Tassi Fed ed elezioni Usa: Wall Street verso un ottobre caldo ma l’ottimismo (per ora) resta

Wall Street sta affrontando con un certo ottimismo quello che è il periodo tradizionalmente più incerto dell’anno, mantenendo comunque le cinture allacciate per un autunno che si prospetta ricco di avvenimenti in grado di muovere il mercato.
Lo confermano le performance del mese di settembre, storicamente volatile e quasi ‘nero’ per Wall Street (con gli ultimi quattro anni consecutivi che ne confermavano la tradizione), che non ha seguito il solito trend. Anzi, il saldo mensile ha visto fioccare i segni positivi a Wall Street, con tanto di record.
Sebbene i listini continuino a macinare rialzi non si può ignorare lo scenario attuale che resta incerto. Tra elezioni particolarmente incerte negli Stati Uniti, conflitti in Medio Oriente e Ucraina, e la Federal Reserve (Fed) alle prese con il compito delicato di far planare l’economia con un cosidetto cosidetto “soft-landing, nessun investitore può guardare alla situazione in completa tranquillità, tuttavia i dati suggeriscono che la performance positiva del mercato azionario possa continuare.
S&P 500 prosegue la cavalcata
Guardando alle performance della passata ottava (prima delle notizie dell’escalation delle tensioni in Medio Oriente) l’indice Standard & Poor’s 500 ha registrato la sua terza settimana consecutiva di guadagni. Il valore benchmark della capitalizzazione di mercato, sottolineano da Bloomberg, che ha superato per la prima volta nella storia i 50 mila miliardi di dollari. Tutti questi numeri si sono registrati alla fine di settembre, storicamente il periodo dell’anno in cui si registrano i grandi momenti di panico nella borsa statunitense. Così è dalla fine dell’800, per motivi storici e forse anche psicologici, ma quest’inizio autunno 2024 sembra intenzionato a tracciare nuovi sentieri.
La forza dell’indice Usa nel corso del penultimo trimestre dell’anno è stata messa in evidenza anche in un recente report da Goldman Sachs. Gli esperti hanno indicato come l’S&P 500 abbia registrato un rendimento totale del 6% nel terzo trimestre e un rendimento totale del 22% su base annua, raggiungendo un nuovo massimo storico a quota 5762. La forte performance di alcuni dei titoli principali (Microsoft, Nvidia, Apple, Google, Amazon e Meta) ha contribuito al 44% del rendimento dell’indice.
Ma non è solo il mondo delle big tech a trainare la performance. Tanto è vero che a trascinare Wall Street di recente non ci sono stati solo i titoli tecnologici delle “sette sorelle” Big Tech. Si è diffuso quindi entusiasmo in molteplici settori dell’economia, probabilmente anche alla luce dei recenti tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, alle prese con il difficile compito di mitigare l’inflazione senza incappare in una recessione.
Anche gli analisti di Allianz Global Investors, in un recente documento di prospettiva per il quarto trimestre registrano un outlook positivo per un ventaglio di settori più ampio rispetto a quello dei soli titoli tecnologici.
C’è chi però invita alla cautela. E’ Mark Haefele, chief Investment Officer, UBS Global Wealth Management, segnalando che nel corso del quarto trimestre, sebbene il contesto generale sia costruttivo per i titoli azionari, gli investitori dovrebbero prepararsi ad affrontare i rischi politici e la volatilità del mercato.
“Per gestire l’incertezza elettorale e geopolitica, si consigliano strategie di conservazione del capitale, diversificazione ed esposizione a coperture come oro e petrolio – consiglia Haefele -. Nell’ambito delle azioni, si preferiscono i titoli dei semiconduttori e le megacapitali tecnologiche. Si continua a ritenere che il contesto sia costruttivo per le azioni, anche dopo la forte performance di settembre e dell’intero anno. L’S&P 500 è salito del 2% nel settembre 2024, un mese che di solito vede un andamento più debole, con un rendimento medio del -2,3% nell’ultimo decennio. Ad oggi, l’indice è in crescita del 20%, dopo un aumento del 24% nel 2023. Si prevede inoltre che l’S&P 500 raggiunga i 5.900 entro fine anno e i 6.200 entro giugno 2025.
