Bitcoin ed Elon Musk trionfano con Trump 2.0. Ecco perchè Tesla avrà la meglio con dazi e taglio sussidi auto EV
Donald Trump è il 47esimo presidente degli Usa. Pochi istanti dopo che l’Associated Press aveva chiamato in suo favore lo Stato della Pennsylvania, il tycoon ha dichiarato la vittoria in un discorso tenuto al Palm Beach Convention Center. La reazione dei mercati non si è fatta attendere con le borse mondiali in netto rialzo. Il Bitcoin ha raggiunto nuovi livelli record, parallelamente a un’impennata del dollaro. Tra i singoli titoli spicca il balzo a doppia cifra di Tesla.
Bitcoin vola ai nuovi massimi
Il bitcoin ha aggiornato i suoi massimi storici portandosi per la prima volta oltre i 74.000 dollari, con un rialzo fino a +8%, una capitalizzazione che sfiora ormai i 1.500 miliardi di dollari e una dominance del mercato crypto oltre il 60%. “L’intero settore celebra la vittoria di Trump, indipendentemente dal colore politico di supporto: da Ripple in progresso di circa il 5% fino a Dogecoin, salito di circa il 20%, sospinto dal supporto esplicito di Elon Musk alla corsa di Donald Trump”, sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Trump ha più volte mostrato una forte apertura verso gli asset digitali e ha promesso di trasformare gli Stati Uniti nella capitale globale delle criptovalute, creare una riserva strategica di Bitcoin e nominare regolatori favorevoli al mondo digitale.
Inoltre, il programma di Trump, incentrato su tagli alle tasse, protezionismo e disimpegno globale, potrebbe innescare una nuova spirale inflattiva e il bitcoin risulta un asset che si giova di politiche considerate inflazionistiche.
A Wall Street a esultare di più è Musk con la sua Tesla
Guardando invece ai singoli titoli di Wall Street, oltre all’azione Trump Media & Technology che segnano un incremento di oltre il 10% nel trading after-market (già a ottobre il loro prezzo si era più che raddoppiato), spicca il momento di Tesla che nel pre-market vola a +13% in area 285 dollari, sui massimi a oltre due anni.
Elon Musk è stato il principale sostenitore e finanziatore della campagna elettorale di Trump e adesso la casa automobilistica potrebbe essere una delle principali beneficiarie del ritorno del 78enne tycoon alla Casa Bianca.
Musk ha sostenuto i repubblicani con oltre 130 milioni di dollari ed è stato costantemente a financo del candidato repubblicano con il suo social X (ex Twitter).
Nel concreto cosa potrebbe mettere in campo Trump sul tema auto elettriche? Dan Ives di Wedbush ritiene che probabilmente gli sconti/incentivi fiscali sui veicoli elettrici verrebbero ritirati, tuttavia per Tesla può rivelarsi “un aspetto molto positivo”. “Tesla ha una scala e una portata senza pari nel settore dei veicoli elettrici – spiega Ives – e questa dinamica potrebbe dare a Musk e Tesla un chiaro vantaggio competitivo in un contesto di sussidi non per i veicoli elettrici, unito a probabili tariffe cinesi più elevate che continuerebbero a tenere lontani i player cinesi più economici (BYD, Nio, ecc.) dall’inondare il mercato statunitense nei prossimi anni”.
Incubo dazi, la spada di damocle sulle auto UE
Di contro, per i colossi auto europei il ritorno di Trump può essere una spada di damocle in un momento già di grossa difficoltà. Le implicazioni per le aziende europee di eventuali nuovi dazi imposti dalla nuova amministrazione statunitense sarebbero di non poco conto. Trump ha sempre parlato di una tariffa universale del 10% sulle merci importate. “L’Europa e le società europee sono fortemente esposte ai dazi statunitensi perché l’UE è ad alta intensità commerciale e gli Stati Uniti sono la principale destinazione per le esportazioni europee”, spiegano gli esperti di Morningstar Dbrs.
Non tutte le auto vendute dalle case automobilistiche europee sono prodotte in Europa e molte le aziende che producono anche veicoli negli Stati Uniti sarebbero probabilmente esentate dalle tariffe. Nel segmento premium, Mercedes e BMW hanno una forte capacità produttiva negli Stati Uniti, mentre i modelli di fascia più alta, come quelli della filiale AMG di Mercedes, sono prodotti principalmente nell’UE. Volkswagen è una notevole eccezione, con né le Porsche né le Audi (marchi del gruppo Vw) prodotte negli Stati Uniti. “A medio termine, ciò potrebbe si traducono in uno spostamento di una quota maggiore della produzione negli Stati Uniti: una transizione che sarebbe probabilmente costosa e impiegano anni per diventare operativi”, spiega Morningstar Dbrs.