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Stangata Pil Italia su governo Meloni: e ora? La view di Goldman Sachs

2 Agosto 2023 13:20

Pil Italia giù nel secondo trimestre del 2023: l’Italia non cresceva più di tutti? Mazzata per il governo Meloni, mentre è caccia al colpevole. Tassi Bce sul banco degli imputati. Ma ora che succede? Il commento di Goldman Sachs, mentre l’FT guarda anche alle proteste per stop reddito di cittadinanza.

Il governo Meloni ha esultato troppo presto per il trend del Pil dell’Italia? E’ la domanda che assilla mercati, economisti e molto probabilmente diversi esponenti del governo italiano che, proprio mentre sbandieravano numeri e outlook più che confortanti, relativi al trend dell’economia del made in Italy, si sono dovuti di colpo ricredere.

La brutta notizia è arrivata con i dati resi noti dall’Istat che hanno messo in evidenza una brusca frenata, a sorpresa, del Pil dell’Italia.

Nel corso del secondo trimestre del 2023, ovvero nel trimestre compreso tra aprile e giugno, il prodotto interno lordo italiano si è contratto infatti dello 0,3% su base trimestrale, crescendo dello 0,6% su base annua.

Gli economisti intervistati da Reuters avevano previsto una variazione nulla su base trimestrale e un’espansione al ritmo annuo dello 0,9%.

Quel segno meno ha infranto i sogni di gloria della presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, nei trimestri precedenti, aveva fatto della crescita del Pil dell’Italia motivo di vanto per il suo governo.

“L’economia italiana è in crescita oltre le aspettative, con una stima di previsione al rialzo al +1,2% nel 2023. Una crescita superiore alla media europea, superiore alle principali economie continentali”, aveva gongolato Meloni all’inizio di luglio, nel suo intervento all’assemblea annuale di Assolombarda di Milano”.

“In poche parole -aveva tenuto a precisare – stiamo dimostrando un’affidabilità maggiore rispetto al resto dell’Eurozona”.

Un merito che il governo Meloni si è preso in più di un’occasione. All’inizio dell’anno, su un post su Facebook, era stato l’intero partito Fratelli d’Italia a parlare di effetto Meloni:

“Grazie alle scelte coraggiose compiute dal Governo Meloni, l’Italia cresce e torna competitiva. Smentiti, ancora una volta, coloro che auspicavano crisi e catastrofi”.

Pil Italia: soddisfazione espressa più volte dal governo Meloni

A fine giugno, Giorgia Meloni commentava ancora la solidità della crescita italiana:

“Bene, la nazione che negli ultimi anni è stata fanalino di coda ora è la nazione che sta crescendo di più”, diceva, sfoderando tutta la sua soddisfazione per il Pil dell’Italia.

Ancora prima, la premier diceva anche basta Tafazzi, in occasione di un briefing con la stampa all’ambasciata italiana di Londra, alla fine di aprile:

“I mercati preoccupati? Questa preoccupazione non la leggo, che quel che vedete è uno spread sotto la media dello scorso anno, la borsa sale, abbiamo una previsione di crescita del Pil più alta di Francia e Germania e di quel che era stato previsto. Ai mercati interessano i fatti. E i fatti dicono che l’economia italiana sta andando molto bene e che i provvedimenti presi da questo governo sono efficaci. C’è una ripresa dell’ottimismo, non si può sempre fare il Tafazzi di turno anche quando le cose vanno bene perché non ci aiutiamo”.

Insomma, in questi ultimi mesi ma fin da subito, i toni del governo Meloni sul trend del Pil dell’Italia sono stati decisamente trionfalistici, forti del fatto che l’economia italiana ha fatto meglio anche rispetto ai Pil di Germania e Francia: una realtà incisa nei numeri e anche un outlook, visto che a confermare le previsioni di un’Italia più forte delle prime due economie dell’Europa è stato pochi giorni fa lo stesso Fmi, Fondo Monetario Internazionale, nell’aggiornamento dei suo World Economic Outlook (WEO).

Va ricordato tuttavia che lo stesso Fmi aveva anche lanciato più di un alert riguardo all’annosa questione del debito pubblico italiano e sulla stessa crescita del Pil dell’Italia.

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Doccia fredda Istat, Codogno: ‘economia più debole con Bce ma no recessione’

La pubblicazione dei numeri relativi al Pil dell’Italia del secondo trimestre da parte dell’Istat è stata dunque a dir poco una doccia fredda, che ha portato alcuni economisti a parlare subito di frenata superiore alle attese.

Franziska Palmas di Capital Economics ha per esempio scritto che non è più vero che l’Italia sta facendo meglio rispetto alle altre economie dell’Eurozona, e che anzi il paese farà fronte “a una flessione dell’output più forte rispetto a quella delle principali economie dell’Eurozona, nel corso del secondo semestre del 2023″.

Interpellato dalla Reuters anche l’economista Lorenzo Codogno, numero uno di LC Macro Advisors ed ex capo economista del Tesoro italiano, che ha sottolineato che “l’Italia è un’economia industriale avanzata” e che, dunque, “la debolezza della sua industria è molto più importante per le condizioni di salute della sua economia rispetto al settore del turismo”.

Del dietrofront del Pil dell’Italia Codogno ha parlato anche al Financial Times, che oggi ha dedicato l’articolo Meloni under fire as Italy’s economic recovery falters al brusco risveglio del governo Meloni, di fronte agli ultimi numeri del Pil.