Con il taglio dei tassi la Fed ha fatto da spartiacque
Proprio il notevole taglio dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale americana operato in settembre sarebbe stato un evento catalizzante sui mercati, rendendo più credibile agli occhi degli analisti uno scenario di “soft landing” per l’economia Usa. Dopo l’esplosione dell’inflazione negli anni post-covid e il conseguente aumento dei tassi di interesse per domarla, che ha portato il mercato azionario ad essere per molto tempo trascinato quasi unicamente dai titoli high-tech, è ora arrivato il momento di ridare ossigeno al resto dell’economia, anche perché lo spettro di una recessione nei prossimi 12 mesi non appare scongiurato.
Allianz si unisce al coro di chi si attende ulteriori tagli da parte della Fed, già entro la fine dell’anno, sottolineando che questo potrà creare nuove opportunità per gli investitori, con generali prospettive di miglioramento anche in settori non tech.
Elezioni e dati macro possono bloccare il rally azionario?
Si tratta ora di capire la sostenibilità e la forza di questo “momento magico”. Quanto può durare questa euforia? L’equilibrio è fragile, basterebbero segnali inattesi da parte della Fed per sbaragliare molte aspettative. Il consensus tra analisti e osservatori è infatti che un ciclo di tagli ai tassi di interesse proseguirà per gran parte del 2025, se non per l’intero prossimo anno.
Come riporta Bloomberg, secondo Mary Ann Bartels, chief investment strategist di Sanctuary Wealth, lo S&P chiuderà il 2024 a 6.000 punti la fine del 2024, un aumento del 4.6% rispetto alla fine del terzo trimestre. “Il rapporto sull’occupazione di venerdì prossimo sarà cruciale”, ha detto Bartels, “perché ci darà più indicazioni sull’economia e su quanto la Fed taglierà i tassi nei prossimi meeting”.
Le prossime sei settimane saranno ricche di eventi in grado di spostare il sentiment generale. In primo luogo le elezioni negli Stati Uniti, che vedono un tesissimo testa a testa tra Donald Trump e Kamala Harris, e verosimilmente saranno dominate dall’incertezza fino al 5 novembre, il martedì in cui si vota in America, e forse anche oltre. L’esito delle elezioni avrà ripercussioni evidenti di politica economica.
A questo farà seguito l’attesissima decisione sui tassi d’interesse della Fed del prossimo 7 novembre. In questo arco di tempo ci saranno anche due report sull’occupazione molto importanti e una serie di risultati trimestrali di grandi aziende Usa. Questo sarà sufficiente per far capire che aria tira.
Le opinioni degli analisti sull’entità dei tagli sono comunque contrastanti e cresce il numero di quelli che si attendono un ulteriore taglio di mezzo punto percentuale. Questo tipo di diatriba filosofica illustra alla perfezione la difficoltà che la Fed incontra per produrre questo “soft landing”. Non può fare né troppo né troppo poco e qualcuno rimarrà sempre deluso. “Se continuano ad un ritmo di 25 punti base”, ha detto Tony Roth, chief investment officer di Wilmington Trust, “pensiamo che questo aumenterà il rischio di recessione l’anno prossimo”.
In un recente report sulle ormai imminenti elezioni americane Libby Cantrill, head of public policy di PIMCO, ha dichiarato:
“La realtà è che, a prescindere da chi vincerà, il prossimo presidente si troverà probabilmente ad affrontare un Congresso diviso o quasi, il che metterà porrà dei vincoli a ciò che potrà essere realizzato – quindi la retorica della campagna elettorale potrebbe essere molto diversa dalla realtà politica. Detto questo, prevediamo che i disavanzi rimarranno elevati – 6-7% del PIL all’anno – indipendentemente da chi sarà eletto, il che avrà implicazioni per la parte lunga della curva dei rendimenti dei Treasury statunitensi nell’orizzonte di lungo termine”