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Inflazione euro ostinata. Ma la Bce di Lagarde ha i trader contro

31 Agosto 2023 12:07

Inflazione euro stabile ad agosto, secondo i dati Eurostat. Speranze arrivano dall’inflazione core. Ma il calo dell’euro si spiega con lo scetticismo dei trader verso la Bce di Christine Lagarde. E con la parola “stagflazione”.

Niente da fare: la crescita dell’inflazione nell’area euro continua a confermarsi alta.

Dopo i dati di Spagna e Germania resi noti ieri, l’indice dei prezzi al consumo dell’Eurozona acuisce ulteriormente il timore di nuovi rialzi dei tassi da parte della Bce di Christine Lagarde, nonostante gli inviti dei vari governi del blocco a fermarsi.

L’euro, tuttavia, non sale, anzi scende. I trader non sembrano prendere sul serio le dichiarazioni ancora hawkish proferite da Lagarde in occasione del simposio di Jackson Hole organizzato la scorsa settimana dalla Fed di Jerome Powell. E questo perchè il chiodo fisso ora si chiama stagflazione: quella situazione in cui l’economia fa fronte a una inflazione elevata e, anche, a una crescita, per l’appunto, stagnante.

Dal dato diffuso da Eurostat è emerso che la crescita dell’indice dei prezzi al consumo relativa ai 20 paesi che utilizzano l’euro è rimasta invariata al tasso annuo del 5,3%.

Quella resa nota è stata la lettura preliminare del dato CPI, tra i parametri più importanti per valutare il trend dell’inflazione.

In particolare, ostinata si è confermata la crescita dei prezzi dei beni alimentari, dell’alcol e dei tabacchi, pari a ben +9,8%; i prezzi dei servizi sono balzati del 5,5%, quelli di altri beni del 4,8%, mentre i prezzi dei beni energetici sono scesi del 3,3%.

Gli economisti – e anche i mercati, in attesa delle prossime mosse della Bce – avevano previsto un calo dell’inflazione headline al 5,1%.

E invece no: non c’è stato nessun ribasso, almeno nel dato generale dell’inflazione.

A scendere invece è stata l’inflazione core – e questa è una buona notizia per Lagarde & Co – che rimane tuttavia anch’essa troppo alta, più del doppio del target dell’Eurotower, pari al 2%.

La crescita del CPI core di agosto è stata pari a +5,3%, rispetto al +5,5% di luglio.

L’euro scende. Trader da un po’ scettici su Lagarde

Subito dopo la pubblicazione dell’indice CPI, i trader hanno ridotto le loro scommesse su una nuova ulteriore stretta monetaria nel prossimo meeting della Bce in modo significativo, al 30% circa, rispetto al 54% dell’inizio della giornata di oggi.

L’euro ha accentuato i ribassi nei confronti del dollaro, scendendo al minimo intraday di $1,0870.

Va detto che il taglio delle scommesse non è l’unica ragione alla base del dietrofront della moneta unica, così come non lo è neanche il calo dell’inflazione core.

Sullo sfondo, c’è lo scetticismo dei trader, che hanno sempre più dubbi sulla capacità della numero uno della Bce, Christine Lagarde, di confermarsi coerente con se stessa nella sua battaglia contro l’inflazione dell’Eurozona. E questo perchè l’economia del blocco sta arrancando, colpita dal fenomeno della stagflazione.

Nell’articolo dal titolo Traders Are Bailing on the Euro as Talk of Stagflation Heats Up, Bloomberg scrive che, a dispetto della persistenza della crescita dell’inflazione, secondo i trader Lagarde & Co. faranno fatica a continuare ad alzare i tassi.

Nelle sale operative sta rimbombando sempre di più una parola: “stagflazione”; un timore sicuramente non nuovo che, se concretizzato, confermerebbe come Lagarde stia perdendo la battaglia contro la fiammata dei prezzi iniziata l’anno scorso.

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Sarebbe in particolare la preoccupazione di una stagflazione in Eurozona, sottolinea Bloomberg, ad aver scatenato la capitolazione di molti tori sull’euro.

Il risultato è che nelle contrattazioni di oggi la moneta unica è scivolata fino a $1,087 nei confronti del dollaro, dopo aver viaggiato nei massimi intraday oltre la soglia di $1,093.

Non una parentesi, visto che la valuta è scesa di oltre il 3% dal picco testato a luglio, in un contesto in cui gli strategist sono sempre più negativi.

Euro: outlook negativo di JPMorgan & Co.

Per la prima volta in sei mesi, gli analisti hanno infatti tagliato le stime sull’euro. Colossi del calibro di Bank of America e JPMorgan Chase vedono la moneta unica scendere fino a $1,05, ai minimi dalla crisi bancaria di marzo.

Secondo BNP Paribas Asset Management, i sell potrebbero portare l’euro a scendere addirittura fino a $1,02.

Da un sondaggio stilato da Bloomberg emerge inoltre che gli analisti intervistati hanno rivisto al ribasso le loro previsioni, snocciolando un target a $1,10 entro la fine del 2023, rispetto all’obiettivo di $1,12 della scorsa settimana.

Outlook bearish anche sulle borse europee

Anche le previsioni sull’azionario made in Europe non sono certo bullish.

Andrew Bell, ceo di Witan Investment Trust, ha commentato che, “in un’ottica di più lungo termine, la crescita del Pil dell’Europa punterà verso il basso rispetto ai mercati americani ed emergenti” e che, “se un rally diffuso in Europa alzerà le valutazioni europee, più investitori potrebbero decidere di spostarsi verso i mercati emergenti”.

Diversi gli strategist bearish nei confronti dell’azionario europeo.

Tra questi c’è anche Graham Secker di Morgan Stanley, che ritiene che l’ottimismo su un soft landing in Europa sia eccessivo, e che stima che la debolezza dei dati macro si tradurrà in un downgrade degli utili nel resto del 2023.

Non solo: a suo avviso che le borse europee sconteranno il doppio colpo rappresentato da tassi di interesse più alti e condizioni del credito più rigide.

In attesa del Bce-Day del 14 settembre

La numero uno della Bce Christine Lagarde ha confermato dal canto suo che la decisione sui tassi che arriverà con la prossima riunione del Consiglio direttivo del 14 settembre dipenderà dai dati macro:

un dietrofront di Lagarde, in un certo senso, è già in atto, visto che nei mesi precedenti Lagarde aveva sempre anticipato le mosse successive sui tassi.

Certo non è facile prendere una decisione, in un contesto in cui l’inflazione dell’area euro rimane tuttora troppo elevata – anche se il ritmo di crescita, va riconosciuto, si è praticamente dimezzato, rispetto al tasso del 10,6% dell’ottobre del 2022 – e le aziende e i consumatori, come hanno fatto notare più volte gli esponenti del governo Meloni, pagano con le loro tasche e i loro bilanci un accesso al credito sempre più faticoso.

Nel commentare l’intervento di Christine Lagarde al simposio di Jackson Hole, gli analisti di Algebris hanno scritto nella loro nota settimanale “Global Credit Bullets” che la numero uno della Bce “si è concentrata sulle sfide a lungo termine per la crescita e l’inflazione, indicando una politica restrittiva da mantenere a lungo”.

Allo stesso tempo, da Lagarde non è arrivato “alcun riferimento alla riunione di settembre”.

Ci aspettiamo che la Bce aumenti ancora una volta a settembre e poi si allinei alla Fed”, ha scritto il team strategie di credito globale di Algebris Investments, secondo cui “la Fed rimarrà in attesa fino al 1° trimestre del 2024 e poi valuterà i possibili tagli” ai tassi.