USA, l’inflazione sorprende ad ottobre, assist alla Fed
L’inflazione negli Stati Uniti sorprende nel mese di ottobre. L’indice dei prezzi al consumo è cresciuta meno del previsto nell’ultimo mese fornendo un segnale di positivo alla Fed, che ha dichiarato la guerra ai prezzi, effettuando una politica monetaria restrittiva, poco più di un anno fa. Rimbalzano i future di Wall Street in seguito alla pubblicazione del report del Dipartimento del Lavoro. L’S&P 500 segna un rialzo dell’1,3% a 4.467 punti, rimbalza anche l’indice tecnologico il Nasdaq Composite (+1,7%) dopo una chiusura sotto la parità. Mentre il rendimento del Treasury a 10 anni si riporta a quota 4,4% in calo del 3,5%.
Inflazione USA, i numeri nel dettaglio
L’indice dei prezzi al consumo, che misura un ampio paniere di beni e servizi di uso comune, è aumentato del 3,2% su base annuale nonostante sia rimasto invariato per il mese (0%), secondo i dati del Dipartimento del Lavoro. Gli economisti intervistati dal Dow Jones si aspettavano rispettivamente valori dello 0,1% e del 3,3%.
Mentre l’indice CPI core, depurato dai beni volatili come energia e alimentari è aumentato dello 0,2% su base mensile e del 4% su base annuale anche in questo caso sotto le attese degli analisti di 0,3% m/m e del 4,1% a/a.
Il calo del dato generale è dovuto principalmente al calo dei prezzi dell’energia nel mese di ottobre (-2,5%), controbilanciando un aumento dello 0,3% dei beni alimentari. I costi degli alloggi (shelters), una componente chiave dell’indice, sono aumentati dello 0,3% a ottobre, la metà dell’aumento di settembre mentre la crescita su base annuale è stata del 6,7%.
“Le cifre su inflazione hanno confermato un rallentamento della crescita dei prezzi headline e di quelli core. La principale ragione è la caduta dei prezzi degli energetici e dei servizi al comparto energetico. A contribuire all’entusiasmo anche l’indice core (esclusi energetici e alimentari) che rallenta la crescita fino al 4% soprattutto per la discesa dei prezzi delle macchine usate e dei servizi nel campo medico.” Scrive in una nota Filippo Diodovich, Senior Market Analyst, IG. “Reazione immediata sui mercati con vendite sul dollaro e acquisti sull’equity. Il cambio eurodollaro è salito fino a 1,08, massimo degli ultimi 2 mesi, mentre gli indici azionari volano (CFD su Dow Jones e Nasdaq con rialzi superiori al punto percentuale, CFD sul Russell 2000 con un guadagno superiore al 3%).”
Tuttavia, vari indicatori mostrano che le aspettative sui prezzi al consumo per i prossimi mesi rimangono al rialzo, a causa dell’impennata dei prezzi della benzina e dell’incertezza causata dalle guerre in Ucraina e in Medio Oriente.
La lettura del dato arriva in un momento in cui i mercati stanno osservando da vicino le mosse della Fed e quelle che di fatto potrebbero essere le future decisioni sui tassi attualmente nel range 5,25-5,5%.
Le prossime mosse della Fed
La scorsa settimana il presidente della Fed Jerome Powell ha aumentato la tensione sui mercati dopo aver affermato che il FOMC, il braccio operativo della banca centrale americana, non sono convinti di aver fatto abbastanza per riportare l’inflazione al target del 2%. Ma soprattutto Powell ha sottolineato che la Fed non esiterà ad aumentare i tassi qualora i dati sull’inflazione non dovessero essere soddisfacenti.
Una cosa è certa, anche se il ciclo del rialzo dei tassi fosse terminato, la Fed ha indicato che i tassi comunque rimarranno sui massimi da 22 anni per un bel po’ di tempo.
“Crediamo che, per il meeting del 13 dicembre del FOMC, la commissione operativa della FED, lo scenario sia quello di un mantenimento dei tassi di interesse nel range 5,25%-5,50%, prosegue Diodovich. “I dati confermano che l’attuale posizionamento della FED in politica monetaria sia abbastanza restrittivo per permettere all’inflazione di tornare nel medio periodo verso l’obiettivo del 2%.”