La reazione dei mercati finanziari alla vittoria di Donald Trump è stata piuttosto repentina: ottimi risultati per Wall street, titoli di Stato americani in picchiata e dollaro sui massimi degli ultimi cinque mesi. La vera novità rispetto alla precedente elezione di The Donald riguarda però le criptovalute. L’esito delle presidenziali ha spinto il bitcoin fino a quota 75.005,08 dollari, ben al di sopra del precedente picco di 73.803,25 dollari raggiunto a marzo. Ma a cosa è dovuto questo slancio verso l’alto?
Se vuoi aggiornamenti su Notizie Italia inserisci la tua email nel box qui sotto:
Compilando il presente form acconsento a ricevere le informazioni
relative ai servizi di cui alla presente pagina ai sensi
dell'informativa sulla privacy.
La scarsa considerazione di qualche anno fa
L’entusiasmo per gli asset digitali stupisce ma non troppo, dato che fra i vari flip flop – termine con cui si intende un radicale cambiamento di opinione volto a massimizzare la popolarità del candidato – escogitati da Trump durante la sua campagna elettorale spicca proprio quello sulle criptovalute.
Due anni dopo, in un’intervista alla Fox News, Trump ha definito Bitcoin una “truffa”, auspicando una regolamentazione più ferrata per prevenire interferenze con i mercati americani, senza mai sbilanciarsi dall’idea che “la valuta del mondo dovrebbe essere il dollaro”.
L’innamoramento “improvviso” per Bitcoin nel 2024
Durante la sua ultima campagna elettorale, però, il tycoon ha accantonato tutte le preoccupazioni originarie, arrivando a sbilanciarsi con proposte e idee per valorizzare le cripto. Intercettata una specifica fetta di elettori giovani e sempre più interessati al tema, infatti, lo scorso luglio Trump si è presentato a Nashville durante la
Bitcoin Conference, la più grande conferenza dell’anno sui bitcoin, annunciando che se fosse tornato alla Casa Bianca si sarebbe assicurato che il governo federale non vendesse mai i suoi possedimenti di bitcoin, con
l’impegno di mantenere l’attuale livello di criptovalute accumulato dagli States. Parliamo di circa
11,1 miliardi di dollari di valore, di cui 203.239 token bitcoin, secondo la società di dati Arkham Intelligence, proveniente da sequestri criminali, tra cui quelli del mercato online illegale Silk Road, chiuso nel 2013.
Ai livelli attuali poi, secondo il sito specializzato Blockchain.com, gli Stati Uniti detengono circa l’1% della fornitura globale complessiva di bitcoin. “Per troppo tempo il nostro governo ha violato la regola fondamentale che ogni bitcoiner conosce a memoria: non vendere mai i tuoi bitcoin”, ha affermato Trump durante il suo discorso. Ma The Donald si spinge oltre, e corteggia i fan delle cripto con
l’idea di utilizzare quei fondi come “nucleo di una riserva nazionale strategica di bitcoin”.
Ipotizza poi un piano “per garantire che gli Stati Uniti diventino la capitale delle criptovalute del pianeta e la superpotenza mondiale del bitcoin”, fino a lanciarsi in critiche verso la presidenza dei dem, caratterizzata da un approccio normativo e un intento regolatorio piuttosto rigido: “La repressione delle criptovalute e dei bitcoin da parte dell’amministrazione Biden-Harris è sbagliata ed è molto negativa per il nostro Paese. Se vinceranno queste elezioni, ognuno di voi se ne andrà. Saranno feroci. Saranno spietati. Faranno cose che non credereste”.
Arriva addirittura a promettere l’immediato licenziamento di Gary Gensler, presidente della Securities and Exchange Commission, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle borse valori, che ha avviato azioni legali contro varie società di criptovalute come ad esempio gli exchange Coinbase, Kraken e Crypto.com, la società di software blockchain Consensys e il fornitore di pagamenti Ripple Labs. Al suo posto, Trump lancia l’idea di mettere in piedi un “consiglio consultivo presidenziale per bitcoin e criptovalute”, assicurando che “le regole saranno scritte da persone che amano il vostro settore, non da persone che lo odiano”.
Iniziative ben apprezzate dal settore, che ha contribuito alla campagna elettorale del repubblicano con
una maxi donazione da oltre 4 milioni di dollari in criptovalute, tra cui bitcoin, ether e vari memecoin. “Dimostrando il successo del Presidente Trump come campione della libertà e dell’innovazione americana, ti offriamo con orgoglio la possibilità di contribuire alla campagna con le criptovalute”: la scritta campeggia sul
sito ufficiale della campagna di Trump-JD Vance, sottolineando il fatto che “mentre Biden carica tutti noi di regolamenti e burocrazia,
il Presidente Trump è pronto ad abbracciare le nuove tecnologie che renderanno l’America di nuovo grande”.
Iniziative imprenditoriali sul mondo cripto targate Trump
Di lì a poco, il suo affetto per le valute digitali prende una spinta imprenditoriale decisa. Nell’agosto 2024 prende il via “The DeFiant Ones”, piattaforma crittografica per lo scambio di criptovalute nata dai figli dell’ex-presidente, Eric e Donald Jr., e gestito dalla holding di famiglia, la Trump Organization, annunciato in pompa magna dal tycoon sul suo social network Truth: “Per troppo tempo l’americano medio è stato schiacciato dalle grandi banche e dalle élite finanziarie. È ora di prendere posizione insieme”.
Del progetto non si è saputo più nulla. Ma un mese dopo è stata soppiantato da
World Liberty Financial, un’altra piattaforma di scambio basata sulla finanza decentralizzata per lo scambio di cripto, salutata come “l’inizio di una rivoluzione finanziaria”, da Donald Trump Jr., il figlio maggiore del neopresidente repubblicano.
Gli investitori e gli appassionati del mondo cripto hanno premiato l’attivismo di Trump, e ora attendono fiduciosi che le promessa di fare degli Stati Uniti la “cripto capitale del mondo” si concretizzi a loro beneficio. Ma il rischio che rimanga solamente vuota retorica elettorale è dietro l’angolo.