Inflazione Usa, Pce core rema contro forti tagli ai tassi Fed
Il core Pce statunitense di settembre, la misura dell’inflazione più attendibile per le decisioni di politica monetaria della Fed, supera le attese a settembre, con una variazione annua stabile al 2,7%. La solida crescita dell’economia a stelle e strisce e le persistenti pressioni sui prezzi riducono l’urgenza di nuovi tagli dei tassi, anche se una riduzione di 25 bp nel meeting della prossima settimana appare pressoché inevitabile.
I dati sull’inflazione core Pce di settembre
A settembre il core Pce ha registrato un aumento mensile dello 0,3%, in linea con le previsioni degli analisti, mettendo a segno l’incremento più marcato da aprile. Allo stesso tempo, la lettura di agosto è stata rivista al rialzo da +0,1% a +0,2%. Anno su anno, l’indice evidenzia una crescita del 2,7%, invariata rispetto al mese precedente, a fronte di un calo atteso al 2,6%.
Il core Pce è un indice dei prezzi delle spese per consumi personali, che viene calcolato escludendo le voci relative agli alimenti e all’energia, in quanto più volatili. L’indice complessivo, che racchiude anche queste componenti, ha riportato un aumento dello 0,2% mensile e del 2,1% annuo, in diminuzione dal 2,3% di agosto (rivisto da 2,2%).
I dettagli dei numeri sull’inflazione di settembre hanno mostrato pressioni persistenti sia sui prezzi dei sia nei servizi. La spesa al consumo corretta per l’inflazione è aumentata dello 0,4%, con un’accelerazione rispetto al mese precedente, sostenuta dalla continua crescita di salari e stipendi.
Fed cauta su tassi aspettando dati occupazione
Il dato di oggi si somma agli ultimi numeri solidi sulla crescita, rafforzando l’aspettativa di una Fed più prudente nel tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi.
Ieri è stata diffusa la prima stima sul Pil del terzo trimestre, che ha evidenziato una crescita annualizzata del 2,8% nel periodo luglio-settembre. Oggi sono state pubblicate anche le richieste di sussidi di disoccupazione, in calo nell’ultima settimana. Le nuove domande sono diminuite 216 mila (-12 mila rispetto all’ottava precedente), mentre le richieste continue, che indicano quante persone ricevono la disoccupazione, sono scese a 1,86 milioni.
Numeri che dipingono un mercato del lavoro piuttosto solido, in attesa del job report di domani che fornirà dettagli sui nonfarm payrolls (le buste paga nel settore non agricolo), il tasso di disoccupazione e la crescita dei salari a ottobre.
Le attese sulle prossime mosse della Fed
La Fed si riunirà il 6-7 novembre, dopo le elezioni presidenziali del 5 novembre, e il 17-18 dicembre. Le aspettative dei mercati propendono per un taglio di 25 punti base la prossima settimana, che porterà i tassi di riferimento nel range tra 4,5% e 4,75%, con una probabilità del 96%.
Più incerto lo scenario per l’ultimo meeting dell’anno, con un’ulteriore riduzione dei tassi prezzata al 70% e un mantenimento dello status quo al 29%. I trader assegnano persino un 1% di probabilità allo scenario in cui i tassi non vengano tagliati da qui a fine anno, rimanendo quindi al 4,75-5,00%.