Poste Italiane: sulla privatizzazione il governo Meloni ha deciso. Titolo tra i peggiori di Piazza Affari, ma occhio all’outlook
Il titolo Poste Italiane è sotto pressione sul Ftse Mib di Piazza Affari, confermandosi tra le azioni peggiori del listino azionario, all’indomani della notizia dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del DPCM relativo alla privatizzazione del gruppo.
Di fatto nella giornata di ieri, stando a quanto ha annunciato lo stesso governo Meloni, “il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, in base all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 1994, n.332, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, ha approvato, in esame definitivo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF in Poste Italiane S.p.a., al fine di determinare il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, superiore al 50%. Il testo tiene conto dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari”, recita il comunicato di Palazzo Chigi.
A Piazza Affari, il titolo Poste Italiane segna una flessione fino a oltre il 3%, scendendo a quota 12,27 euro, in una seduta che, in attesa del grande annuncio sui tassi che arriverà oggi dalla Fed di Jerome Powell, si conferma all’insegna della cautela in tutta Europa, e che vede l’indice Ftse Mib oscillare nervosamente attorno alla parità.
Poste: allo Stato il controllo con quota minima 50%
Il dossier di Poste Italiane va considerato nell’ambito dell’ambizioso piano di privatizzazioni anti-debito lanciato dal governo Meloni, che si prepone l’obiettivo di raccogliere risorse per ripianare in parte i conti pubblici italiani e che l’esecutivo avrebbe ora intenzione di rendere ancora più spedito, in un momento in cui è a caccia di risorse in vista della prossima legge di bilancio.
Tra i perni cruciali attorno a cui ruota il piano, oltre a Poste Italiane si segnalano altri grandi nomi di Piazza Affari, come quello di Mps-Monte dei Paschi di Siena e di Eni.
Nel presentare la novità arrivata ieri dal governo Meloni Andrea Lisi, analista di Equita SIM, ha fatto notare che l’ok al DPCM da parte del Consiglio dei Ministri ha incluso la modifica prevista dall’accordo con i sindacati che prevede che lo Stato mantenga una quota minima del 50% (rispetto a quella precedente del 35%).
Va ricordato che nel mese di gennaio di questo anno il governo Meloni si era detto aperto a smobilizzare una quota del capitale di Poste Italiane più significativa, approvando un decreto per la cessione di tutta o di una parte della partecipazione del 29,3% in Poste.
Il controllo della società, era stato sottolineato, sarebbe stato garantito attraverso la quota del 35% detenuta nel gruppo da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp).
Era stato lo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, a comunicare nel mese di gennaio che lo Stato italiano non sarebbe sceso al di sotto della soglia del 35%.
Nel testo originale della privatizzazione si era fatto riferimento di fatto al “mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, non inferiore al 35%“.
Il dossier si era fatto tuttavia più complicato a causa delle critiche piombate dal mondo dei sindacati, che si erano opposti alla scelta del governo Meloni di vendere parte di un’azienda considerata strategica.
Di conseguenza, nel mese di maggio, il Mef aveva comunicato l’intenzione di rivedere il decreto, al fine di mantenere il controllo dell’azienda con una quota superiore al 50%.
E così sarà, visto che questa soglia viene espressamente citata nel DPCM approvato ieri dal governo Meloni.
L’incasso dello Stato con la privatizzazione. Cosa dicono gli analisti
Per Equita SIM, la mossa del governo Meloni è in ogni caso “uno step importante per procedere poi all’effettiva dismissione di parte della partecipazione pubblica, che secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore potrebbe avvenire in tempi rapidi, con una possibile prima finestra già ad ottobre”.
A livello operativo, ha fatto notare l’analista di Equita SIM, “l’eventuale cessione del 14,3% di Poste permetterebbe allo Stato di incassare €2,4 miliardi, andando dunque a coprire gran parte dell’ammontare (fino a €3 miliardi) fissato dal Governo da realizzare per fine anno attraverso ulteriori privatizzazioni e necessario a sostenere la manovra di bilancio”.
Sempre “secondo Il Sole 24 Ore, l’operazione verrebbe realizzata tramite OPV, con 70% della quota in vendita riservata agli investitori istituzionali e 30% a retail/dipendenti”.
Equita si è espressa poi in modo positivo sul titolo Poste Italiane facendo notare che, “nonostante la buona performance YTD (+29%), il titolo tratta ancora a valutazioni interessanti con un 2025E P/E adj pari a 7,3 volte”, offrendo “un attraente dividend yield pari all’8%, con a nostro avviso buona visibilità”.
“Il piazzamento dello Stato – ha aggiunto Andrea Lisi – è ragionevole possa creare dell’overhang sul titolo
nel breve termine, dall’altro lato valutiamo positivamente l’incremento del flottante”.
View positiva sulle azioni di Poste anche da parte della divisione di ricerca di Intesa SanPaolo:
“Considerando che il Tesoro detiene una partecipazione del 29,6% e il CDP una quota del 35%, al fine di detenere la maggioranza assoluta (50% più 1 azione), l’offerta dovrebbe essere limitata a una quota del 13% circa. Noi crediamo che il collocamento di una partecipazione da parte del governo sia attesa dal mercato, nell’ambito del piano di privatizzazioni da 20 miliardi di euro (del governo Meloni)”.
Gli analisti hanno continuato, scrivendo di ritenere che, “sebbene lo smobilizzo potrebbe generare un overhang del titolo nel breve termine, l’aumento del flottante e il peso maggiore che gli investitori istituzionali avrebbero tra gli azionisti potrebbero essere elementi positivi nel lungo periodo“.
Gli analisti di Intesa SanPaolo hanno di fatto su Poste Italiane un rating buy, a fronte di un target price pari a 14,6 euro.