Manovra, rumor shock: Paolo Savona verso le dimissioni
Paolo Savona verso le dimissioni. E’ lo scenario paventato da un articolo del Corriere della Sera, che già ieri aveva riportato l’insoddisfazione del ministro degli Affari europei per l’ostinazione del governo a non cambiare la manovra, nonostante gli appelli dell’Ue. Indiscrezioni, quelle del quotidiano, che erano state una vera doccia fredda per i sostenitori dell’economista, visto da sempre come paladino coraggioso degli interessi italiani. E invece no, per Paolo Savona la manovra “è da riscrivere”.
Sempre il Corriere riporta ora oggi altre indiscrezioni bomba, secondo cui non solo la manovra, ma anche il governo dovrebbe essere cambiato. Come? Magari proprio con le sue dimissioni. Dopo qualche ora, però, il ministro smentisce tutto. Interpellato da Reuters, afferma anche:
“È il sogno del Corriere che me le chiedeva fin dal mio insediamento..”.
Rumor su dimissioni imminenti Savona
Sulle ricostruzioni del quotidiano, si fa riferimento a una presunta frase di Savona:
“A questo punto non bisogna cambiare soltanto la manovra…”, avrebbe detto il ministro, stando alle indiscrezioni.
“Dietro il Savona 2.0 – si legge nell’articolo -, c’è l’originale, Paolo Savona, l’uomo che ha spiegato ai colleghi che «a questo punto bisogna cambiare anche il governo, non solo la manovra»”.
Altro che, come ricorda il Corriere, “l’uomo che spaventava Bruxelles, l’estensore del piano B dell’uscita dall’euro, il teorico del «cigno nero», la personificazione di tutti gli incubi veri o presunti di un’Italia da indirizzare verso una versione tricolore della Brexit“.
Altro che, ricordiamo noi, l’economista che è stato visto come fumo negli occhi dal presidente Sergio Mattarella che, con il suo no a Savona per il dicastero dell’Economia, ha provocato una forte crisi istituzionale a fine maggio, prima che – proprio con l’assegnazione di Savona al ministero degli Affari europei, e la scelta di Giovanni Tria al Tesoro – il governo M5S-Lega potesse vedere finalmente la luce.
Altro che quel Pomo della discordia apparentemente insanabile tra Salvini e Mattarella, insomma.
Il solo nome aveva spaventato l’Europa, portando il numero uno della Bce Mario Draghi a fare la famosa telefonata a Mattarella, nel bel mezzo di quella opposizione al nome dell’economista che tanti italiani avevano denunciato essere un vero e proprio golpe finanziario.
Diventato ministro, secondo alcuni l’economista aveva già iniziato a cambiare pelle, parlando di euro indispensabile e precisando pure di non aver mai auspicato una uscita dell’Italia dall’euro. Frasi incise nel libro dell’economista uscito lo scorso 25 maggio, “Come un incubo e come un sogno”, in cui si legge, di fatto:
“Non ho mai chiesto di uscire dall’euro ma – ed è qui che si ritrova il ‘vecchio’ Savona – di essere preparati a farlo se, per una qualsiasi ragione, fossimo costretti volenti o nolenti”. Con il seguente auspicio: che le autorità italiane approntino due piani: “quello necessario per restare nell’Ue e nell’euro e quello per uscire se gli accordi non cambiano e i danni crescono”.
Il timore, espresso nel libro, era quello di una Italia in un vicolo cieco, costretta a “consegnare la sovranità fiscale alla ‘triade’(praticamente la troika Fmi-Bce-Commissione) se le cose peggiorano, infilandoci nella soluzione greca”.
E ora, dopo tutto ciò, Paolo Savona intende presentare le dimissioni? Così il Corriere:
“Perché Savona pensa questo, ormai. Che il governo vada cambiato. «Credimi, Matteo. Un conto è che certe cose le leggi sui giornali. Altre cose è sentirle dal diretto interessato. Per Savona, insomma, siamo al capolinea», spiegava l’altro giorno uno dei ministri leghisti a Salvini in persona. E Salvini, gelido: «Lo so, ci ho parlato». Persino le tante malelingue di Palazzo, che nelle settimane passate avevano iniziato a far passare i mugugni di Savona per un tentativo di accreditarsi a sostituire Giovanni Tria al ministero dell’Economia, sono spiazzate. Certo, il rapporto tra il titolare delle Politiche comunitarie e l’uomo che lui stesso aveva indicato per via XX settembre s’è incrinato. E, per usare l’efficace sintesi che un ministro attribuisce a Conte in persona, «Tria s’è tramutato in Savona e Savona in Tria»”.
Crisi di identità nel governo M5S-Lega, insomma, visto che anche Giovanni Tria ha subito una metamorfosi, con molti che hanno fatto notare come da europeista convinto, abbia indossato così tanto la maschera da strenuo difensore della manovra M5S-Lega, da star cambiando pelle anche lui, diventando però, in questo caso, quasi simile a un sovranista, almeno nelle sue dichiarazioni.
Su Paolo Savona, risuonano ancora le parole proferite quando non era diventato ancora una figura istituzionale. Così, in un’intervista al Foglio nel 2010:
“Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell’Italia. E’ giunto il momento di comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nella revisione del Trattato (di Maastricht) di cui si parla e nella realtà delle cose europee, prendendo le necessarie decisioni; compresa quella di esaminare l’opportunità di restare o meno nell’Unione o nella sola euro area, come ha fatto e fa il Regno Unito gestendo autonomamente tassi di interesse, creazione monetaria e rapporti di cambio”..
Sempre sul Foglio, Savona propose nel 2012 un referendum sull’euro:
“Chiediamo perciò (a) di chiamare gli italiani a votare se desiderano stare nell’euro e assumersi le relative responsabilità e i conseguenti oneri per eliminare l’incertezza politica di cui si parla e (b) di consolidare il debito pubblico a breve, garantendone il valore reale al rimborso, riconoscendo un interesse pari all’inflazione e, se proprio si vuole incentivare l’operazione, una quota della crescita del pil reale”.
Con queste dichiarazioni, si capiva come Draghi e il mondo dell’alta finanza vedesse con terrore la prospettiva di un Savona al ministero dell’Economia.
Assunto il ruolo più comodo e meno impegnativo di ministro degli Affari europei, Savona aveva continuato negli ultimi mesi a raccogliere consensi tra gli italiani: quando aveva, per esempio, parlato di colpa di Bruxelles riferendosi agli attacchi speculativi contro l’Italia, continuando a prendersela con il Trattato di Maastricht. Lo stesso che, appena lo scorso 24 settembre, aveva tuonato:
“Se l’Ue ci boccia, pronti a tutto”.
“Le regole economiche dell’UE sono forse scritte nelle tavole che Dio ha consegnato a Mosè?“, aveva detto, nel corso di un’intervista rilasciata a Mezz’Ora in più.
Questo stesso Paolo Savona lascerà ora l’Italia al suo destino? Così il Corriere sulle sue dimissioni:
“Chi lo conosce bene giura che abbia previsto per gennaio, quando ci saranno le aste Btp più importanti, il «momento più delicato» per l’Italia. Ecco, in «quel momento più delicato» lui non ci sarà. O riesce a scongiurarlo prima, non si sa come. Oppure lo guarderà da lontano”.
E sicuramente, si può aggiungere, per gli italiani la sola ipotesi che Savona pensi alle dimissioni e a lasciare il governo M5S-Lega viene vista come un tradimento, da parte di quello che si era presentato, per l’appunto, paladino del paese..e anche della manovra.