Notizie Indici e quotazioni Piazza Affari guarda a novità tassi Fed e Bce. Sale ansia petrolio con notizie Israele-Iran e annuncio Libia

Piazza Affari guarda a novità tassi Fed e Bce. Sale ansia petrolio con notizie Israele-Iran e annuncio Libia

26 Agosto 2024 15:28

Settimana ricca di novità per Piazza Affari e per l’azionario mondiale,  con i trader che puntano i fari ancora di più sul fattore tassi in Eurozona ma anche negli Stati Uniti, in vista della fine delle ‘ferie’ anche per la Bce e per la Fed e complici anche (e soprattutto) le dichiarazioni rilasciate dal presidente della banca centrale americana Jerome Powell venerdì scorso, in occasione del simposio di Jackson Hole, nello stato del Wyoming.

Il sentiment è improntato all’incertezza, come ha confermato fin da subito il trend della borsa di Tokyo, con uno sguardo rivolto agli sviluppi dei conflitti in Medio Oriente.

L’indice Ftse Mib di Piazza Affari rimane praticamente ingessato, viaggiando attorno ai 33.680 punti.

Poco mossa anche Wall Street, dove l’indice S&P 500, grazie ai recuperi delle ultime sessioni, è tornato a un livello che dista di meno dell’1% dal valore record testato alla metà di luglio.

Piazza Affari ingessata, TIM titolo migliore del Ftse Mib

Tra i titoli migliori del listino benchmark della borsa italiana spicca Tim-Telecom Italia, dopo le indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera, secondo cui, come messo in evidenza oggi in una nota dagli analisti di Equita SIM, “ci sarebbe al lavoro una cordata per rilevare una parte della quota di Vivendi nel capitale di TIM”.

Le azioni TIM sono balzate stamattina fino a + 3,5% circa, per poi limare i rialzi, rimanendo in cima al Ftse Mib.

Seguono sul listino di Piazza Affari i rialzi di Eni, Tenaris ed Erg, mentre maglie nere del Ftse Mib sono Recordati, Banca Mediolanum, Amplifon, Banco BPM.

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Petrolio in rally con attacchi Israele-Hezbollah. Il fattore Libia

A deprimere l’azionario, in generale, è stata fin da stamattina la notizia degli “attacchi preventivi” in Libano che sono stati sferrati da Israele nelle prime ore della giornata di ieri, domenica 25 agosto, al fine di prevenire gli attacchi di Hezbollah, come ha dichiarato lo stesso presidente israeliano Benjamin Netanyahu.

L’Air Force israeliana ha colpito alcuni target di Hezbollah in Libano, poco prima che il gruppo appoggiato dall’Iran lanciasse più di 320 razzi contro Israele:

“Abbiamo lanciato più di 300 razzi di tipo Katyusha alle 5,15 e per la prima volta droni dalla Bekaa”, ha detto il numero uno di Hezbollah, Hasan Nasrallah.

Il presidente israeliano Netanyahu ha lanciato poi un chiaro avvertimento:

“Nasrallah a Beirut e Khamenei a Teheran devono sapere che quello che è successo oggi non è la fine della storia, non si conclude qui”.

L’attenzione degli operatori di mercato e degli analisti è andata così subito ai prezzi del petrolio e alle ripercussioni che l’escalation delle tensioni tra Israele e l’Iran potrebbe scatenare in particolare sull’offerta iraniana di oil.

Tra i tanti che hanno commentato le notizie arrivate dal fronte geopolitico Vivek Dhar, strategist della divisione delle commodities di Commonwealth Bank of Australia, che ha riferito alla CNBC che una risposta di Israele agli attacchi di Hezbollah potrebbe prendere di mira anche “l’offerta di petrolio e le relative infrastrutture dell’Iran, fattore che metterebbe a rischio il 3-4% dell’offerta globale di petrolio”.

Di conseguenza, secondo l’esperto le continue tensioni in Medio Oriente, unite al rischio di un conflitto più ampio tra Israele e Hezbollah manterranno i prezzi del petrolio a livelli elevati.

