Petrolio applaude a fine lockdown: Brent a $75 per prima volta in due anni, Bank of America vede quota $100
Per la prima volta in due anni i prezzi del petrolio Brent hanno toccato e superato quota $75, al record dal 25 aprile del 2019. Merito del continuo entusiasmo da reopening: grazie alle vaccinazioni le economie di tutto il mondo sono uscite o stanno uscendo dalla quarantena in cui erano finite con le varie misure di lockdown varate dai rispettivi governi, fattore che sta alimentando l’ottimismo sulla ripresa della domanda: domanda da parte delle imprese e dei consumatori, dunque richieste di materie prime per soddisfare quella domanda.
In un tale contesto di ripresa c’è chi ritiene che i prezzi del petrolio abbiano ulteriore spazio per salire, nonostante i record già incassati.
Tra questi c’è Francisco Blanch, strategist della divisione di ricerca sulle commodities di Bank of America, che ritiene possibili prezzi del petrolio a $100 nel 2022.
“In primo luogo, c’è una forte ripresa della domanda di mobilità dopo 18 mesi di lockdown. Seconda cosa, il traffico di massa rimarrà indietro, aumentando l’utilizzo di macchine private (dunque maggiore richiesta di benzina) per un periodo di tempo prolungato. Terza cosa, studi pre-pandemici dimostrano che lo Smart working potrebbe tradursi in più chilometri da percorrere, visto che il lavoro a casa diventerà lavoro mobile. Sul fronte dell’offerta riteniamo che ci saranno pressioni da parte dei governi in Usa e in tutto il mondo per ridurre il capex, al fine di centrare gli obiettivi sul clima di Parigi. Seconda cosa, gli investitori stanno facendo sentire sempre di più la loro voce contro le spese del settore energetico sia per ragioni ESG che finanziarie. Terzo fattore, stanno aumentando le pressioni giudiziarie per ridurre le emissioni di carbonio. In poche parole, la domanda si avvia alla ripresa e l’offerta potrebbe non essere in grado di soddisfarla”, ha spiegato Blanch.
Il petrolio si sta confermando in generale eccezione positiva delle commodities, continuando a salire, a fronte delle recenti correzioni che hanno investito invece il legname e il rame.
Ai livelli attuali, in particolare, il Brent viaggia ai livelli massimi dall’autunno del 2018, in crescita dell’88% nel corso dell’ultimo anno. E la difficoltà in cui versa l’offerta è testimoniata dagli ultimi numeri diramati dall’agenzia americana EIA che, la scorsa settimana, ha riportato che, nella settimana terminata lo scorso 11 giugno, le scorte di petrolio crude sono scese negli Stati Uniti di ben 7,4 milioni di barili.
Anche Goldman Sachs vede petrolio a $100
Bullish sui prezzi del petrolio è anche Goldman Sachs, che prevede prezzi più alti per il petrolio.
Gli strategist del colosso americano non escludono neanche che le quotazioni si avvicinino alla soglia di $100 al barile prima della fine di quest’anno.
“Nel breve termine, la nostra convinzione long più rialzista è di un petrolio Brent che, in media, si attesta a $80 al barile in questo terzo trimestre, con fiammate potenziali al di sopra di questa soglia. Probabilmente, la domanda globale è salita a 97 milioni di barili al giorno negli ultimi giorni, rispetto ai 95 milioni di barili al giorno di poche settimane fa, visto che gli Stati Uniti hanno passato il testimone all’Europa e ai mercati emergenti, dove perfino l’India inizia a mostrare miglioramenti”, ha commentato Jeffrey Currie, responsabile globale della divisione di ricerca sulle commodities di Goldman Sachs.
Currie ha aggiunto che, “con una crescita della domanda così robusta, a fronte di una curva dell’offerta quasi anelastica al di fuori dei paesi core dell’Opec+ (GCC, paesi del Golfo, +Russia), il mercato globale del petrolio sta facendo fronte ai deficit più profondi dalla scorsa estate, per una quantità di quasi 3 milioni di barili al giorno. Con le raffinerie che stanno rispondendo velocemente ai lievi miglioramenti dei margini, l’offerta dei prodotti petroliferi si è ampiamente allineata al balzo della domanda degli utilizzatori finali, lasciando il deficit quasi esclusivamente nel mercato del petrolio crude“.
Intanto, a fare da assist alle quotazioni del petrolio è stato anche il dietrofront di ieri del dollaro. Di per sé il dollaro più basso può spingere infatti gli speculatori a puntare sugli asset denominati in dollari, come le commodities.
Inoltre, nella giornata di domenica, le trattative tra gli Stati Uniti e l’Iran per ripristinare l’accordo nucleare del 2015 hanno fatto una pausa, a causa delle elezioni presidenziali iraniane, che hanno certificato la vittoria del candidato conservatore Ebrahim Raisi.
“L’elezione di un conservatore in Iran sta pesando sul mercato (offerta), in quanto è meno probabile che le sanzioni vengano rimosse”, ha commentato alla Cnbc Bob Yawger, director della divisione di Energy Futures presso Mizuho, a New York.
Da segnalare che, invece, in caso di ripristino dell’accordo nucleare, l’Iran potrebbe riversare sul mercato una quantità extra di 1 milione di barili, pari all’1% dell’offerta globale di petrolio, per un arco temporale più lungo di sei mesi.