Manovra: maxi-emendamento salta Commissione bilancio. Intanto Giorgetti: da autonomia Regioni dipende esistenza governo
Esplode la rabbia delle opposizioni, per una manovra che bypassa la Commissione bilancio per approdare in Aula al Senato.
Il maxi emendamento alla manovra approderà di fatto al Senato questo pomeriggio, senza mandato al relatore, saltando praticamente la Commissione bilancio che, in una settimana di tempo, non ha espresso neanche un voto sugli emendamenti.
Motivo? Il presidente Daniele Pesco (M5s) della Commissione ha precisato che “700 emendamenti da vagliare sono troppi e non c’è abbastanza tempo per farlo”.
A questo punto, le prossime tappe sono le seguenti: il maxi-emendamento sarà presentato in Aula al Senato alle 16 di oggi venerdì 21 dicembre e su di esso il governo M5S-Lega porrà la questione della fiducia.
Alle 22 sono attese le dichiarazioni di voto e alle 23 il voto di fiducia, che terminerà intorno alla mezzanotte.
Nelle ultime ore si è appreso inoltre che il presidente della Camera Roberto Fico convocherà l’aula di Montecitorio per discutere la manovra giovedì 27 dicembre, con prosecuzione prevista venerdì 28.
A tal proposito, il vicepremier leghista e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha escluso l’esercizio provvisorio, prevedendo che la legge di bilancio sarà approvata “mi auguro entro Natale, entro la fine dell’anno sicuramente”.
“L’auspicio – ha detto Salvini ai giornalisti a Firenze- è che il Senato voti entro domani sera (stasera), per permettere alla Camera di chiudere il percorso. Altrimenti non abbiamo problemi a lavorare il 26, 27, 28, 29 e quando sarà necessario”. In ogni caso, “sicuramente non si andrà in esercizio provvisorio”.
La rabbia delle opposizioni per una manovra che non è stata neanche valutata dalla Commissione bilancio è espressa da più parti. Praticamente, dicono i senatori del Pd, “arriva in Aula un maxi emendamento mai votato da nessuno. È la prima volta nella storia della Repubblica. È un’emergenza democratica».
C’è però un’altra mina che rischia di esplodere nel governo. E’ la mina dell’Autonomia delle Regioni di Lombardia e Veneto, la cui necessità è stata risfoderata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti:
“Domani (oggi) va in Consiglio dei ministri la bozza di autonomia di Lombardia e Veneto e per noi sono questioni di esistenza del governo stesso. Come noi votiamo il reddito, da loro ci aspettiamo che votino anche questa norma“.
Praticamente Giorgetti lega la sopravvivenza dell’esecutivo giallo-verde all’autonomia delle Regioni. Il Giornale precisa:
“Sarà illustrata a Roma, quindi, la bozza dell’intesa che il presidente del Consiglio del governo giallo-verde, Giuseppe Conte, dovrebbe firmare con le Regioni che hanno avviato la trattativa per ottenere maggiori competenze in base all’articolo 116 della Costituzione. Tra queste Lombardia e Veneto (guidate dalla Lega) ed Emilia-Romagna, governata dal Partito democratico di Stefano Bonaccini, il cui caso avrà bisogno di più tempo perché il testo si trova ancora in fase di definizione”.
Giorgetti ha parlato ieri anche della manovra, ricordando che il ministro Tria non voleva un target sul deficit-Pil al 2%, ma all’1,6%, lo stesso che chiedeva la Commissione europea.
Lo ha rivelato alla stampa estera, stando a quanto riporta Reuters:
“La proposta del 2% non era di Tria, che voleva l’1,6% proposto dall’Unione europea. Siamo arrivati al 2 perché ci siamo scazzottati“. Così Giorgetti, ha risposto a chi chiedeva se fosse valsa la pena fare una lunga trattativa per tornare al punto voluto dal ministro dell’Economia.
Nel commentare l’intesa raggiunta tra l’Italia e l’Ue sulla manovra del governo, il sottosegretario leghista ha affermato che il compromesso permetterà all’esecutivo di lavorare con tranquillità senza “costrizioni esterne” legate a una procedura d’infrazione.
Ma, a guardare il maxi-emendamento alla manovra dove è inciso praticamente l’accordo raggiunto sulla manovra tra l’Italia e l’Ue, viene pensare che, per questo governo l’intesa sia stata, alla fine, una vittoria di Pirro. Con tanto di caparra da due miliardi trattenuta da Bruxelles e di rischio di una manovra correttiva. Il rischio procedura di infrazione, inoltre, non è stato affatto scongiurato.