E, di fatto l’impatto delle tensioni geopolitiche sui prezzi del petrolio, si fa più forte: alle 15.25 circa ora italiana, i prezzi del WTI scattano di oltre il 3% a quota $77,20, mentre le quotazioni del Brent avanzano di oltre il 2,9% a $81,21 al barile.

Da segnalare che, dall’inizio del 2024, i prezzi del contratto WTI scambiato a New York sono balzati del 7,3%, mentre quelli del Brent sono cresciuti del 5,3%.

A incidere oggi è anche il fattore Libia, dopo che il governo di Benghazi guidato da Khalifa Haftar – che controlla la Libia orientale – ha annunciato la decisione di bloccare la produzione e le esportazioni di petrolio, a causa di una disputa con il governo di Tripoli su chi dovrebbe guidare la banca centrale del paese.

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Non solo petrolio, però.

Nel radar degli investitori e degli analisti si apprestano a entrare nel breve anche diversi altri marker mover, in un momento in cui cresce la trepidazione per le riunioni di settembre della Bce e della Fed, dopo la pausa estiva dei meeting di politica monetaria di entrambe le banche centrali del mese di agosto:

pausa che tuttavia non ha impedito ai mercati di farsi un’idea più chiara di quelle che saranno le prossime decisioni almeno di Jerome Powell, numero uno della Banca centrale americana, che ha parlato in occasione del simposio di Jackson Hole della scorsa settimana, mostrando toni decisamente dovish sui tassi Usa.

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“La direzione del viaggio è chiara – ha detto Powell – Il timing e il ritmo dei tagli dei tassi dipenderanno dai dati in arrivo, dall’evoluzione dell’outlook e dall’equilibrio dei rischi”.

Il numero uno della Fed non ha dato tuttavia alcuna indicazione sul momento in cui l’attesissimo primo taglio dei tassi successivo alla carrellata di strette monetarie lanciate nel 2022 e nel 2023 arriverà.

Nessuna informazione è stata data neanche riguardo all’entità della sforbiciata.

L’assenza di dettagli non ha impedito in ogni caso a Wall Street di chiudere la seduta di venerdì scorso in solido rialzo, come ha fatto notare Gabriel Debach, market analyst di eToro:

“Jerome Powell ha affrontato una sfida non indifferente: soddisfare un mercato che già dava per scontato il primo taglio dei tassi a settembre”.

“Powell – ha ricordato Debach – ha detto che ‘è giunto il momento di adeguare la politica della Fed’, confermando in maniera esplicata la certezza di un prossimo taglio. Tuttavia, il suo discorso non ha presentato alcuna novità sostanziale rispetto alle aspettative già in gioco. Il mercato, comunque, ha apprezzato la chiarezza e il tono deciso delle sue parole (We will do everything we can to support a strong labor market ) che, pur non essendo forti come il celebre ‘whatever it takes’ di Mario Draghi, hanno comunque offerto un senso di direzione che mancava”.

Detto questo “in fondo, nulla è cambiato davvero – ha avvertito l’analista di eToro – la Fed resta strettamente legata ai dati economici. Ma questa dipendenza dai dati è naturale, come in un sistema dove variabili mutevoli richiedono continua attenzione”.

Dunque, “la reazione di Wall Street non si è fatta attendere: il discorso di Powell ha spinto i mercati a chiudere in positivo venerdì, dando loro la direzione di cui avevano bisogno, gettando le basi per i mesi a venire. Anche se Powell non ha introdotto nuove politiche economiche, ha dichiarato con fiducia che l’economia si sta avviando verso un ‘atterraggio morbido’. Gli investitori hanno accolto positivamente questo messaggio, favorendo soprattutto i settori ciclici e le small cap“.

A proposito di small cap, Debach ha aggiunto tra l’altro che, “se lo scenario dell’atterraggio morbido dovesse perdurare, queste ultime potrebbero continuare a sovraperformare in modo significativo”.

Non solo Fed. La settimana cruciale per i mercati

A presentare il quadro dell’azionario anche David Pascucci di XTB che, guardando al breve periodo, ha detto che a suo avviso i mercati vivranno “una settimana cruciale dal punto di vista tecnico e dal punto di vista dei dati macro, con l’uscita del Pil Usa, dell’inflazione Europa e della trimestrale di Nvidia”.

