Notizie Notizie Mondo Shock petrolio + effetti COVID-lockdown: Norvegia preleverà somma record da suo fondo sovrano

Shock petrolio + effetti COVID-lockdown: Norvegia preleverà somma record da suo fondo sovrano

13 Maggio 2020 14:00

Alle prese con gli effetti devastanti della miscela esplosiva shock petrolifero + coronavirus, la Norvegia ha deciso di attingere alla sua cassaforte, il fondo sovrano norvegese, come mai prima d’ora. Stando alla bozza della legge di bilancio appena pubblicata, Oslo preleverà un ammontare record di 419,6 miliardi di corone norvegesi (‘equivalente di di 37,9 miliardi di euro) dal fondo sovrano, che è anche noto per essere il numero uno al mondo, con un valore totale stimato in 10 trilioni di corone.

Signs reading “wash your hands immediately on entering the kindergarten” (top) and “Please ring the bell and wait, you will be picked up. Remember to keep at least a meter away from others” are fixed at a door of a “Espira Grefsen Station Kindergarten” in Oslo, on April 20, 2020. – Norway, which says it has the new coronavirus under control, started opening up pre-schools after a month-long closure. Authorities have said the reopening was possible because children have been less affected by COVID-19, although some parents have expressed reservations over the decision. (Photo by Pierre-Henry DESHAYES / AFP) (Photo by PIERRE-HENRY DESHAYES/AFP via Getty Images)

D’altronde il Pil della Norvegia è atteso in calo del 4% nel 2020. “L’economia norvegese ha sofferto la contrazione più forte mai sperimentata in tempi di pace. Tuttavia, il governo sta preparando il terreno per far uscire la Norvegia dalla crisi”, si legge in una nota del ministro delle finanze.

Per la prima volta dalla crisi finanziaria del 2009, con il prelievo della somma dal fondo, Oslo sforerà così il limite di prelievo autoimposto, rappresentato dal 3% del valore che il fondo riporta ogni anno.

Quest’anno, il governo attingerà infatti a una somma pari al 4,2% del valore del fondo, proprio per affrontare le emergenze che si sono abbattute sulla sua economia (come in quella di tutto il mondo). Lo sforamento è stato reputato totalmente giustificato dal ministro delle Finanze Jan Tore Sanner:

“Anche se si tratta di una somma elevata, è necessaria – ha detto Sanner, nel corso di una conferenza stampa – Noi in Norvegia siamo fortunati. Mentre gli altri paesi hanno bisogno di ricorrere ai prestiti – forse anche prima di aver rimborsato quanto preso a prestito a seguito della crisi finanziaria – noi disponiamo di muscoli finanziari solidi”.

Stando a quanto riporta Bloomberg, il fondo sovrano norvegese si concentrerà probabilmente sul proprio portafoglio obbligazionario per generare il cash di cui il governo necessita, sia attraverso operazioni dirette di emissioni di bond che conservando il cash che riceve con la scadenza di alcune obbligazioni in cui investe.

Il fondo sovrano dovrà pensare anche al proprio portafoglio azionario, la cui incidenza sul portafoglio totale è scesa al di sotto della soglia stabilita, pari al 70%.

Da segnalare che la Norvegia attinge ogni anno al suo fondo sovrano. Fino al 2016, il deficit strutturale (surplus depurato dalle entrate fiscali legate al petrolio) è stato finanziato dalle entrate ottenute dalla vendita di petrolio, dalle tasse e dalle partecipazioni offshore oltre che dai dividendi di Equinor, la compagnia petrolifera statale norvegese). Vale la pena ricordare che, nel 2019, il rapporto debito-Pil della Norvegia si è attestato al 40,60%-.

Fino a quando il governo è stato capace di generare surplus, è riuscito a depositare finanziamenti nel fondo. Ma nel 2016 e 2017 i depositi sono stati sostituiti dai riscatti, a causa del tracollo dei prezzi del petrolio che hanno diminuito in modo notevole le entrate fiscali di Oslo.

Da allora fino a poco fa, il fondo è riuscito a coprire sempre, in ogni caso, le necessità di finanziamento dello stato, attraverso il suo cash flow netto (che quest’anno ammonta secondo il ministero delle finanze a 258 miliardi di corone). Ma il flusso di cassa non basta più.

Vale la pena di ricordare che la Norvegia è il principale produttore di petrolio e gas in Europa Occidentale: la sua industria petrolifera incide per il 40% circa sulle sue esportazioni e su un quinto circa sulle entrate fiscali dello stato.

Lo scorso 22 aprile, tuttavia, lo shock petrolifero – che a New York ha fatto scendere i prezzi del contratto WTI con scadenza a maggio anche al di sotto dello zero – il Brent ha bucato la soglia di 16 dollari al barile, scivolando al minimo in più di 20 anni.

Da allora, le quotazioni – così come quelle del WTI – hanno recuperato terreno, grazie all’effetto dei tagli alla produzione e a segnali di ripresa della domanda dovuti all’allentamento delle misure di contenimento anti-COVID-19.

Le ripercussioni del tonfo precedente dei prezzi del petrolio si faranno però sentire in modo significativo sul gettito fiscale norvegese. Il governo prevede ora che il flusso di cassa netto che dall’industria petrolifera arriverà nelle sue casse sarà pari, quest’anno, a 97,8 miliardi di corone (l’equivalente di $9,53 miliardi), in deciso calo rispetto ai 245 miliardi di corone che erano stati previsti nella precedente bozza di bilancio stilata a ottobre.

La crisi dell’economia norvegese è confermata dalle manovre della banca centrale del paese che di recente, con una mossa senza precedenti nella sua storia, ha tagliato i tassi di interesse di 1,5 punti percentuali allo zero per cento, con ben tre riduzioni iniziate nel mese di marzo. L’istituzione è intervenuta per sostenere anche la corona e per fornire finanziamenti a tassi agevolati alle sue banche.