Lockdown in Europa affonda prezzi petrolio. Outlook negativo anche per Libia e fattore Biden-Iran
Prezzi del petrolio messi di nuovo in ginocchio dagli annunci di lockdown in Europa e, di conseguenza, dal timore che la crescita della domanda di oil possa rallentare ulteriormente.
Il lockdown nazionale nel Regno Unito, annunciato dal premier britannico Boris Johnson pochi giorni dopo che la simile iniziativa era stata presa dalla Francia di Emmanuel Macron, ha affossato ulteriormente le quotazioni del petrolio crude, che ha concluso un ottobre terribile.
Il mese si è concluso con un crollo del contratto WTI scambiato a New York pari a -11% e del Brent pari a -8,5%.
Il mese di novembre non ha cambiato di certo le carte in tavola, con le quotazioni del WTI e del Brent che sono scivolate fino a -6% nella giornata di oggi, durante le contrattazioni dei mercati asiatici.
Il crollo si è successivamente smorzato, ma il bilancio rimane negativo.
“Le misure di lockdown che sono state annunciate dal Regno Unito e dall’Italia si stanno sommando alla situazione di deterioramentoche caratterizza l’Europa – ha commentato in un’intervista alla Cnbc Michael McCarthy, responsabile strategist di mercato presso CMC Markets,a Sydney – Molti trader guardano ora agli Stati Uniti e all’aumento dei nuovi contagi, chiedendosi se l’Europa farà da modello, condizionando quanto accadrà negli Usa nelle prossime settimane”.
C’è da dire, tuttavia, che le misure anti-COVID varate dai paesi europei non sono state uguali.
Le restrizioni che il governo Conte si sta apprestando a lanciare con il suo nuovo Dpcm, per esempio, sono ben diverse da quelle lanciate in Francia. L’incertezza sull’esito delle elezioni presidenziali rende il quadro ancora più confuso. Come ha spiegato lo stesso McCarthy “la preoccupazione più immediata per i mercati è che la paralisi politica (negli Stati Uniti) posticipi o renda meno potente la risposta fiscale alla situazione di peggioramento del coronavirus”. (il famoso piano di stimoli anti-COVID, che il Cogresso americano non è riuscito ancora a varare).
Importante market mover ovviamente sarà la riunione dell’Opec (paesi Opec e non Opec come la Russia), in calendario i prossimi 30 novembre e 1° dicembre.
In teoria, l’Opec e i suoi alleati dovrebbero propendere per un allentamento dei tagli all’offerta, a partire dal gennaio 2021, rispetto agli attuali tagli per 7,7 milioni a -5,7 milioni di barili al giorno.
Ma gli analisti di Commerzbank ritengono che “sia estremamente improbabile che la produzione di petrolio torni a salire dal mese di gennaio. Piuttosto – è il loro auspicio – l’Opec e i suoi alleati dovrebbero davvero dare il via a ulteriori tagli, viste le prospettive deboli per la domanda”.
Di certo la prospettiva di un aumento della produzione della Libia – paese membro dell’Opec – non è un fattore che gioca a favore dei prezzi del petrolio. La Libia prevede di portare il proprio output fino a 1 milione di barili al giorno nelle prossime settimane, livello doppio rispetto a quelli di inizio mese.
“La pressione che sta colpendo i prezzi del petrolio si confermerà una vera preoccupazione per l’Opec+, soprattutto se si considerano i livelli del Brent, sceso ben al di sotto della soglia di $40 al barile – hanno commentato gli analisti di ING – I nuovi lockdown, la (maggiore) offerta da parte della Libia e questa pressione sui prezzi indicano che è sempre più probabile che l’Opec + estenda i tagli attuali fino al mese di gennaio. Tuttavia, dovremo ancora aspettare la riunione (del cartello) alla fine di questo mese, prima di conoscere la decisione”. E’ vero, allo stesso tempo, che “se questa pressione al ribasso continua, non c’è nulla che possa escludere una riunione di emergenza del gruppo, al fine di placare i timori del mercato”.
La nota continua:
“Un altro fattore chiave di incertezza per il mercato è rappresentato dalle elezioni presidenziali di domani (martedì 3 novembre) e dalle conseguenze che l’esito potrebbe avere sul petrolio. Una vittoria di Biden potrebbe portare gli Stati Uniti ad avere un atteggiamento meno aggressivo nei confronti dell’Iran, aumentando così la possibilità che le sanzioni petrolifere imposte all’Iran vengano rimosse. Sebbene sia ancora poco chiaro il posto che l’Iran avrebbe nella lista delle priorità di Biden, una vittoria dei democratici potrebbe mettere sotto pressione le quotazioni del petrolio, con la possibilità che una offerta di petrolio di 1,5-2 milioni di barili al giorno ritorni sul mercato. Da un punto di vista geopolitico, l’allentamento delle tensioni tra Usa e Iran sarebbe un’ottima notizia. Da un punto di vista dei prezzi del petrolio, il peggioramento rischierebbe, invece, di acuirsi.