Diversi dunque i market mover attesi al varco nei prossimi giorni.

Pascucci ha ricordato che “in questo mese di agosto abbiamo assistito ad un forte ribasso e al contempo ad un forte recupero dovuto all’aumento della volatilità, evento che potrebbe caratterizzare i prossimi mesi per quanto riguarda il punto di vista tecnico e la direzionalitá principale del mercato azionario. Al momento quindi grande attenzione ai dati macro e alla trimestrale di Nvidia prevista in uscita mercoledí sera a mercati Usa chiusi”.

“Una settimana importante quella attuale che vedrà l’uscita di dati macro di rilievo. Partendo dal Pil Usa, uno dei dati più importanti al momento ma che allo stesso tempo potrebbe risultare fuorviante per quanto riguarda la lettura macroeconomica generale – ha spiegato Pascucci – Dobbiamo sapere infatti che il dato sul Pil è uno degli ultimi a muoversi, soprattutto se prendiamo a riferimento inflazione e mercato del lavoro che sono due grandezze macroeconomiche che tendono ad essere più ‘predittive’. Mentre l’inflazione tende a muoversi verso il suo target del 2%, il mercato del lavoro tende ad essere piú ‘prevedibile’ in termini di direzionalità, mentre il Pil è la risultante di queste grandezze e solitamente quando peggiora bruscamente significa che è già troppo tardi”.

L’esempio plateale – ha continuato Pascucci – lo abbiamo avuto tra il 2007 e il 2009, quando l’economia Usa versava in una situazione pessima per via della crisi dei mutui subprime, eppure il Pil ha visto un peggioramento solamente nell’ultima fase ossia nel terzo trimestre e quarto triomestre del 2008 e nel primo trimestre del 2009, in sostanza a giochi fatti. Al momento quindi si osserva il Pil ma non come proxy di quanto potrà avvenire. Il dato è previsto in uscita giovedí, dall’attuale 1,4% al 2,8%”.

Il grande test per i tassi dell’area euro

“Altro dato importante – ha aggiunto l’analista per i mercati di XTB – è sicuramente l’inflazione europea che è prevista in uscita venerdì, in calo dal 2,6% al 2,3%, un calo significativo che potrebbe significare un ulteriore taglio da parte della Bce nella prossima riunione dopo la pausa estiva. In sostanza un’inflazione in calo confermerebbe il ciclo di taglio dei tassi anche per l’Europa”.

Ma “gli occhi sono puntati anche sulla trimestrale di Nvidia – ha ricordato l’esperto – prevista in uscita mercoledí sera e che potrebbe essere un market mover importante per tutto il comparto tech e di conseguenza per indici come S&P500 e Nasdaq”.

Spostandoci in Europa, più precisamente nell’area euro, che dire invece delle aspettative sulle prossime mosse della Bce di Christine Lagarde?

Occhio a quanto ha affermato nella giornata di ieri da Piero Cipollone, esponente del comitato esecutivo della Banca centrale europea, a margine di un incontro al Meeting di Rimini.

Rispondendo alle agenzie di stampa sulla possibilità che Francoforte tagli i tassi tra qualche settimana, in occasione della prossima riunione del Consiglio direttivo, e se si trovasse d’accordo con quanto affermato in precedenza dal collega Philip Lane (secondo cui la Bce non può essere ancora sicura del ritorno del tasso di inflazione dell’area euro al target del 2%), Cipollone ha invitato i giornalisti ad avere “pazienza”, ricordando che Lane “è il capoeconomista” dell’Eurotower e che “il controllo dell’inflazione, il ritornare al 2% dell’inflazione, per noi è fondamentale”, in quanto “la stabilità dei prezzi garantisce una programmazione di lungo periodo alle imprese e stabilità alle famiglie”.

E proprio l’inflazione dell’area euro è il grande verdetto atteso per questa settimana, che darà finalmente il via libera (oppure no) alla Bce per un altro possibile taglio nel mese di  settembre, dopo quello mini del 6 giugno scorso.

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