Notizie Notizie Mondo Google: per l’antitrust Usa il monopolio nella ricerca è illegale

Google: per l’antitrust Usa il monopolio nella ricerca è illegale

6 Agosto 2024 11:33

“Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio”. Lo afferma il giudice distrettuale Amit Mehta, in una sentenza storica per gli Stati Uniti, secondo la quale il colosso che fa capo ad Alphabet ha violato la legge sulla concorrenza nel mercato della ricerca online. Ecco i commenti delle parti e le possibili conseguenze per Google e gli altri giganti tecnologici di Wall Street.

Google ha siglato accordi esclusivi per $26 mld con Apple, Samsung e altri

Il giudice ha stabilito che Google ha monopolizzato illegalmente il mercato della ricerca tramite accordi esclusivi, elargendo nel corso degli anni 26 miliardi di dollari a produttori di dispositivi e fornitori di servizi online, come Apple e Samsung, per far sì che il suo motore di ricerca risultasse come opzione predefinita su smartphone e browser web.

Questo ha compromesso la capacità dei concorrenti di competere ad armi pari nel mercato, violando la Sezione 2 dello Sherman Act, che comprende le norme anti-monopolio. Di conseguenza, secondo quanto si legge nelle 286 pagine della sentenza, Google ha potuto aumentare costantemente i prezzi della pubblicità online senza conseguenze, alimentando oltre 300 miliardi di dollari di entrate annuali, in gran parte generate da annunci di ricerca.

La decisione arriva al termine di quattro lunghi anni di indagini, avviate nel 2020 su iniziativa del Dipartimento di Giustizia Usa e di diversi stati americani.

La reazione di Alphabet e i commenti delle autorità Usa 

In seguito alla sentenza, Alphabet ha chiuso la seduta di ieri in calo del 4,5% a 159,25 dollari. Ma a perdere terreno è stata anche Apple (-4,8% a 209,27 dollari), che rischia di perdere miliardi di dollari che Google paga a Cupertino per rendere il proprio provider di ricerca l’opzione predefinita sugli iPhone.

Il procuratore generale Merrick Garland ha celebrato la sentenza come una vittoria storica per il popolo americano, sottolineando che nessuna azienda, per quanto grande o influente, è al di sopra della legge.

Anche la Casa Bianca ha accolto con favore la decisione, definendola un passo significativo verso un Internet più libero e competitivo.

Dall’altra parte, Google ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso contro la sentenza. Kent Walker, presidente degli affari globali di Google, ha dichiarato che la decisione della corte non riconosce adeguatamente i vantaggi del motore di ricerca per i consumatori, e ha confermato che l’azienda continuerà a concentrarsi sullo sviluppo di prodotti utili.

Cosa rischia ora Google

La sentenza potrebbe portare a pesanti sanzioni per Google. Un possibile rimedio potrebbe consistere in una separazione delle attività di ricerca di Alphabet da altri prodotti, come Android o Chrome.

In alternativa, potrebbe essere decisa una modifica delle pratiche commerciali, chiedendo a Google di sciogliere gli accordi esclusivi o di concedere in licenza i dati che generano i risultati di ricerca.

È probabile che si apra un nuovo processo per determinare le misure correttive, ma eventuali ricorsi potrebbero prolungare i tempi prima che le conseguenze si concretizzino.

La decisione di ieri potrebbe influenzare anche altre cause antitrust in corso contro giganti tecnologici come Apple, Amazon e Meta, ridisegnando potenzialmente il panorama competitivo del settore tech negli anni a venire.

Momento no per Alphabet

La causa contro Google rappresenta il primo processo antitrust da oltre 20 anni che vede scontrarsi il governo federale con una società tecnologica statunitense.

La sentenza arriva peraltro in un momento critico per le big tecnologiche di Wall Street, al centro dell’attenzione dopo il sell-off degli ultimi giorni. Le valutazioni del settore sono da tempo sotto osservazione e gli investitori si domandano se le prospettive di crescita legate all’intelligenza artificiale possano giustificare i prezzi elevati degli ultimi mesi.

Nel caso specifico di Alphabet, anche la trimestrale diffusa il 23 luglio ha parzialmente deluso le aspettative, evidenziando entrate pubblicitarie inferiori alle attese per YouTube e un aumento delle capex dettato dagli investimenti per monetizzare l’AI.

Dal massimo storico del 10 luglio il titolo ha perso oltre il 16%, riducendo i guadagni da inizio anno al 14% circa.