertimento a Trump, sottolineando come Pechino fosse pronta a colpire gli Usa scaricando i Treasuries.
Finora non c’è stato nessun grande sell off. Ma con la guerra commerciale che entra in nuovo atto, il presidente americano può davvero essere sicuro che la Cina non ricorrerà a quella che può essere definita opzione nucleare?
E’ innegabile che una (s)vendita di bond metterebbe in crisi i conti Usa. Soprattutto dopo la riforma fiscale varata da Trump – ergo dopo l’imponente taglio delle tasse ad aziende e individui – , a mala pena gli Stati Uniti possono permettersi una fuga dai loro Treasuries: il deficit è atteso in rialzo nei prossimi anni, le entrate sono destinate a diminuire e la Federal Reserve procede tuttora al Quantitative Tightening, riducendo gli asset che ingolfano il suo bilancio.
La vendetta cinese potrebbe abbattersi anche sulle coltivazioni americane dei semi di soia, a dispetto degli stati americani del Midwest, che rappresentano il bacino elettorale più grande di Trump, in vista dell’Election Day del 2020.
Ma Trump continua a fare la voce grossa e in altri tweet delle ultime ore ha scritto che “le tariffe sono qualcosa di molto negativo per la Cina”, e ha consigliato a Pechino di non vendicarsi, in quanto una qualsiasi sua reazione “finirà soltanto con il peggiorare la situazione“.
“Avevate un grande accordo, quasi ultimato, e vi siete ritirati”, ha scritto Trump, riferendosi alla Cina e al presidente cinese Xi Jinping.
I say openly to President Xi & all of my many friends in China that China will be hurt very badly if you don’t make a deal because companies will be forced to leave China for other countries. Too expensive to buy in China. You had a great deal, almost completed, & you backed out!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 13, 2019