FMI, stime di crescita al ribasso, pesano banche e inflazione. Italia fanalino di coda

Peggiora lo scenario per l’economia mondiale con il Fondo Monetario internazionale (Fmi) che ieri, nel suo ultimo World Economic Outlook, ha limato al ribasso le sue stime di crescita globale, portandole al livello più debole degli ultimi 30 anni.
Tuttavia, anche se rimangono ancora tanti ostacoli ci si aspetta comunque che le principali economie riescano ad evitare una recessione.
- Tassi e inflazione pesano sulle stime di crescita
- Le turbolenze sul comparto bancario determinano uno stato di incertezza
- Gli impatti delle turbolenze bancarie: i due scenari
- Prospettive più rosee del previsto: così il segretario del Tesoro Yellen
- Italia ultima tra i paesi del G7
- Occhio all’inflazione Core: i prezzi al consumo non hanno ancora raggiunto il picco
- Rischio sul prezzo del petrolio
Tassi e inflazione pesano sulle stime di crescita
Il Fmi si aspetta ora una crescita del Pil globale al 2,8% per quest’anno e al 3% per il 2024, con entrambi i dati che sono stati rivisti al ribasso dello 0,1% rispetto alle precedenti stime di gennaio e questi segnerebbero un deciso rallentamento rispetto alla crescita segnata nel 2022 del 3,4%.
La revisione al ribasso delle stime del Fmi è stata causata principalmente dal difficile contesto macroeconomico, caratterizzato ormai da parecchio tempo da tassi di interesse in aumento per combattere l’inflazione cronicamente elevata, nonché delle incertezze sul comparto bancario in seguito al fallimento di due grandi banche americane.
Le turbolenze sul comparto bancario determinano uno stato di incertezza
“Con il recente aumento della volatilità dei mercati finanziari, si è addensata la nebbia sulle prospettive dell’economia globale“, tuona il Fmi. “L’incertezza è alta, con il settore finanziario che rimane instabile” e questa situazione “di fragilità delle banche potrebbe creano rischi per la crescita globale”, avverte Pierre-Olivier Gourinchas, il capo economista del Fmi.
Le banche stanno infatti affrontando costi di finanziamento più alti a causa dell’aumento dei tassi e perdite più elevate su alcune attività (come le obbligazioni a lungo termine), “mettendole così in una “situazione più precaria” e questo potrà potenzialmente portare ad un ritiro dei prestiti”, ha dichiarato il capo economista del Fmi.
Tuttavia, “i rischi di contagio all’interno del sistema bancario internazionale sono stati contenuti da forti azioni politiche in seguito ai fallimenti delle due banche regionali statunitensi, oltre che in seguito alla fusione forzata di Credit Suisse con Ubs“.
Gli aumenti dei tassi di interesse hanno infatti aumentato la vulnerabilità delle banche e le ultime turbolenze nel settore non hanno fatto altro un ulteriore strato di incertezza che si va ad aggiungere ad un’inflazione ostinatamente alta, oltre che alle ricadute della guerra in Ucraina.
Nonostante tutto, “le banche centrali e le autorità finanziarie hanno dimostrato di avere gli strumenti per affrontare le criticità e dovrebbero rimanere concentrate sulla riduzione dell’inflazione“.
Gli impatti delle turbolenze bancarie: i due scenari
Il rapporto del Fondo Monetario internazionale include anche due analisi che mostrano gli impatti delle turbolenze finanziarie, e se da una parte alcuni di questi scenari rivelano un impatto moderato sulla crescita globale, altri avvertono che potrebbero esserci delle conseguenze ben più gravi per la crescita dell’economia globale.
Scenario plausibile: crescita nel 2023 al 2,5%
In uno scenario ritenuto “plausibile”, lo stress sulle banche più vulnerabili, “alcune come le fallite Silicon Valley Bank e Signature Bank, gravate da perdite non realizzate a causa dell’inasprimento della politica monetaria e dipendenti da depositi non assicurati“, crea inevitabilmente una situazione in cui “le condizioni di finanziamento per tutte le banche si restringono, a causa di maggiore preoccupazione per la solvibilità delle banche e per via delle potenziali esposizioni in tutto il sistema finanziario“.
In tal senso, questo “moderato inasprimento” delle condizioni finanziarie potrebbe ridurre di 0,3 punti percentuali la crescita globale nel 2023, portandola così al 2,5%.
Scenario grave: crescita del 2023 all’1%
Ma non solo, il Fmi include nelle sue previsioni anche uno “scenario grave” al ribasso con impatti molto più ampi, spinti dai crescenti rischi di bilancio delle banche, che hanno portato a forti tagli dei prestiti negli Stati Uniti e in altre economie avanzate. In questo contesto si dovrebbe assistere anche ad “un forte calo della spesa delle famiglie, oltre che una fuga “risk-off” dai fondi di investimento verso beni rifugio denominati in dollari“.
