Notizie Notizie Mondo Fuga dalla borsa di Londra. Il caso ‘idiozia Brexit’

Fuga dalla borsa di Londra. Il caso ‘idiozia Brexit’

3 Maggio 2023 14:30

Si riaccende il dibattito Brexit in UK dopo la mancata Ipo alla borsa di Londra

Nel Regno Unito in cui ha trionfato la Brexit, la Borsa di Londra si appresta a vivere la metamorfosi più importante dagli anni ’80.

Obiettivo: frenare l’esodo di quelle società di tutto il mondo che continuano a fuggire dalla City.

Il tema è caldo, vista la proposta che l’autorità dei mercati finanziari UK FCA sta presentando per rivoluzionare il London Stock Exchange e viste anche le aspre critiche contro la Brexit e i suoi effetti rinfocolate dopo il caso della quotazione (mancata) di ARM.

SoftBank, la conglomerata made in Japan, ha deciso infatti di lanciare l’Ipo prevista per la sua controllata ARM, società britannica produttrice di semiconduttori,  non a Londra, ma a New York, presentando una richiesta formale di quotazione alla Securities and Exchange Commission, l’Autorità made in Usa.

Niente Ipo di ARM a Londra. Esplode il caso “Idiozia Brexit”

Tra i motivi ci sarebbe in parte “l’idiozia Brexit”, come ha detto chiaro e tondo il co-fondatore del gruppo di Cambridge, Hermann Hauser.

Pur non escludendo la possibilità che ARM sbarchi anche a Londra con una quotazione secondaria, Softbank ha deciso che il debutto in Borsa dell’azienda avverrà a Wall Street:

uno schiaffo in faccia al Regno Unito, alla City e allo stesso governo britannico guidato dal premier Rishi Sunak, che aveva lavorato duro affinché l’Ipo venisse lanciata in UK.

E invece no. E secondo Hauser tra i motivi c’è la Brexit, ovvero il divorzio del Regno Unito dall’Unione europea.

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Vale la pena di ricordare che l’obiettivo di ARM è di raccogliere fino a 10 miliardi di dollari, l’equivalente di 8 miliardi di sterline, dunque di raggiungere in Borsa una valutazione compresa tra i 30 miliardi e i 70 miliardi di dollari.

L’Ipo della società UK che fa parte della galassia di Softbank potrebbe dunque confermarsi tra quelle record di Wall Street previste per questo anno.

Il problema per il Regno Unito è che, secondo Hauser, se l’Ipo fosse lanciata al London Stock Exchange, il gruppo incontrerebbe non poche difficoltà a raccogliere la cifra su cui punta.

E “Softbank ha davvero bisogno di soldi per dare un ulteriore sostegno alla crescita di ARM”, ha detto il co-fondatore, intervistato dalla radio della BBC.

Secondo Hauser “il problema è che un’Ipo lanciata su due mercati azionari diversi richiede una quantità enorme di lavoro, con uno sforzo amministrativo doppio”.

A questo si aggiunge il fatto che “New York è ovviamente un mercato molto più profondo rispetto a quello di Londra, in parte a causa della idiozia Brexit, che ha portato Londra a soffrire molto in termini di immagine (e di reputazione) all’interno della comunità internazionale”.

Il messaggio del co-fondatore di ARM è netto: l’idiozia Brexit ha deturpato l’immagine della borsa di Londra.

Per chi vuole lanciare una Ipo e scegliere la strada della quotazione, dunque, molto meglio Wall Street, contro cui, per ovvi motivi, il London Stock Exchange già era in competizione in passato.

Borsa di Londra: il piano per fermare l’esodo

La crisi della borsa di Londra come destinazione per le Ipo non è certo nata con ARM, in un momento in cui l’Autorità di Borsa ha lanciato un round di consultazioni per ovviare al problema che si è presentato alla City di Londra con la Brexit.

L’esodo è lampante. Tra i casi emblematici quello del colosso UK fornitore di materiali da costruzione, numero uno al mondo, CRH, che a marzo ha annunciato l’intenzione di lanciare l’Ipo alla borsa di New York.

