Mps, spunta la pista Del Vecchio Jr. Ma al governo Meloni conviene vendere?
Il governo tedesco, cedendo il 4,5% di Commerzbank, finito inaspettatamente tutto nelle mani dell’italiana Unicredit e aprendo la strada a un potenziale fusione transfrontaliera, ha riacceso i riflettori M&A sulle banche. Anche l’Olanda si appresta a cedere una fetta sostanziosa di Abn Amro e in Italia si attende la prossima mossa del Tesoro che ha anticipato di voler cedere entro fine 2024 un’ulteriore quota di Banca Monte dei Paschi di Siena, riducendo la sua partecipazione dal 26,7% attuale.
Anche Del Vecchio jr nella cordata del doge del Nord-Est
Tra i pretendenti a un posto di rilievo nel capitale di Mps una settimana fa è spuntata la possibile cordata di imprenditori e casse/fondazioni per garantire un nocciolo duro all’interno di Mps che garantisca stabilità azionaria anche dopo la progressiva uscita del Tesoro.
A guidare il gruppo di investitori sarebbe il banchiere di lungo corso Enrico Marchi che avrebbe sondato il terreno con il possibilmente coinvolgimento di Enpam, che possiede già una quota della banca senese, e Gianluigi Aponte di MSC.
Le ultime indiscrezioni odierne di MF vedono il banchiere di Finint lavorare a un club deal che coinvolga i grandi family office. E tra i papabili ci sarebbe anche Lmdv Capital, il single-family office italiano con sede a Milano e interamente supportato da Leonardo Maria Del Vecchio, figlio minore di Leonardo Del Vecchio e chief strategy officer di EssilorLuxottica. Lmdv ha recentemente ricapitalizzato per 50 milioni e Del Vecchio jr è indicato anche tra i pretendenti per rilevate il Twiga messo in vendita da Flavio Briatore.
Leonardo Maria Del Vecchio, sesto e ultimo figlio di Leonardo Del Vecchio, il fondatore Luxottica. Ogni figlio di Del Vecchio, deceduto nel 2022, ha ereditato il 12,5% della Delfin, cassaforte di famiglia che ha in pancia le partecipazioni in EssilorLuxottica, nell’immobiliare Covivio e quote anche in Mediobanca, Unicredit e Generali.
Tornando a Marchi, soprannominato il Doge del Nord-Est e tra i protagonisti dell’economia e della finanza del Nord-Est, l’obiettivo è raccogliere fino a 750 milioni di euro, ovvero circa l’11,5% del capitale della banca senese, la cui capitalizzazione è risalita in area 6,7 miliardi di euro dopo il prepotente rally di quest’anno (+74% Ytd).
Governo indeciso sul da farsi, l’uscita è l’unica strada?
Sono da capire le intenzioni del governo, soprattutto su quanto di Mps metterà in vendita. Ci sarebbe chi spinge per un’uscita completa, che significherebbe incassare circa 1,8 miliardi ai valori attuali in borsa di Mps. Ma il ministro Giorgetti sarebbe propenso a uscire gradualmente con la cessione del 10% o poco più della banca più antica del mondo.
Il Tesoro a novembre dello scorso anno e a marzo di quest’anno ha ceduto quote consistenti di Mps passando dal 64% al 26,7% attuale e incassando complessivamente oltre 1,5 miliardi.
Con il senno di poi, e senza i lacci di Bruxelles che ha dettato al Tesoro tempi stretti per l’uscita da Mps, l’ideale sarebbe stato aspettare. Ora il valore di Mps è infatti lievitato notevolmente. La cessione del 25% di Mps a novembre 2023 fruttò 920 milioni, mentre oggi la stessa quota vale quasi 1,7 miliardi.
In aggiunta, il prossimo anno Mps prevede quindi di distribuire più di 950 milioni di dividendi in contanti. Se il Tesoro mantenesse l’attuale quota sarebbe un gettone di oltre 250 milioni ogni anno. Inoltre, mantenere una quota significativa in Rocca Salimbeni andrebbe a prevenire eventuali incursioni di banche estere interessate a una Mps risanata. Il rischio è di un’operazione Unicredit-Commerz al contrario con predatori esteri in azione su una o più banche italiane.
L’Olanda piazza altra quota di Abn Amro
Intanto, questa settimana anche il governo olandese ha annunciato che venderà circa un quarto della sua partecipazione in Abn Amro. Il governo ora possiede il 40,5% della banca, ma sta cercando di ridurre tale quota a circa il 30%. La fetta di circa il 10,5% di ABN Amro che il governo olandese sta vendendo vale circa 1,4 miliardi di euro.
I governi europei quest’anno hanno venduto circa 13 miliardi di euro in azioni delle banche che hanno salvato durante la crisi finanziaria del 2007-2008. Si tratta di un ritmo più veloce di qualsiasi anno dalla crisi con gli alti tassi d’interesse degli ultimi due anni che hanno spinto gli utili delle banche e quindi valutazioni più elevate.
L’Olanda ha raccolto più di 10,9 miliardi di euro dalle vendite di azioni Abn Amro e il governo ha ricevuto quasi 6,3 miliardi di euro di dividendi sul suo investimento. La partecipazione del governo olandese in Abn Amro rappresenta ora circa 5,3 miliardi di euro del valore di mercato della banca, pari a 13,2 miliardi di euro.
La view di Scope su uscita Stati da banche e M&A
Nei giorni scorsi Scope Ratings, l’agenzia di rating europea, si è concentrata proprio sul fatto che la cessione di partecipazioni bancarie da parte dei governi potrebbe rivitalizzare l’M&A bancario in Europa.
Marco Troiano, head of financial institutions team di Scope Ratings, evidenzia come, dal 2022, con tassi d’interesse più alti e una buona qualità degli attivi, il processo di dismissione da parte dei governi sia accelerato, segnando un passo importante verso la normalizzazione post-crisi del settore bancario. “Le dismissioni facilitano l’acquisizione di banche da parte di altri istituti, permettendo una maggiore espansione sui mercati esteri e migliorando la capacità delle banche di diversificare geograficamente e ridurre i rischi. Il recente interesse di UniCredit in Commerzbank ne è un esempio chiave”, spiega Troiano. Inoltre, il consolidamento bancario in Europa, riducendo l’influenza statale, rafforza la fiducia nel settore, permettendo alle banche di operare in modo più indipendente e con una maggiore capacità di allocare capitali strategicamente.
A livello di prospettive di M&A, Scope sottolinea che, se le condizioni di mercato rimarranno favorevoli, si prevedono altre dismissioni da parte dei governi europei potrebbero essere completate entro la fine del 2025, favorendo ulteriormente l’integrazione bancaria nell’UE e sostenendo la resilienza del sistema finanziario.