Notizie Valute e materie prime Oro: per Citigroup può salire a 3.000 dollari

Oro: per Citigroup può salire a 3.000 dollari

16 Aprile 2024 15:05

L’oro è destinato a raggiungere i 3.000 dollari l’oncia in un orizzonte temporale fra i sei e i 18 mesi. Lo afferma Citigroup, sostenendo che il metallo prezioso sarà sostenuto dai crescenti afflussi degli investitori, in vista dei tagli dei tassi di interesse da parte della Federal. Ecco i target della banca d’affari per quest’anno e per il 2025. Intanto, anche Goldman Sachs e UBS hanno alzato le stime sull’oro.

Gli obiettivi di prezzo dell’oro per fine 2024 e 2025

Gli analisti di Citigroup hanno aggiornato la loro previsione sui prezzi medi dell’oro nel 2024 a 2.350 dollari. Secondo gli esperti, le quotazioni del metallo prezioso “testeranno e supereranno regolarmente” i 2.500 dollari nella seconda metà dell’anno.

La stima per il 2025 ha subito una “massiccia revisione al rialzo, pari al 40%”, fino all’attuale proiezione di 2.875 dollari.

I fattori a sostegno dell’oro

I lingotti continueranno a beneficiare di una serie di elementi, in primis il contesto di tensioni geopolitiche che vede due guerre in corso in Medio Oriente e in Ucraina. A questo si affiancano gli acquisti da parte delle banche centrali e l’aumento della domanda da parte dei consumatori cinesi.

Per Citigroup, l’oro beneficerà dei flussi provenienti dagli operatori del risparmio gestito, che si stanno già mettendo al passo con la domanda fisica in Cina e dalle banche centrali. L’inizio di un ciclo di tagli dei tassi da parte della Fed nel 2025 fornirà ulteriore slancio alla domanda di investimenti.

Secondo gli analisti, gli afflussi verso gli ETF garantiti dall’oro – in gran parte assenti negli ultimi anni – indirizzeranno ulteriormente il “percorso verso i 3.000 dollari”. Citi vede maggiori prospettive per un calo dei prezzi intorno a maggio o giugno, ma si aspetta un “forte supporto agli acquisti” intorno alla soglia di 2.200 dollari l’oncia.

La performance attuale

L’oro spot è scivolato dal massimo storico di 2.431 dollari toccato venerdì, all’apice di un rally alimentato in parte dal rischio di un’escalation del conflitto tra Israele e Iran. Al momento, le quotazioni del bene rifugio per eccellenza viaggiano in area 2.373 dollari l’oncia. Da inizio anno, i prezzi mostrano un progresso del 15%, più del Ftse Mib (+10,5%) e dell’S&P 500 (+6%).

In ogni caso la situazione geopolitica rimane tesa. I funzionari militari israeliani hanno ribadito di non avere altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran, malgrado gli inviti di Stati Uniti ed Europa a ricercare una soluzione diplomatica.

A testimonianza del clima di preoccupazione, il Vix, che traccia la volatilità delle opzioni sull’S&P 500 e viene comunemente definito “indice della paura”, ha toccato i massimi da ottobre superando ieri i 19 punti.

Tagli tassi Fed più lontani

Da sottolineare che il rally dell’oro sta proseguendo nonostante i continui segnali di forza dell’economia americana (come quelli sul mercato del lavoro e le vendite al dettaglio), che allontanano eventuali tagli dei tassi da parte della Federal Reserve. Le prospettive di un costo del denaro più elevato per più tempo dovrebbero teoricamente rappresentare un vento contrario per il metallo giallo, che non paga interessi.

Tuttavia, l’oro sta continuando a salire malgrado l’aspettativa di tagli più lontani e meno numerosi nel 2024 e il conseguente rialzo dei rendimenti obbligazionari.

Le altre stime sull’oro

Citigroup non è la sola banca d’affari ad aver alzato le previsioni sui prezzi dell’oro. Goldman Sachs ha recentemente affermato che il metallo prezioso si trova in un “incrollabile mercato rialzista” e ha aumentato le stime per la fine del 2024 a 2.700 dollari. Più cauta UBS Group, che indica un target di 2.500 dollari entro fine anno.

Per ActivTrades, in caso di nuove escalation di tensioni “il metallo giallo potrebbe accelerare ulteriormente e l’area di 3.000, che per molti è il prossimo obiettivo, potrebbe non rappresentare una chimera. Inoltre, l’oro ha continuato a beneficiare della forte domanda fisica in Cina, ma anche di acquisti da Turchia e Argentina, per combattere un’inflazione galoppante.”