Codogno non si è mostrato tuttavia eccessivamente pessimista sull’Italia, facendo riferimento ai fondi che arriveranno all’Italia con il NextGenEU e con l’attuazione del PNRR:

“L’economia sta chiaramente rallentando a causa delle restrizioni della politica monetaria della Bce, ma non al punto da giustificare una recessione”. E questo, perché “ci sono davvero molti stimoli in arrivo”.

E’ stato inoltre lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze a parlare di capacità dell’Italia di centrare l’obiettivo di crescita per il 2023 indicato nel Def.

Un obiettivo, ha spiegato il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti, che “è ancora pienamente alla portata” e che il governo continuerà a perseguire “con le politiche economiche di responsabilità prudente apprezzate e riconosciute come valide in ambito internazionale”.

Il problema porta il nome di industria. L’effetto della crisi tedesca

Il problema, tuttavia, porta il nome di industria. L’FT ha messo in evidenza di fatto il trend dell’indice PMI manifatturiero dell’Italia stilato mensilmente da S&P Global.

L’indice ha indicato che, nel caso delle aziende manifatturiere made in Italy, “sia la produzione che i nuovi ordinativi sono scesi a livelli storicamente elevati”, al punto che le stesse aziende interpellate con il sondaggio hanno riferito di temere una flessione della produzione al ritmo più forte dall’inizio della pandemia, che risale a più di tre anni fa.

Insomma, “all’inizio del terzo trimestre – ha scritto l’FT – non ci sono stati segnali di miglioramento per le sorti delle aziende manifatturiere”.

Nella stessa congiuntura flash di luglio resa nota lo scorso fine settimana, prima della pubblicazione del Pil dell’Italia, il centro studi di Confindustria ha indicato che “la dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre 2023 è stimata molto debole, quasi ferma, come sintesi della flessione di industria e costruzioni e del proseguire della crescita (moderata) nei servizi”.

Gli analisti di Confindustria hanno fatto notare il peso della crisi economica della Germania sull’Italia:

“La debolezza tedesca nei consumi potrebbe frenare il pil italiano, colpendo sia il nostro export di beni finali, sia il turismo di tedeschi in Italia, che genera per noi un forte export di servizi”,  si legge nel rapporto del Centro Studi, che ha ricordato che “la Germania è tra i principali mercati per i beni italiani: le nostre imprese sono fornitrici di varie industrie tedesche, specie nell’automotive e soprattutto di beni intermedi; quando l’industria tedesca frena, si ha un impatto negativo sulla produzione italiana, ma la sua tenuta nel 2023 dovrebbe evitare impulsi negativi ulteriori”.

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Goldman Sachs e il riferimento alla stretta Superbonus del governo Meloni

Interpellato dal Financial Times Filippo Taddei, economista europeo senior di Goldman Sachs, ha commentato i numeri deludenti relativi al Pil dell’Italia con la crisi più ampia che sta colpendo l’attività manifatturiera dell’Europa, Germania – che ha assistito alla stagnazione della crescita negli ultimi trimestri – e Austria incluse, facendo notare l’impatto della debolezza della domanda globale su un’industria orientata alle esportazioni.

“I numeri dell’Italia sono stati una sorpresa negativa e si sono confermati inferiori alle nostre attese, ma i dati stanno dicendo chiaramente che l’industria manifatturiera sta scontando una debolezza prolugata nel tempo”.

Taddei ha fatto riferimento anche alle conseguenze della decisione del governo Meloni di porre un freno al Superbonus, misura sponsorizzata dal M5S che si era tradotta in un boom delle costruzioni nel mercato edilizio italiano nella fase post-pandemia e che aveva, dunque, sostenuto la crescita del Pil dell’Italia.

A tal proposito l’economista di Goldman Sachs non ha di certo bocciato la stretta del governo Meloni sul provvedimento, tutt’altro, sottolineando che,  “nel porre paletti al Superbonus, lo scorso febbraio, il governo Meloni ha adottato un approccio fiscale prudente” e che, “sebbene la transizione non sia semplice, la misura è stata accolta in modo positivo dai partecipanti al mercato”.

Fatto sta che il mercato edilizio italiano ne ha risentito, con l’attività che è scesa a maggio del 3,8% rispetto ai livelli del primo trimestre del 2023.

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Detto questo, è stato lo stesso Filippo Taddei di Goldman Sachs a riferire al Financial Times che, sebbene sia possibile che il mercato edilizio rimanga debole a causa delle misure prese contro il Superbonus, la performance delle aziende manifatturiere italiane “dovrebbe riprendersi”, permettendo all’Italia di centrare il target di crescita del Pil dell’1% fissato per il 2023.

Preoccupazione per le sorti dell’Italia è stata manifestata invece dall’economista di UniCredit Loredana Maria Federico:

“Il rallentamento della domanda globale, le condizioni restrittive del credito e l’impatto della politica monetaria restrittiva (della Bce) continueranno a giocare un ruolo nella debolezza (del settore manifatturiero)”.

L’economista ha tuttavia detto di essere fiduciosa nell’assist che il turismo darà alla ripresa del Pil.

Oltre a far riferimento alla stretta sul Superbonus, il Financial Times ha sottolineato che l’altro vento contrario al governo Meloni: quello che si è alzato negli ultimi giorni con la decisione dell’esecutivo di dire basta, praticamente, al reddito di cittadinanza, “lo schema di aiuto contro la povertà che i populisti del Movimento 5 Stelle hanno lanciato nel 2019”, ha ricordato il quotidiano britannico, riferendosi alle proteste in corso e, dunque, a un governo sotto tiro, alle prese con l’inflazione, con una crescita che fa bruscamente dietrofront e, ora, anche con il ritiro delle misure concepite per combattere la povertà.

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