Draghi torna Mr. Whatever It Takes. Nuova missione salva-Europa con il rapporto sulla competitività UE
Mario Draghi torna a indossare i panni di Mr. Whatever It Takes per salvare l’Europa, impantanata in una fase di profondo letargo e di crescita anemica.
Stavolta, la missione dell’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio non è quella di strappare l’Europa dalle grinfie della crisi dei debiti sovrani, come fece più di un decennio fa, con la famosa frase ‘l’euro è irreversibile’ e con il lancio di diversi bazooka di politica monetaria senza precedenti, ormai entrati a far parte del DNA dell’Eurotower.
L’obiettivo, stavolta, è di salvare l’Europa da quella fase di debolezza cronica in cui è precipitata, vittima di se stessa e della sua incapacità di farsi una vera Unione europea. L’obiettivo è dunque dire basta, con le parole e soprattutto con i fatti, a quella situazione che sta vedendo il continente scivolare sempre più indietro rispetto alle altre economie globali, Stati Uniti e Cina in testa, in termini di produttività, di crescita, di competitività.
Draghi: l’Europa non può più ignorare la crescita debole
Nella giornata di oggi, lunedì 9 settembre 2024, Mario Draghi ha presentato finalmente a tutto il mondo quel rapporto sulla competitività che gli era stato commissionato un anno fa circa, dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Quella ricetta di Draghi per salvare di nuovo l’Europa è stata finalmente annunciata, dopo essere stata presentata la scorsa settimana gli ambasciatori UE e i leader dei gruppi del Parlamento europeo, in un incontro a porte chiuse.
“E’ parecchio tempo che diciamo che la crescita dell’economia in Europa rallenta“, ha detto oggi Draghi, presentato dalla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen.
L’ex premier ha ricordato subito, iniziando il suo discorso, chequeste condizioni di debolezza sono state ignorate dalla stessa diretta interessata, ovvero dall’Europa stessa, fino a due anni fa, quando i connotati del mondo intero, per ragioni anche geopolitiche (vedi guerra in Ucraina) sono stati totalmente stravolti.
D’altronde, fino a due anni fa, ha ricordato Draghi, “le cose stavano andando bene, sia per la globalizzazione, sia per il calo costante della disoccupazione”.
Ma il mondo di oggi, ha fatto notare il banchiere, non è più quello di ieri, e la debolezza della crescita europea non può essere più ignorata, in quanto “le condizioni dell’economia sono cambiate”.
Ovvero?
“Il commercio globale sta rallentando, la Cina si sta indebolendo molto ed è diventata molto meno aperta nei nostri confronti: è, anzi, in competizione contro di noi, sui mercati globali e su tutti i fronti – ha ricordato Draghi – Abbiamo perso il nostro principale fornitore economico di energia, la Russia, e dobbiamo anche avviare il nostro sistema di difesa per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale”.
“Allo stesso tempo – è stato l’altro avvertimento – questo è il primo anno in cui l’Europa non potrà contare sulla crescita della propria popolazione. La sua popolazione è prevista scendere in modo costante al punto che, entro il 2040, il numero dei lavoratori scenderà di due milioni di lavoratori l’anno, ogni anno”.
Il nodo della produttività
Di conseguenza, è stato questo il monito di Draghi, “ora più che mai dovremo fare affidamento sulla nostra produttività“.
A tal proposito Draghi è andato subito al nocciolo del problema, ovvero alla debolezza della produttività.
“La produttività è debole, molto debole”, in Europa, ha detto l’ex premier; nel frattempo, l’Unione europea si è preposta di raggiungere alcuni obiettivi precisi, come “la digitalizzazione, la decarbonizzazione, il rafforzamento della nostra difesa e, prima di tutto, così come ho scritto nel mio rapporto”, in quanto “vogliamo preservare il nostro modello sociale”.
