Moody’s: mossa su First Republic e altre 5 banche
First Republic e le altre cinque banche Usa messe sotto osservazione da Moody’s
I rating di First Republic e altre cinque banche americane sono stati messi sotto osservazione da Moody’s, in vista di un possibile downgrade, dopo il crac di SVB Silicon Valley Bank e di Signature Bank.
La mossa di Moody’s, che sembra avallare i timori sul rischio che il collasso di Svb, nota come la banca delle start up, non sia stato un caso isolato, arriva all’indomani dell’ennesimo crollo dei titoli delle banche regionali Usa, nonostante la decisione dell’amministrazione Biden di blindare i depositanti di Silicon Valley Bank e di Signature, e di lanciare contestualmente uno strumento anti bank run, ovvero anti corsa agli sportelli.
Moody’s ha annunciato anche di aver tagliato il rating di Signature Bank, ritirando al contempo la valutazione sulla banca, a causa della chiusura della stessa, annunciata nella giornata di domenica dalle autorità federali degli Stati Uniti.
Gli interventi della Fed guidata da Jerome Powell, del Tesoro di Janet Yellen e dell’FDIC – la Federal Deposit Insurance Corporation (che ha preso venerdì scorso il controllo di Svb, sequestrandone gli asset – non sono stati capaci, almeno nella sessione di ieri di Wall Street, di smorzare la paura di una nuova crisi bancaria, e di un suo effetto contagio in tutto il mondo.
First Republic: tonfo di oltre -60% a Wall Street
Wall Street è riuscita a evitare nella sessione di ieri un nuovo crollo dei principali indici azionari Usa. Detto questo, il titolo della banca di San Francisco First Republic, già finito nel mirino degli investitori, ha segnato un tonfo del 62%, a dispetto delle rassicurazioni arrivate dallo stesso istituto.
Ondata di vendite anche sulla banca di Phoenix Western Alliance, capitolata del 47%. Comerica, banca americana con sede a Dallas, ha chiuso con un calo del 20%.
Nel caso di First Republic, Moody’s ha avvertito che la quota di depositi superiore alla soglia garantita dall’FDIC rende il profilo della raccolta più sensibile a una corsa agli sportelli rapida e ampia.
“Nel caso in cui (First Republic) dovesse far fronte a flussi in uscita (dunque a prelievi di depositi) più alti rispetto a quanto anticipato e gli aiuti sulla liquidità dovessero rivelarsi insufficienti, la banca potrebbe trovarsi nella necessità di vendere asset, cristallizzando così le perdite non realizzate (che diventerebbero dunque reali)”, si legge nella nota di Moody’s.
Tra l’altro, l’agenzia ha ricordato che la presenza di asset disponibili per la vendita di First Republic, i cosiddetti strumenti available-for-sale (AFS) , così come gli strumenti detenuti fino alla loro scadenza incidevano sulla banca per oltre 1/3 del suo CET 1 Ratio nel mese di dicembre.
Moody’s ha lanciato attenti anche su altre banche regionali Usa: si tratta di Western Alliance Bancorp, Intrust Financial Corp., UMB Financial, Zions Bancorp e Comerica.
Anche i rating di queste banche, dunque, sono stati messi sotto osservazione dall’agenzia, che ha citato le preoccupazioni sull’affidamento che gli istituti fanno su depositi non garantiti e sulla presenza di perdite non realizzate nei loro portafogli.
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I sell si sono abbattuti ieri sul titolo First Republic nonostante (o per questo motivo?) le rassicurazioni dell’istituto che, nella giornata di domenica – a seguito del panico corsa agli sportelli che ha certificato la fine dei giochi di #SiliconValleyBank, ha detto di avere a disposizione più di $70 miliardi di liquidità non utilizzata, grazie a iniezioni di fondi arrivate attraverso accordi siglati con la Federal Reserve e con JP Morgan Chase.
First Republic ha aggiunto, anche, che l’ammontare citato, superiore ai 70 miliardi di dollari, “esclude la liquidità aggiuntiva che First Republic ha il diritto di ricevere con il nuovo programma Bank Term Funding Program annunciato oggi (l’altroieri per chi legge) dalla Federal Reserve”.
Ancora, “il capitale e la liquidità di First Republic sono molto solidi, e il capitale rimane ben al di sopra della soglia richiesta dalle autorità di regolamentazione, stabilita per le banche ben capitalizzate”, hanno annunciato il fondatore Jim Herbert e il ceo Mike Roffler in un comunicato congiunto.
Ma niente da fare: il mercato provato non solo dal crac di SVB ma anche dall’annuncio relativo alla chiusura di Signature Bank, ha continuato a punire il titolo First Republic con tonfo che, nel finale, è stato pari a -62%.
Il grande annuncio di domenica arrivato dalle autorità federali non è riuscito dunque a rassicurare gli investitori sulla solidità delle banche americane e, soprattutto, sul fatto che i casi degli istituti regionali Usa siano circostanziati e non ricollegabili a un eventuale bis del Lehman Brothers event.
Va detto che nelle contrattazioni afterhours di Wall Street il sentiment è stato interessato finalmente da un miglioramento, tanto che in premercato si mette in evidenza il recupero del sottoindice di riferimento dei titoli delle banche regionali Usa, il SPDR S&P Regional Banking ETF, che avanza di oltre il 5%. Lo stesso titolo First Republic segna una rimonta superiore a +20%.