Goldman Sachs: si allarga divario tra dati macro Hard e Soft. Ecco cosa farà la Fed
Soft data e Hard data: il divario tra queste due categorie di dati macro si sta allargando. Lo fa notare Jan Hatzius, responsabile economista di Goldman Sachs. Nel report appena pubblicato US Views: Sentiment vs. Hard Data, Hatzius conferma che il report occupazionale Usa, reso noto lo scorso venerdì, “è stato rassicurante”.
“Nonostante la crescita dei posti di lavoro sia stata (comunque lievemente) al di sotto delle stime, pari a +136.000 unità, le revisioni al rialzo che hanno interessato i dati dei mesi precedenti hanno fatto sì che la media mobile a tre e sei mesi rimanesse superiore alla soglia di 150.000 unità“, ha scritto l’economia, aggiungendo che, tuttavia, proprio il report occupazionale “ha reso più profonda la frattura tra gli indicatori hard dell’attività economica e i dati soft molto più deboli, soprattutto nel caso dell’ Ism manifatturiero“.
Hatzius ha citato a tal proposito “il nostro indicatore complessivo, relativo all’attività corrente (CAI), che si è attestato a settembre all’1,3%, bene o male dove oscilla dalla scorsa primavera. Tuttavia, scomponendo il dato, emerge che la componente Hard del CAI è stata pari al 2,5%, rispetto ad appena lo 0,4% della componente soft“. E “questa differenza è inversa rispetto a quanto abbiamo visto nei primi 18 mesi della presidenza di Donald Trump, quando la componente hard della CAI puntava a una crescita del 2% circa, mentre quella soft indicava una espansione di quasi il 4%. Tornando ancora più indietro, la componente hard si è mostrata relativamente stabile, attorno al 2%, per la maggior parte del tempo della ripresa economica, mentre quella soft ha oscillato in un range molto più ampio, con cali periodici fino a valori vicini allo zero a metà 2011, fine 2012 e inizi 2016″, in via comunque temporanea.
Da segnalare che, in generale, gli Hard data – come le vendite al dettaglio e il report occupazionale Usa – sono fatti verificabili, basati su numeri precisi provenienti da fonti considerate affidabili. I soft data sono fatti di cui si viene a conoscenza, invece, attraverso valutazioni, sondaggi, rating.
Finora, ha spiegato Hatzius la componente soft dell’indicatore CAI di Goldman Sachs ha riportato scivoloni che – come detto prima – si sono confermati temporanei. Stavolta, le cose potrebbero essere però diverse, visto che la debolezza della fiducia delle imprese che ha zavorrato il sottoindice soft “riflette l’aumento delle incertezze politiche“.
Aumento che è improbabile che, così crede l’economista di Goldman Sachs, vada via presto”, soprattutto considerando la guerra commerciale in corso.
E’ certo possibile, ed è questa la view di Goldman Sachs, che “l’aumento delle tariffe Usa su $250 miliardi di importazioni cinesi verrà posticipato, almeno per un breve periodo di tempo, al fine di consentire alle delegazioni (che torneranno a sedersi al tavolo delle trattative giovedì e venerdì di questa settimana) di raggiungere un accordo mini (..) Tuttavia, a prescindere dall’esito di breve termine, secondo Hatzius è improbabile che le tensioni commerciali finiscano presto. Di conseguenza, un vero e proprio accordo tra Stati Uniti e Cina potrebbe arrivare nel migliore dei casi dopo le elezioni presidenziali Usa del 2020.
In questo contesto, Hatzius prevede che la politica monetaria della Federal Reserve rimarrà espansiva, con un ulteriore taglio dei tassi sui fed funds in occasione del meeting del Fomc del 29-30 ottobre. Tra l’altro, “a seguito del rally del mercato dei bond, che si è rinnovato nelle ultime settimane, il mercato sta prezzando ancora un taglio ai tassi dell’1% entro la fine del 2020, dunque altri due-tre tagli successivi a quello di ottobre”.