Per soddisfare queste necessità, tuttavia, sono necessari investimenti massicci, che dovrebbero salire secondo Mario Draghi fino al 5% del Pil.
Draghi promuove bazooka investimenti
Nel rimarcare alcuni pilastri fondamentali su cui l’Europa deve reggersi, l’ex premier ha lanciato così il seguente alert: l’Unione europea è a rischio senza debito comune e senza enormi spese.
Enormi spese, ovvero enormi investimenti:
“L‘Unione europea deve spendere 750 miliardi di euro in più l’anno per competere a livello globale“, e deve procedere per l’appunto a “una emissione regolare di debito comune”.
Nell’introduzione del rapporto sulla competitività presentato in via ufficiale nella giornata di oggi – rapporto di 400 pagine circa – l’ex premier ha scritto, di fatto, che l’area euro ha bisogno di investimenti aggiuntivi del valore di 750-800 miliardi di euro l’anno, fino al 5% del Pil, a livelli visti l’ultima volta negli anni ’60 e ’70, dunque molto oltre gli investimenti pari all’1-2% del Pil che vennero varati con il piano Marshall lanciato dopo la Seconda Guerra Mondiale per la ricostruzione dell’Europa.
Comune è una delle parole su cui l’ex presidente del Consiglio ha posto di più l’accento, nel suo discorso:
“L’Unione europea necessita di una Unione dei mercati dei capitale con una sola autorità di controllo“, ha detto ancora il banchiere italiano.
Draghi ricorda i “valori fondanti dell’Europa”
Diversi i problemi dell’Europa affrontati da Mario Draghi.
Tra questi, il fatto che la crescita dell’economia UE si confermi “più debole in modo persistente” rispetto a quella degli Stati Uniti e i dubbi conseguenti nella capacità del blocco di fare passi avanti nel percorso imprescindibile della digitalizzazione e della decarbonizzazione, al punto tale da riuscire a competere con le economie rivali.
“Se l’Europa non sarà capace di diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non saremo capaci di diventare in una sola volta leader nelle nuove tecnologie, faro della responsabilità climatiche, player indipendente della scena globale. Saremo costretti a ridurre alcune, se non tutte, le nostre ambizioni”.
La vera questione è che la realizzazione delle ambizioni è cruciale per tutelare lo stesso significato e la stessa ragion d’essere dell’Europa.
Draghi ha spiegato infatti la necessità di perseguire le ambizioni prefissate, di conseguenza di provvedere al finanziamento per la loro realizzazione, proprio con il significato intimo dell’Europa, i suoi valori fondanti, che sono “prosperità, equita, libertà, pace e democrazia in un mondo sostenibile”. Valori che, se non più assicurati, “faranno perdere all’Europa la sua stessa ragione d’essere”. In questa situazione, valori come “il clima e la crescita sono intimamente connessi con i valori fondanti”, ha puntualizzato Draghi, parlando così di “sfida esistenziale” per l’Europa.
E’ dunque necessario avviare “un cambiamento radicale” in modo “urgente e concreto”: è stato l’appello lanciato all’UE dall’ex timoniere della Banca centrale europea, che ha detto di aver visto proprio nelle parole di “urgenza e concretezza” le caratteristiche con cui definirebbe l’essenza del messaggio che ha deciso di lanciare con il suo rapporto sulla competitività.
Draghi ha ricordato che il suo rapporto ha presentato “nuove strategie industriali per l’Europa, contenenti diverse proposte di diverso tipo, nella consapevolezza del fatto che “non partiamo da zero”.
“L’innovazione è il primo pilastro di questo rapporto”, ha continuato, ribadendo che l’Europa arranca dietro agli Stati Uniti. E “non perchè mancano menti brillanti o buone idee, ma perchè ci sono troppe barriere che ostacolano la commercializzazione delle innovazioni“.
