Notizie Notizie Italia Italia fuori da recessione, ma rimane l’economia malata dell’Europa ultimo decennio

Italia fuori da recessione, ma rimane l’economia malata dell’Europa ultimo decennio

30 Aprile 2019 12:24

Economia italiana fuori da recessione: nel primo trimestre del 2019 il Pil italiano ha fatto infatti +0,2% rispetto al trimestre precedente e +0,1% in termini tendenziali: è quanto risulta dalla stima preliminare resa nota dall’Istat. C’è da tirare un sospiro di sollievo? Sicuramente. Da brindare? Non proprio. L’Italia fa infatti peggio del +0,4% dell’Eurozona. E di Italia si continua a parlare ancora come del “sick man in Europe”, ovvero come dell’economia malata dell’Europa, riferendosi tra l’altro a un arco temporale che copre l’ultimo decennio.

Il caso Italia torna protagonista oggi con l’articolo “Why is Italy still the sick man of Europe?”, pubblicato sul sito tedesco DW News. Il sito interpella gli economisti italiani, del calibro di Carlo Alberto Carnevale-Maffè, docente presso la Bocconi University School of Management, e Andrea Capussela, autore del libroThe Political Economy of Italy’s Decline”.

“Nel corso dell’ultimo decennio, l’Italia è stata spesso definita una economia vulnerabile, che rappresenta un rischio per la stabilità finanziaria dell’Unione europea – si legge nell’articolo di DW- E, ancora oggi, una serie di numeri deludenti sta avvertendo gli analisti sul fatto che la vulnerabilità dell’Italia possa star aumentando”.

In realtà, i numeri arrivati oggi dal fronte macroeconomico italiano non sono così negativi, se si considera che, nel mese di marzo il tasso di disoccupazione è sceso e il numero degli occupati ha segnato un boom. La disoccupazione rimane tuttavia ben ancorata al di sopra del 10%, a fronte di un tasso di disoccupazione che è sceso in Eurozona al 7,7%. Occhio inoltre al dato sul Pil francese, che ha indicato un’espansione, su base annua, pari a +1,1%, in fase di accelerazione (rispetto al +0,1% su base annua dell’Italia).

Certo, anche l’Italia ha accelerato, se così si può dire, uscendo dalla fase di recessione  tecnica in cui era scivolata negli ultimi due trimestri del 2018. Ma l’espansione della sua economia rimane da zero virgola, nonostante il vicepremier e leader del M5S, lo stesso che aveva previsto un boom economico che evidentemente non ci sarà, commenti il dato con la seguente frase: “Avanti come un treno”.

Economia italiana: il punto di Carnevale-Maffè e Capussela

Tornando all’articolo di DW, vengono ricordate le previsioni del Def snocciolate dal governo M5S-Lega che, dopo aver puntato a una crescita del Pil italiano pari a +1% per l’anno in corso, ha rivisto drammaticamente il proprio outlook, stimando un’espansione pari ad appena +0,2%, oltre a prevedere deficit e debito più alti.

Il deterioramento dei conti pubblici del made in Italy è stato certificato inoltre di recente dall’Eurostat, che ha confermato che il debito italiano ha invertito il trend discendente per tornare a salire, crescendo di quasi l’1% nel 2018, al 132,2% del Pil.

La domanda, dunque, è d’obbligo. Chi o cosa hanno portato il paese a questo punto? E, di nuovo, quanto il governo M5S-Lega della Tria-de Conte-Salvini-Di Maio – sta snobbando il rischio di una crescita, se non negativa, comunque da encefalogramma piatto?

Secondo l’economista Carlo Alberto-Maffè la situazione è peggiore di quanto il governo M5S-Lega dica:

“Insieme ad altri analisti, Maffè prevede una crescita zero o anche negativa, vista la debolezza della domanda interna e la flessione che ha interessato sia gli investimenti pubblici che privati”, scrive il quotidiano, riportando poi le dichiarazioni del professore della Bocconi:

“Le nostre esportazioni sono robuste, ma si tratta dell’unica componente positiva del nostro Pil, che non è capace di accollarsi da sola il peso di una intera economia nazionale”.

Dal canto suo, Andrea Capusella ripercorre le fasi attraversate dall’economia italiana.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, ricorda  l’economista a DW, il miracolo economico italiano è avvenuto grazie alle importazioni italiane di tecnologia per l’industria manifatturiera, soprattutto dagli Stati Uniti.  La situazione è iniziata a cambiare negli anni ’70 e ’80, quando l’Italia si è evoluta diventando un’economia industriale del tutto formata, e quando hanno iniziato a svilupparsi i suoi distretti industriali.

A quel punto, il paese avrebbe avuto bisogno che le istituzioni sociali alimentassero l’innovazione e garantissero la competizione. Ciò non è avvenuto. Ed è questo che “è mancato davvero in Italia”, dice Capussela.

Quell’incapacità di traghettare l’Italia verso una crescita più sostenuta è andata avanti per anni e una “politica fiscale espansiva, finanziata ricorrendo al debito, ha continuato a crescere, nascondendo i problemi di fondo, come il rallentamento della crescita e dell’innovazione“.

La crisi economica e valutaria del 1992 ha fatto saltare in aria il precedente modello di crescita e la crescita italiana, ricorda Capussela, “ancora una volta è tornata a basarsi soltanto su fattori strutturali – ovvero sulla crescita della produttività – E alla fine, il declino di quella crescita, con cui stiamo facendo ancora i conti, è diventato chiaro”.

Un altro duro colpo è stato sferrato all’Italia, ovviamente, dalla crisi finanziaria del 2008, che ha portato il paese a essere l’unico in Europa a presentare lo stesso tasso di crescita del 1995.

“Abbiamo perso un secolo”, ha commentato Capussela. E il punto è che, fa notare l’economista, niente è davvero cambiato, sia in termini di responsabilità politica che in termini di misure volte a sostenere la crescita.

Della stessa opinione anche Carnevale-Maffè:

“Alcuni paesi puntano sugli investimenti pubblici per far aumentare la produttività. Ma con la nuova riforma delle pensioni, che aumnenta la spesa per le pensioni di decine di miliardi di euro, l’Italia non sta promuovendo la crescita dell’economia; al contrario, sta deprimendo la crescita, riducendo l’occupazione e aumentando il carico finanziario che peserà sulle prossime generazioni”.