Oro: dopo il record attende la Fed, per Goldman può salire ancora
L’oro ritraccia leggermente dal massimo storico registrato ieri, in attesa della decisione di domani della Federal Reserve sui tassi di interesse. Goldman Sachs conferma la propria visione rialzista sul metallo prezioso.
Oro reduce da nuovo massimo storico
Nella seduta di ieri, l’oro spot ha toccato un nuovo record – l’ennesimo nel 2024 – a 2.589,7 dollari l’oncia, mentre oggi scambia in area 2,576 dollari. Da inizio anno, il metallo giallo evidenzia un guadagno prossimo al 25%, sostenuto soprattutto dagli acquisti delle banche centrali e dalla forte domanda di beni rifugio legata alle tensioni geopolitiche internazionali. Nel frattempo, sta progressivamente aumentando anche l’interesse degli investitori retail.
Uno dei fattori che spinge l’oro è la prospettiva di una normalizzazione della politica monetaria. Un contesto di tassi elevati, infatti, non è teoricamente favorevole per il metallo, che non paga interessi. Pertanto, un abbassamento dei rendimenti degli altri asset dovrebbe ridurre il costo opportunità nel detenere oro.
In tal senso, gli operatori attendono con ansia la conclusione del meeting della Fed, che prende il via oggi e terminerà domani sera con il primo taglio dei tassi dal 2020. Resta incerta la portata della riduzione, 25 o 50 punti base. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, un eventuale taglio dello 0,25% potrebbe determinare un ribasso tattico per le quotazioni dell’oro.
Goldman conferma view long e target price
Ciononostante, la banca d’affari americana ribadisce la propria view rialzista sul metallo giallo, supportata da un graduale incremento delle partecipazioni negli ETF sull’oro man mano che la Fed ridurrà i tassi.
Nello specifico, Goldman Sachs conferma la raccomandazione long con un target price di 2.700 dollari l’oncia entro la prima parte del 2025, sulla base di tre fattori.
Innanzitutto, ritiene che l’incremento degli acquisti da parte delle banche centrali sia di natura strutturale e possa dunque proseguire. In secondo luogo, come anticipato, i tagli della Fed dovrebbero incentivare il ritorno dei capitali occidentali verso gli ETF sulla materia prima.
Infine, l’oro rimane uno dei principali asset rifugio per coprirsi dagli shock geopolitici (legati anche alle elezioni presidenziali negli Usa). L’analisi di Goldman Sachs suggerisce un rialzo del 15% del metallo giallo nel caso di tariffe in aumento della stessa misura osservata dal 2021 e un upside simile in caso di ampliamento di 13 bp (una deviazione standard) degli spread sui CDS degli Stati Uniti, in un contesto di crescente preoccupazione per il debito.
Perché il rialzo dell’oro non è finito per Goldman
Goldman ha anche analizzato, e smontato, le obiezioni contro la sua visione rialzista. La prima argomentazione contraria sostiene che la tradizionale correlazione tra tassi d’interesse e prezzi dell’oro si sia indebolita a partire dal 2022. Tuttavia, secondo la banca d’affari, l’apparente disallineamento è in realtà attribuibile all’aumento degli acquisti di oro da parte delle banche centrali dei mercati emergenti, preoccupate per le sanzioni finanziarie statunitensi e l’aumento del debito pubblico a stelle e strisce. Questa eccezionale domanda ha spinto verso l’alto i prezzi dell’oro, malgrado il contesto di tassi elevati. Tuttavia, un’analisi più approfondita mostra come la relazione tra le variazioni dei tassi e le variazioni dei prezzi dell’oro rimanga solida.
La seconda obiezione è legata alla possibilità che l’oro abbia già interamente scontato il ciclo di tagli della Fed. Secondo Goldman, anche se il mercato obbligazionario ha già anticipato più tagli rispetto alla previsione della banca (tre riduzioni consecutive nel 2024, con un tasso terminale del 3,25-3,5%), gli ETF garantiti da riserve fisiche d’oro crescono in modo graduale con la discesa dei tassi. Gli incrementi delle partecipazioni in ETF sono rilevanti per le quotazioni del metallo, poiché questi fondi sono completamente garantiti da oro fisico “allocato” e la crescita delle riserve riduce l’offerta fisica disponibile sul mercato (a differenza dell’oro “cartaceo”, solitamente non supportato da oro fisico).
Secondo i dati di Bloomberg, le partecipazioni globali in ETF garantiti da lingotti sono rimbalzate negli ultimi mesi dopo essere scese a metà maggio al minimo dal 2019. Nonostante l’impennata dell’oro, rimangono in calo da inizio anno e circa il 25% al di sotto del picco registrato durante la pandemia nel 2020.