Fortunatamente questo scenario è ritenuto poco probabile (probabilità inferiore al 15%) e potrebbe ridurre la crescita globale di ben 1,8 punti percentuali nel 2023, riducendola all’1,0%, un livello che implica una crescita del Pil pro capite prossima allo zero.
In questo scenario avverso, il Fondo Monetario Internazionale stima che l’impatto negativo “potrebbe essere circa un quarto dell’impatto recessivo a cui abbiamo assistito in occasione della crisi finanziaria del 2008-2009″.
Teniamo presente che durante i due decenni pre-pandemia (2000-2009 e 2010-2019) la crescita media è stata del 3,9% e del 3,7% l’anno”, percentuali di crescita maggiori di quelle previste per il biennio 2023-2024.
Prospettive più rosee del previsto: così il segretario del Tesoro Yellen
“Non esagererei con il pessimismo sull’economia globale“, ha affermato il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, che in una conferenza stampa si è mostrata ottimista riguardo alle prospettive globali, dato che un certo numero di economie avanzate ed emergenti stanno mostrando resilienza.
Da questo punto di vista le prospettive del Fmi per gli Stati Uniti sono leggermente migliorate, con una crescita stimata dell’1,6% per quest’anno rispetto all’1,4% previsto a gennaio (1,1% nel 2024, +0,1%), e questo grazie principalmente alla forza del mercato del lavoro.
Tuttavia, il Fondo ha tagliato le stime di crescita di alcune delle principali economie, tra cui la Germania, che ora prevede una contrazione dello 0,1% nel 2023; ma anche per il Giappone, dato che ora si prevede una crescita dell’1,3% quest’anno invece dell’1,8% previsto a gennaio.
In frenata anche l’economia dell’area euro, con il dato che dopo il +3,5% messo a segno nel 2022, ora il Pil della zona euro è atteso crescere quest’anno dello 0,8% (+0,1% sulle stime di gennaio) e dell’1,4% il prossimo (-0,2%).
Le stime di crescita della Cina per quest’anno e il prossimo sono fissate al 5,2% e al 4,5%, mentre quelle per l’India sono state riviste al ribasso al 5,9% nel 2023 e al 6,3% nel 2024 (-0,5%).
Italia ultima tra i paesi del G7
Secondo le stime del Fmi, l’economia italiana si espanderà quest’anno dello 0,7%, ovvero lo 0,1% in più rispetto alle precedenti previsioni di gennaio. Il 2024 non dovrebbe comunque registrare gradi accelerazioni, con un Pil in rialzo dello 0,8% che colloca il nostro paese di nuovo in ultima posizione tra i paesi del G7 .
Quest’anno a fare peggio di noi ci sarà la Germania per cui è previsto un Pil piatto (+ 0,1%) che dovrebbe eprò riprendersi con più energia nel 2024 (+1,1%).
Si contrae, anche se meno del previsto, l’economia della Gran Bretagna: il Pil è atteso in calo dello 0,3% nel 2023 per poi crescere dell’1,0% nel 2024.
Il Fondo conferma invece la stima per l’economia della Francia nel 2023 a +0,7%, pur rivedendo al ribasso di 0,3 punti percentuali quella per il 2024 a +1,3% .
Occhio all’inflazione Core: i prezzi al consumo non hanno ancora raggiunto il picco
Altri rischi al ribasso evidenziati dal FMI includono un’inflazione costantemente elevata ormai da più di un anno, una situazione che costringe le principali banche centrali ad aumentare ulteriormente i tassi di interesse; il tutto unito al clima di guerra in Ucraina, oltre che alle battute d’arresto nella ripresa della Cina a causa del Covid-19.
Rimanendo in tema inflazione, il Fmi ha alzato le previsioni sull’inflazione “core” che ora per il 2023 è vista al 5,1%, rispetto al 4,5% previsto a gennaio, affermando che in molti paesi, nonostante la riduzione del costo dell’energia e dei generi alimentari, la crescita dei prezzi al consumo non ha ancora raggiunto il picco.
Rischio sul prezzo del petrolio
Le previsioni del Fmi non includono l’impatto di un recente taglio della produzione di petrolio da parte dei paesi OPEC+, una situazione che ha innescato un’impennata dei prezzi del petrolio. Nel dettaglio, le stime del Fmi presuppongono un prezzo medio globale del petrolio nel 2023 di 73 dollari al barile, ben al di sotto del prezzo dei futures del greggio Brent di 84 dollari di lunedì, ma da questo punto di vista, lo stesso economista del Fmi Gourinchas ha affermato che non è chiaro se questo livello possa essere sostenuto.
“Teniamo conto che per ogni aumento del 10% del prezzo del petrolio, i modelli del FMI mostrano una riduzione della crescita di 0,1 punti percentuali e un aumento dell’inflazione di 0,3 punti percentuali”, ha affermato Gourinchas.