Intesa SanPaolo, Messina: banche italiane un assist per il Pil, BTP e rating Italia
Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa SanPaolo, è tornato a tessere le lodi dell’economia italiana e delle banche italiane.
Lo ha fatto ieri, in occasione della lectio magistralis che ha tenuto presso l’Università di Padova, dopo aver ricevuto la Laurea Magistrale ad Honorem in Economics and Finance dall’ateneo.
Nel corso del suo intervento “Le prospettive economiche dell’Italia e del Veneto e il ruolo di Intesa Sanpaolo”, il ceo di Intesa SanPaolo ha messo in evidenza la solidità dei fondamentali economici dell’Italia, affrontando anche il nodo del debito pubblico, dello spread BTP-Bund e di quel legame che esiste tra i titoli di stato e le banche italiane, noto anche come “doom loop”. Legame, è quanto è emerso dalle parole di Messina, che oggi non dovrebbe essere più considerato alla stregua di un “abbraccio mortale”.
Per quanto riguarda il Pil dell’Italia, Messina ha citato i fatti che, a suo avviso, hanno cambiato la reputazione stessa del paese, che non meriterebbe più quell’appellativo di “paese ritardario” con cui è stato bollato più volte, in passato.
Messina: Pil Italia +4,2% in 2019-2023. Meglio di Germania e Francia
“Guardiamo ai fatti. Tra il 2000 e il 2019, la crescita cumulata del Pil italiano si era attestata ad un modestissimo 6,1%, contro il 30% circa di Francia e Germania e il 41% della Spagna”, ha ricordato il ceo di Intesa SanPaolo Carlo Messina, spiegando che “questa difficoltà a mantenere il passo dei partner europei è spiegata dalla più bassa dinamica della produttività italiana”.
“Detto in altri termini – ha precisato il ceo – nei passati decenni il nostro Paese è stato meno capace di altri di ‘far rendere’ la propria forza lavoro”.
Le cause di questa vulnerabilità?
“Molteplici e complesse”, ha ricordato Messina, facendo riferimento alla “minore efficienza del settore pubblico”, alle “carenze infrastrutturali”, ai “tempi della giustizia”, a “una formazione dei giovani non sempre idonea alle richieste delle aziende”.
Le cose sono però cambiate negli ultimi anni, e anche “molto”, tanto che “lo stereotipo di ‘paese ritardatario’ è divenuto
sempre meno appropriato per l’Italia”.
Secondo il banchiere, la prima dimostrazione di forza data dal Pil è arrivata con la capacità dell’Italia di far fronte alla pandemia Covid-19, che tra l’altro “ha colpito il nostro Paese con più forza rispetto ad altri partner europei”.
Nonostante gli effetti devastanti provocati dalla pandemia e dalle misure di lockdown imposte, la grande sorpresa è stata una economia che, invece di essere “più penalizzata rispetto a quelle di Germania o Francia”, come avrebbe dovuto essere a rigor di logica a causa dell'”impatto più devastante” della crisi, ha mostrato una notevole capacità di ripresa:
“Se consideriamo la crescita cumulata del Pil tra il 2020 e il 2023, emerge un quadro inaspettato: l’economia tedesca è rimasta ferma ai livelli di fine 2019; Francia e Spagna sono cresciute rispettivamente dell’1,8 e 2,9%; l’Italia del 4,2%“. Un “rovesciamento di fronte”, ha affermato Messina, “per qualcuno sorprendente”, tra l’altro “legato solo a fattori transitori, come le misure introdotte a sostegno di famiglie e imprese per contenere gli effetti della crisi energetica”.
Quella crescita del Pil, per Messina, “riflette infatti qualcosa che è davanti ai nostri occhi, ovvero i progressi delle imprese, delle famiglie (per lo meno in aggregato, pur rimanendo delle forti differenze tra quelle più abbienti e quelle con minor capacità di spesa) e del sistema bancario”.
