Tria e Conte convinti: ‘deficit-Pil al 2,2%, più basso stime. Italia verso il rispetto del patto di stabilità’
L’Italia farà meglio di quanto atteso dalla Commissione europea per il 2019 e riuscirà a rispettare il patto di stabilità, grazie a un rapporto deficit-Pil migliore di quanto precedentemente previsto. Lo hanno detto oggi sia il ministro dell’economia Giovanni Tria che il premier Giuseppe Conte.
Di fatto, nel corso di una informativa alla Camera dedicata al rischio di una procedura di infrazione Ue contro il paese, il titolare del Tesoro ha sottolineato che “le stime più aggiornate per il 2019 portano a ritenere che i saldi di finanza pubblica rispetteranno i dettami del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita. Si può ritenere che l’indebitamento netto nel 2019 sarà sensibilmente inferiore alla previsione della Commissione”.
Ovvero? Il deficit-Pil si potrebbe attestare al 2,2% del Pil, inferiore al 2,5% atteso da Bruxelles e anche al 2,4% scritto nero su bianco nel Def di aprile.
Tria ha spiegato che un deficit del 2,2% “produrrebbe un miglioramento di 0,1 punti del saldo strutturale nel 2019″. Aggiungendo che “tale risultato configurerebbe un sostanziale rispetto del braccio preventivo del patto di stabilità”.
A questo punto, appuntamento a fine luglio, quando il governo, ha reso noto il ministro, “potrà fornire stime più aggiornate, non appena saranno disponibili i dati sulle liquidazioni d’imposta”.
Ottimismo sulla traiettoria del deficit-Pil è stato espresso anche dal presidente del Consiglio che, in un intervento ad Assonime, ha detto di credere che “il deficit del bilancio di fine anno possa scendere fino al 2,2% del Pil, contrariamente alle previsioni della Commissione che lo pongono al 2,5%”.
“Queste proiezioni – ha continuato Conte – ci sono consentite dal costante monitoraggio che possiamo fare dalla nostra posizione privilegiata rispetto ai pur attenti osservatori Ue”. E queste previsioni possono far dire anche che “siamo nella prospettiva di poter rispettare il Patto di stabilità”, a dispetto di tutti quegli alert che vengono lanciati dagli economisti sul rischio che, con il lancio di una procedura di infrazione, l’Italia rischi di pagare sanzioni a livelli record.
Tria: “saldi coerenti con patto di stabilità e crescita”
Riguardo al piano di riduzione del debito che Roma presenterà, al fine di evitare l’avvio della procedura di infrazione, Conte è tornato a dire no a misure recessive e no a una manovra bis.
Intanto, “c’è piena condivisione sul fatto che la procedura d’infrazione vada evitata”, ha sottolineato, facendo riferimento al vertice con i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio che si è tenuto ieri a Palazzo Chigi. E questo perchè, ha spiegato, sarebbe “un danno per gli italiani”, visto che “non solo ci esporrebbe ad una fibrillazione dei mercati incontenibile ma sarebbe anche un paradosso perché prevederebbe periodici controlli e verifiche e la necessità di concordare ogni nuova misura”.
Insomma, l’Italia dei sovranisti, si potrebbe dire, perderebbe una fetta considerevole di sovranità visto che, tra le conseguenze, c’è anche quella che vedrebbe Bruxelles monitorare le emissioni di debito italiano.
Ancora Conte:
“Come ho avuto modo di sottolineare in più occasioni, sono assolutamente fiducioso nella capacità di dialogo tanto del nostro governo quanto della Commissione europea: una procedura di infrazione sarebbe estremamente dannosa sia per le prospettive di crescita del nostro Paese che per l’intera Eurozona” (tra l’altro, si scatenerebbe un circolo vizioso, che potrebbe far perdere al paese anche l’accesso al mercato. )
In questa situazione, “l’impegno del Governo è quello di aggiornare i partner europei su un percorso credibile di riduzione del debito, senza attuare manovre recessive, che sarebbero in contraddizione con l’esigenza di rilancio della crescita”. D’altronde, la scorsa settimana, era stato lo stesso numero uno della Bce Mario Draghi ad affermare che nessuno chiederebbe all’Italia di abbassare il debito in modo rapido, visto che si tratta di qualcosa di non possibile.
Dunque, “è ragionevole ritenere che non sia necessaria una correzione in corso d’opera delle nostre finanze pubbliche – ha proseguito il premier – che sarebbe anzi dannosa in un momento in cui il Paese sta riuscendo con fatica a rialzarsi dopo il rallentamento dovuto alla guerra dei dazi“.
A tal proposito, il premier ha ribadito che “l’Italia ha una economia solida”.
Dal canto suo, in un intervento precedente sempre ad Assonanime, il ministro Tria ha avvertito che “il perseguimento della stabilità finanziaria è un obiettivo imprescindibile di questo governo”, rinnovando l’impegno e la determinazione “a centrare gli obiettivi adottando laddove necessario iniziative adeguate per il loro raggiungimento”.
Tria ha parlato di un governo responsabile, affermando che “la riduzione della pressione fiscale è favorevole alla crescita se perseguita salvaguardando la stabilità finanziaria”.
Dunque, sì al taglio delle tasse, ma solo se non mettono in pericolo la stabilità finanziaria: un messaggio neanche tanto implicito ai sogni di un fisco meno severo di Salvini e Di Maio.
In ogni caso, anche secondo il ministro, “le stime più aggiornate lasciano ritenere che, a consuntivo, i saldi di finanza pubblica saranno sostanzialmente minori pur a legislazione invariata di quelli stimati in precedenza e risulteranno di conseguenza coerenti con quanto previsto dal braccio preventivo del patto di stabilità e crescita”.
L’importanza del rispetto del patto di stabilità è stata rimarcata più volte:
“Il governo ha preso atto dell’esito della valutazione della Commissione e conferma il suo impegno a rispettare i dettami del patto di stabilità e crescita per l’anno in corso”, ha detto ancora Tria, secondo cui, tra l’altro, “nel 2018 non si è dato luogo ad alcun allentamento della politica fiscale”.
Così, nell’informativa alla Camera:
“Pur restando convinti che le regole di bilancio europee debbano essere profondamente migliorate e semplificate è nel nostro interesse arrivare a un compromesso e normalizzare definitivamente le condizioni del nostro mercato dei titoli di Stato la cui solidità è fondamentale non solo per i risparmiatori e le istituzioni finanziarie del Paese ma anche e soprattutto per una vera ripresa dell’economia”.