Fatto a tal proposito un esempio: “a partire dal 2008 una percentuale vicina al 30% dei cosiddetti unicorni, ovvero di aziende destinate a valere più di 1 miliardo di euro, nate in Unione europea, ha lasciato l’Europa, con la maggioranza che si è trasferita negli Stati Uniti”.
Di qui il monito:
“Questa situazione deve cambiare: l’Europa deve diventare un posto dove l’innovazione prospera, specialmente per le società tecnologiche digitali”.
“Vogliamo che decarbonizzazione diventi una fonte di crescita”
Un altro obiettivo su cui l’Europa deve puntare, per l’ex presidente del Consiglio, è la capacità di “combinare la decarbonizzazione con la competitività”, in linea con la seguente ambizione:
“Noi vogliamo che la decarbonizzazione diventi una fonte di crescita. Se tutte le politiche saranno sincronizzate con i nostri obiettivi climatici (e si tratta di un ‘grande se’) la decarbonizzazione diventerà una opportunità di crescita; se invece non riusciremo a coordinare le nostre politiche, il rischio è che la decarbonizzazione andrà in senso opposto rispetto alla competitività e alla crescita: abbiamo l’opportunità di abbassare i prezzi energetici che paghiamo”.
Più volte con il suo discorso, Draghi ha rimarcato l’importanza di apportare un cambiamento radicale con urgenza, lanciando un appello affinché si abbandoni quell’illusione che porta l’Europa a credere che “solo la procrastinazione può preservare il consenso”.
E invece no. Finora “la procrastinazione ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha aggiunto più consenso”.
Per l’ex presidente del Consiglio, l’Europa “ha raggiunto un punto in cui, se non agirà, sarà costretta a scegliere “tra il suo welfare, il suo clima e la sua libertà”.
Ma ovviamente, per assicurare che l’Europa agisca davvero come Unione, è fondamentale migliorare anche la sua governance, in un contesto “in cui stiamo diventando più piccoli che mai rispetto alle sfide che si stagliano di fronte a noi”.
Non solo:
“Per la prima volta dalla Guerra Fredda dobbiamo davvero temere per la nostra sopravvivenza” – ha detto ancora Draghi, chiudendo il discorso dicendosi comunque “fiducioso nel fatto che troveremo la forza di cambiare nella nostra unione”.
Draghi pro eurobond: nel rapporto l’appello a debito comune
Dal paladino e fermo sostenitore degli eurobond non poteva mancare l’appello a favore dell’emissione di più strumenti di debito comune, dunque di un safe asset europeo. E questo nuovo ennesimo appello non poteva sfuggire alla platea degli economisti e degli analisti.
Le parole di Mario Draghi sono state riprese in particolare dall’esperto dei mercati Holger Zschaepitz che, con un post su X, ha ricordato che il nuovo bazooka concepito dall’ex presidente della Bce include investimenti UE aggiuntivi fino a 800 miliardi di euro l’anno, “al fine di rendere il blocco più competitivo”.
L’altra grande ricetta è, per l’appunto, “l’emissione di bond comuni” che permetta all’Europa di finanziare i suoi obiettivi e di “competere con la Cina e con gli Stati Uniti”.
“L’Unione europea dovrebbe muoversi verso l’emissione regolare di asset sicuri comuni, al fine di rendere possibili progetti di investimenti comuni tra gli stati membri e per contribuire così all’integrazione dei mercati dei capitali”, è scritto nero su bianco nel rapporto di Draghi, che conferma gli appelli che l’ex premier ha lanciato più volte, a favore di quella soluzione osteggiata puntualmente dal cosiddetto Asse del Nord.
E che porta investitori, cittadini comuni e istituzioni a chiedersi se davvero questi paesi del Nord Europa riusciranno a superare il tabù degli eurobond. Nel frattempo, il suo lavoro Mario Draghi lo ha di nuovo fatto. Tocca all’Europa, a questo punto, dare un segnale che sia, possibilmente, urgente e concreto.
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