Notizie Notizie Mondo Bce, Draghi apre a taglio tassi. E parla anche di Italia: ‘nessuno chiede rapido calo debito, non è possibile’

Bce, Draghi apre a taglio tassi. E parla anche di Italia: ‘nessuno chiede rapido calo debito, non è possibile’

6 Giugno 2019 16:25

L’inflazione rimane debole, i rischi al ribasso sull’economia dell’Eurozona permangono, complice la guerra dei dazi e la logica del protezionismo inaugurate dall’amministrazione Trump: certo, il mercato del lavoro migliora, come dimostra la dinamica crescente dei salari. Ma non ci siamo ancora: è praticamente questo il succo del discorso proferito oggi da Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa seguita come di consueto all’ annuncio sui tassi  da parte della Bce. Interpellato sul caso Italia, nel Day After l’annuncio della Commissione europea, che ha raccomandato al Consiglio Ue di avviare una procedura di infrazione per debito eccessivo contro l’Italia, Draghi ha detto la sua anche sui minibot di Claudio Borghi. Non di sua sponte, ma in quanto interrogato su quegli strumenti finanziari pensati dall’economista della Lega che tanto stanno spaventando l’Europa.

“I minibot o sono soldi, e sono illegali, o sono debiti, e i debiti salgono. Non c’è una terza via. I mercati, ha fatto notare il banchiere, non sembrano guardarli con favore. Per usare un eufemismo, si potrebbe aggiungere.

Un’opinione, sempre in risposta a una domanda, è stata espressa direttamente sul rischio che l’Italia venga colpita da una procedura di infrazione. “Nessuno chiederà un rapido calo del rapporto debito-Pil”, ha sottolineato il numero uno della banca centrale, “anche perché non ci sono le condizioni che possano permetterlo”. Di conseguenza, a suo avviso ciò che l’Unione europea si aspetta è un piano del governo italiano che punti a ridurre il debito in modo credibile.

Tralasciando il fattore Italia, la novità di questa riunione della Bce è che, non soltanto la prospettiva di un rialzo dei tassi rispetto ai livelli attuali è stata spostata dalla fine del 2019 precedentemente fissata alla prima metà del 2020. Draghi ha anche ammesso che diversi sono stati gli esponenti del Consiglio direttivo che hanno iniziato a valutare la possibilità di considerare un ulteriore taglio dei tassi nell’area euro.

La Bce oggi ha confermato per l’ennesima volta ai livelli attuali, pari ai minimi di sempre, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale, rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%.

La decisione di lasciare fermi i tassi, ha precisato Draghi, è stata presa all’unanimità, ma la banca centrale è pronta a intervenire in qualsiasi momento, per fare in modo che quell’obiettivo apparentemente da Mission Impossible – un tasso di inflazione lievemente al di sotto del 2% – venga centrato.

“Siamo pronti ad agire in caso di situazioni avverse e ad aggiustare tutti i nostri strumenti”, ha confermato il timoniere della Bce, indicando che i rischi sull’economia dell’Eurozona restano orientati verso il basso e che i “dati recenti indicano che le difficoltà globali stanno pesanso sull’outlook” del blocco.

In realtà, lo staff della Bce ha alzato sia l’outlook sulla crescita del Pil che quello sulla crescita dell’inflazione relativi al 2019. Per il 2019, l’outlook sulla crescita del Pil dell’area euro è stato alzato al +1,2% da precedente +1,1%, mentre le stime sull’inflazione sono state portate a +1,3%, rispetto al precedente +1,2% stimato.

Le previsioni formulate per il 2020 sono state riviste tuttavia al ribasso. Le stime sulla crescita del Pil sono state abbassate infatti da +1,6% al +1,4% precedentemente stimato, mentre il tasso di inflazione è stato tagliato dall’1,5% all’1,4%.

E quindi la domanda sorge spontanea: l’Eurozona ha bisogno di un nuovo bazooka monetario? Ha bisogno che i tassi scendano ulteriormente?

D’altronde, la RBA (Reserve Bank of Australia), ovvero Banca centrale dell’Australia, ha già tagliato per la prima volta dal 2016 i tassi, portandoli all’1,25%, motivando la decisione con quei fattori che avallerebbero anche un intervento di Draghi & Co., ovvero  con il rallentamento dell’economia e dell’inflazione. E anche la Fed sarebbe pronta a diventare colomba.

Recenti sono le dichiarazioni di Sarah Bloom Raskin, che ha seduto nel board della banca centrale americana dal 2010 al 2014, sul discorso del numero uno della Fed Jerome Powell. Secondo Raskin, la Fed ha dato un ‘segnale molto forte’  sull’intenzione di considerare un taglio dei tassi. D’altronde,  la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina rappresenta un rischio per l’economia americana, “in quanto potrebbe finire con il danneggiare sia le imprese manifatturiere che i consumatori”.

Detto questo, nelle ultime ore, sia il presidente di UBS Axel Weber che il direttore generale e COO di Goldman Sachs John Waldron hanno invitato a una maggiore cautela degli operatori, avvertendo che è possibile che i mercati stiano scommettendo in modo eccessivo su una virata potenzialmente molto dovish della Fed.

E in attesa del verdetto della Bce, gli strategist di DBS hanno fatto notare che Mario Draghi & Co dispongono di un margine di manovra molto inferiore rispetto alla Fed per lanciare nuove eventuali misure di politica monetaria accomodante. Fatto sta che, a dispetto di tutte le dichiarazioni da falco arrivate negli ultimi mesi da più parti, le banche centrali dei paesi avanzati stanno facendo chiaramente dietrofront, alimentando al tempo stesso diversi interrogativi sulla reale efficacia delle loro misure espansive.