Mps balla da sola, sfuma la cordata tricolore e il Mef prepara nuova mossa dopo conti 3° trimestre
La cordata italiana per il Monte non prende forma. Il tentativo del “doge del Nord-Est” Enrico Marchi di mettere insieme una cordata di investitori per entrare in Banca Mps non ha preso piede e il Tesoro è quindi pronto a virare verso un collocamento classico sul mercato. Quindi, mentre per l’Opv di Poste rischia di slittare molto in là nel tempo, il terzo atto della discesa nel capitale di Rocca Salimbeni potrebbe prendere forma in tempi brevi, a novembre, rispettando quindi la scadenza di fine 2024 indicata dallo stesso ministro Giorgetti.
La cordata Marchi non decolla
Nelle scorse settimane era emerso forte l’interesse potenziale del patron di Banca Finint, Enrico Marchi, a guida di una potenziale cordata italiana chiamata a formare un nocciolo duro di soci italiani con una quota di circa il 10%. La cordata però ha faticato a prendere forma e il defilarsi del numero uno di MSC, Gianluigi Aponte, sembra aver messo fine a questa ipotesi. Le ultime indiscrezioni di mercato riportate oggi dal Corriere indicano il governo ormai convinto della necessità di andare avanti con la vendita di un’ulteriore quota procedendo con la cessione sul mercato. I tempi sarebbero molto stretti con via XX Settembre che vorrebbe procedere subito dopo la diffusione dei conti trimestrali di Mps, in agenda il prossimo 8 novembre.
Tesoro di nuovo all’incasso
Se effettivamente la quota ceduta sarà del 10%, l’incasso dello Stato ai valori attuali sarebbe di circa 640 milioni. Il Tesoro a novembre dello scorso anno e a marzo di quest’anno ha ceduto quote consistenti di Mps passando dal 64% al 26,7% attuale e incassando complessivamente oltre 1,5 miliardi (la cessione del 25% di Mps a novembre 2023 fruttò 920 milioni, mentre oggi la stessa quota vale quasi 1,7 miliardi).
In aggiunta, il prossimo anno Mps prevede quindi di distribuire più di 950 milioni di dividendi in contanti. Se il Tesoro mantenesse l’attuale quota sarebbe un gettone di oltre 250 milioni ogni anno. Inoltre, mantenere una quota significativa in Rocca Salimbeni andrebbe a prevenire eventuali incursioni di banche estere interessate a una Mps risanata.
Verso futuro stand-alone non solo di breve?
Attualmente il Tesoro detiene il 26,7% del capitale del Monte, è la nuova cessione di una quota vicina al 10% porterebbe lo Stato sotto la soglia del 20% con conseguente riarmonizzazione della governance con l’azionista pubblico che rimarrebbe presente anche in funzione di regista di possibili future aggregazioni. Come sottolineato dal Corriere, lo scenario standalone con la caduta dei vincoli di Bruxelles farebbe cadere il tetto agli stipendi, permettendo anche cedole più alte e luce verde all’M&A. Non va dimenticato che la banca guidata da Luigi Lovaglio ha 2 miliardi di extra capitale impiegabile anche per operazioni straordinarie.
“In questo contesto, lo scenario standalone, con lo Stato che rimane primo azionista, si conferma a nostro avviso come quello più probabile, non solo in un’ottica di breve termine”, argomentano stamattina gli analisti di Equita.
Sullo sfondo rimane della partita anche Unipol che per bocca del suo presidente Carlo Cimbri ha manifestato l’interesse eventuale a una piccola quota di Siena “esclusivamente in funzione di un accordo commerciale”, ossia legato al business bancassicurativo del Monte. Sul mercato più volte si sono rincorsi i rumor di un futuribile terzo polo con Bper, Sondrio e Mps insieme sotto la regia di Unipol (che è già primo azionista di Bper e Sondrio).