Il ceo di Intesa SanPaolo cita la forza delle imprese e famiglie italiane
Il numero uno di Intesa SanPaolo ha citato in particolare “la buona situazione reddituale e finanziaria delle imprese e la connaturata solidità delle famiglie italiane“, entrambi “punti di forza del nostro Paese, in particolare nel contesto di restrizione monetaria e finanziaria attuata dall’Eurosistema allo scopo di ridurre l’inflazione”, ovvero pur in una situazione di sofferenza provocata dai continui rialzi dei tassi anti-inflazione che sono stati annunciati in questi ultimi due anni dalla Bce di Christine Lagarde.
Riferendosi nello specifico alle imprese italiane, Messina ha messo in evidenza la “struttura finanziaria notevolmente rafforzata”, come dimostrano i seguenti fattori:
- Una leva finanziaria (debiti finanziari in rapporto al totale dei debiti finanziari e del patrimonio netto) ridotta dal 50% del 2011 al 35,5% di giugno 2023.
- La minore dipendenza dal credito bancario, nonostante il lungo periodo di tassi bassi. Dal 2011 al 2022 il debito bancario in percentuale del totale dei debiti finanziari è sceso dal 67 al 52%;
- L’allungamento della durata dei prestiti, con i finanziamenti a medio-lungo termine che rappresentano il 78% del totale dei prestiti alle società non-finanziarie in media nel 2023, dal 60% degli anni 2007-08;
- L’elevata liquidità, la percentuale delle attività liquide sui debiti finanziari totali, pari al 20% circa da inizio ‘anni duemila’ sino al 2013, è più che raddoppiata nell’ultimo decennio a oltre il 40%. A seguito di una crescita robusta durata oltre un decennio, i depositi bancari sono arrivati a rappresentare il 62% dei prestiti bancari delle società non-finanziarie nel 2022-23, dal 20% in media negli anni dal 2008 al 2012.
Messina: la voce che smentì Ray Dalio conferma fiducia in banche italiane
Carlo Messina ha illustrato in occasione della sua lectio magistralis tenuta all’Università di Padova anche i progressi altrettanto significativi che sono stati compiuti dalle banche italiane.
Già più volte, in precedenza, il ceo di Intesa aveva parlato della solidità del sistema bancario italiano.
Messina si era mostrato fiducioso nei confronti del settore anche in quella occasione, che si può definire ‘storica’, che vide protagonista la decisione dell’hedge fund numero uno al mondo Bridgewater Associates, fondato da Ray Dalio, di lanciare la grande scommessa short contro l’Italia, in modo particolare contro le banche italiane quotate sul Ftse Mib di Piazza Affari, in vista delle elezioni politiche del 2018.
Dalio arrivò a triplicare i suoi attacchi short contro Piazza Affari, fino a far balzare il valore delle scommesse a $3 miliardi.
Va detto tuttavia che la scelta dell’hedge fund di puntare in particolare contro le banche italiane, ovvero contro Intesa SanPaolo, FinecoBank, Bper Banca, Mediobanca, Banco BPM, UniCredit, si rivelò presto subito poco felice, in quanto quelle azioni imboccarono più una strada rialzista, che verso il basso.
A criticare aspramente la Big Short di Dalio fu subito il ceo di Intesa SanPaolo in primis, così come anche Davide Serra, numero uno di Algebris Investments.
Quella scommessa al ribasso si concluse con il dietrofront di Dalio, dopo le perdite che il suo fondo speculativo iniziò a soffrire quasi subito con la scommessa lanciata, tra le altre, proprio contro Intesa SanPaolo.
Qualche mese prima, tra l’altro, era stato lo stesso Messina a prevedere che la strategia dell’hedge fund numero uno al mondo contro l’Italia si sarebbe rivelata perdente.
Già allora, il banchiere aveva sottolineato che Bridgewater stava commettendo un errore a prendere di mira le banche italiane, in vista dell’appuntamento delle elezioni politiche.