L’obiettivo dell’Autorità FCA è dunque di sfoltire alcune norme per evitare che l’emorragia finisca con il dare il colpo di grazia alla City.

La proposta ha come priorità quella di aiutare i fondatori delle società britanniche a detenere il controllo delle rispettive aziende, attribuendo loro azioni che riconoscano maggiori diritti di voto.

Se l’iniziativa venisse approvata, a ogni società quotata corrisponderebbe inoltre una classe unica di azioni e non due.

Così facendo, si direbbe addio al segmento “premium” delle azioni, di cui in futuro potrebbero far parte soltanto società caratterizzate da standard di governance particolarmente solide.

Ancora, con la metamorfosi, così come avviene negli Stati Uniti, i vertici delle società non avrebbero più bisogno di ottenere l’approvazione degli azionisti per realizzare grandi transazioni, anche di M&A.

Il punto, tuttavia, è che il nuovo impianto normativo, come ha ammesso la stessa autorità FCA, finirebbe con il trasferire “un rischio più alto” agli investitori.

D’altronde, l’ok degli azionisti non sarebbe più richiesto neanche più per transazioni come operazioni di acquisizioni.

La crisi della City dall’anno della Brexit

Il dibattito su cosa sia meglio fare impedire che la borsa di Londra diventi una sorta di borsa paria è vivo, come emerge dalle riflessioni di Nils Pratley nell’articolo del Guardian FCA’s plan for stock market reform is both depressing and pragmatic.

Spaventano i numeri della grande fuga dalla City.

“Il numero delle aziende quotate sul mercato principale di Londra è sceso del 40% dal 2008. Allo stesso tempo, i fondi pensione e le compagnie di assicurazione hanno tagliato la corda, dirigendosi verso i bond, considerati più sicuri. Se detenevano il 52% del mercato nel 1990, ora sono presenti con una quota pari ad appena il 4%”.

La crisi della City si è sicuramente intensificata a seguito della Brexit (ma non solo, visto che i numeri del crollo risalgono al 2008, anno della crisi finanziaria globale).

Alla fine del 2022, il mercato azionario britannico ha perso lo scettro di borsa più grande in Europa, che ora è la borsa di Parigi.

La debolezza della sterlina, il timore di una recessione e il balzo delle vendite delle case di moda francesi hanno portato la borsa di Londra a valere meno di quella parigina, per la prima volta dal 2003, anno in cui Bloomberg ha iniziato a stilare la classifica.

Già a novembre, la perdita di questo scettro era stata commentata (anche) con la Brexit.

Intervistato dalla BBC Russ Mould di AJ Bell così spiegava:

“La perdita della prima posizione nella classifica delle borse a maggiore capitalizzazione, a favore di Parigi, è un duro colpo al prestigio della City. Dal voto della Brexit del giugno del 2016, l’indice della borsa di Parigi è salito del 47% (fino al novembre del 2022), mentre il Ftse 100 di Londra è avanzato di appena il 16%”.

Mould ha tuttavia sottolineato che la perdita del valore della borsa di Londra non è da addebitare soltanto alla Brexit:

“Il mercato di Londra è esposto in modo molto più significativo a settori caratterizzati da trend imprevedibili, come quelli delle società minerarie e del petrolio; e a settori che hanno sofferto in un contesto caratterizzato da tassi di interessi pari a zero (contesto che, senza voler smentire Mould, in realtà è passato da parecchio, come dimostrano i rialzi dei tassi UK lanciati dalla Bank of England , come banche e compagnie di assicurazione; e a quei settori che possono essere considerati lenti, come utility e telecom”.

Tornando al caso ARM, l’azienda britannica è stata quotata un tempo alla borsa di Londra, e anche per parecchio, ovvero nel periodo compreso tra il 1998 e il 2016, anno in cui è stata poi rilevata da SoftBank per 24 miliardi di sterline.

Proprio in quell’anno, il Regno Unito decideva con il referendum di uscire dalla galassia dell’Unione europea.