Ieri, sei anni dopo, il ceo è tornato non solo a difendere il settore bancario, ma a presentare anche i suoi punti di forza.
Se l’economia italiana è cresciuta, è stato infatti secondo l’AD non solo per l’apporto dei due fattori cruciali elencati, ovvero per le famiglie e le imprese, ma anche per le banche italiane:
“Tra i fattori che stanno concorrendo al recupero strutturale della nostra economia, un ruolo importante è sicuramente rappresentato dalla solidità del sistema bancario, che si è rafforzata costantemente in oltre un decennio – ha detto Carlo Messina – A questo hanno contribuito una regolamentazione più severa e una vigilanza più pervasiva, attenta e scrupolosa, insieme a una governance profondamente rafforzata: gli indicatori-chiave testimoniano la posizione di forza del settore”.
A conferma della solidità del settore bancario, “il grado di patrimonializzazione delle banche ai massimi storici, con il rapporto tra il patrimonio di miglior qualità e le attività a rischio (il CET1 ratio) pari al 16,2% per le banche italiane a settembre 2023, addirittura superiore alla media di tutte le banche dell’area dell’euro (15,8%)”.
Messina ha sottolineato che “gli attuali livelli sono più che doppi rispetto a quelli del 2007-08”, aggiungendo che sono stati inoltre compiuti “enormi progressi nella qualità del credito”, tanto che il “rapporto tra crediti deteriorati e totali è sceso da quasi il 17% dei massimi del 2015 al 2,4% del 2023 (in linea con l’1,8% dell’UE), al lordo delle rettifiche di valore, che equivale a solo l’1,1% nei bilanci delle banche, considerando tale indicatore al netto delle rettifiche di valore”.
Occhio anche alla “posizione di liquidità”, che “ampiamente superiore ai minimi regolamentari”, così come anche alla “redditività”, che è “decisamente migliorata dopo quasi un decennio di tassi negativi, in cui sono stati conseguiti significativi guadagni di efficienza”.
E il merito di questo miglioramento non va soltanto all’adozione di “strumenti espansivi non-convenzionali” da parte della Bce, così come non va solo “al processo di normalizzazione dei tassi che ha sostenuto il recupero di redditività delle banche”. (in particolare, con l’impatto che le strette monetarie hanno avuto sull’NII).
Messina ha spiegato che la ripresa del comparto bancario italiano “si fonda anche su fattori gestionali più strutturali, come i guadagni di efficienza, la diversificazione dei ricavi, il miglioramento dei processi del credito, l’innovazione dei canali e dei processi, la revisione dei business model”.
Messina: banche non più un problema, gli effetti su rating e spread
Le banche italiane sono così diventate, a suo avviso, un punto di forza anche per i titoli di stato italiani.
Messina ha detto infatti che, del fatto che le banche non vengano “più considerate un potenziale problema per le finanze pubbliche” dell’Italia, “ne ha beneficiato il rating sovrano”, così come indicato da “tutte le principali agenzie”, e così come confermato dall'”andamento discendente dello spread BTP-BUND, favorito dal ritorno d’interesse della domanda estera per i titoli del Tesoro italiano”.
Su questo punto, numeri alla mano, va detto che a certificare la maggiore appetibilità dei BTP agli occhi degli investitori esteri sono stati i numeri emersi il mese scorso con la pubblicazione da parte di Bankitalia del report «Finanza pubblica, fabbisogno e debito» .
Da quel report è risultato che, nel mese di ottobre, il controvalore di BTP e di altri titoli di stato italiani in mano agli investitori esteri ha segnato una crescita per il secondo mese consecutivo, scattando fino al record dal maggio del 2022.
Per la precisione, il valore è salito a 656,692 miliardi, contro i 647,974 miliardi di settembre. Merito, secondo Messina, anche del fatto che le banche italiane non vengono più considerate un elemento di vulnerabilità dell’Italia, ma un asset di cui essere finalmente fieri.