Disastro Italia: Ue vede Pil più basso, deficit e debiti più alti. Spagna virtuosa docet, Madrid umilia Roma
La gelata, per l’economia italiana, non è arrivata tanto con le previsioni primaverili snocciolate dalla Commissione europea, che hanno confermato, sostanzialmente, le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni. La vera gelata, anche per il governo M5S-Lega e per tutti i fan delle varianti della Teoria Monetaria Moderna, è l’esempio della Spagna.
Finora, come fa notare Federico Fubini in un articolo del Corriere della Sera, Roma continuava anche a deridere in qualche modo la crescita del Pil spagnolo, facendo notare che il paese faceva leva sul deficit per espandere la propria economia.
Invece ora, per la prima volta in un decennio, il paese avrà un disavanzo minore e un tasso di crescita molto maggiore rispetto alla crescita anemica dell’economia italiana.
La tesi di chi critica la Spagna, insomma, non tiene più, e stavolta sono i fatti che parlano.
Il paese è diventato tra quelli a più alto tasso di crescita dell’Europa. L’economia iberica è cresciuta nel primo trimestre del 2019 al ritmo dello 0,7%, al record in due anni e, stando alle stime ufficiali, è prevista espandersi al tasso del 2,2% nel corso del 2019, il doppio rispetto a diversi paesi dell’Eurozona, umiliando il +0,2% appena atteso per l’Italia: +0,2% che è quello previsto dal governo M5S-Lega, visto che oggi, con la pubblicazione delle previsioni economiche primaverili, la Commissione europea ha rivisto al ribasso il proprio outlook sull’Italia, prevedendo ora una espansione di appena +0,1%.
Ciò che fa temere davvero riguardo al futuro dell’Italia è il costante deterioramento dei conti pubblici previsto. Il rapporto deficit-Pil dell’Italia si attesterà secondo Bruxelles al 2,5% quest’anno per poi volare al 3,5% nel 2020.
Il rapporto debito-Pil è stimato al 133,7 per cento nel 2019 e al 135,2 per cento nel 2020.
Bruxelles, che oggi ha reso note le proprie previsioni economiche primaverili, si attende un rialzo anche per il deficit strutturale: 2,4% nel 2019 e 3,6% nel 2020.
Tutto questo, mentre alla fine di aprile Madrid ha tagliato l’outlook sul deficit del 2018 dal 2,63% al 2,48%, in linea con le previsioni dell’Eurostat.
Si tratta di un miglioramento notevole rispetto al deficit del 3,08% archiviato nel 2017 e della prima volta, dai tempi della crisi economica che ha colpito il paese dal 2008 al 2013, in cui il dato è sceso sotto la soglia del 3% stabilita da Bruxelles.
Il debito-Pil della Spagna ha concluso inoltre il 2018 in calo al 97,09%, rispetto al 98,12% di fine 2017.
Per il 2019, la Spagna prevede inoltre di continuare a seguire questo percorso virtuoso, che le permetterà di aumentare le entrate fiscali di 5,6 miliardi di euro nel 2020 con nuove tasse sui servizi digitali e sulle transazioni finanziarie. Ciò non impedirà alla sua economia di espandersi a un tasso del 2,2%, in lieve indebolimento rispetto al 2,6% del 2018, ma comunque a un ritmo di tutto rispetto, se si considera che si sta parlando di un’espansione superiore al 2%.
L’esempio Spagna dà anche ragione a tutti coloro, economista Carlo Cottarelli in primis, che fanno notare come l’Italia rischi una nuova recessione e che, nonostante questo, “c’è chi non lo capisce”.
Ovvio riferimento al governo M5S-Lega che, di recente, ha esultato per una crescita del Pil da zero virgola. E’ vero: l’Italia è uscita dalla recessione, ma quel debole segno più pari a +0,2% del primo trimestre reso noto dall’Istat sembra una beffa rispetto alle ambiziosi dell’esecutivo giallo-verde.
Tra l’altro, su base annua, il rialzo è di appena +0,1%. Insomma, crescita in stile encefalogramma piatto, a cui fa fronte l’ottimismo del ministro dell’economia Giovanni Tria e la convinzione del premier Giuseppe Conte che, se l’Italia ha riiniziato a crescere, è per merito della manovra M5S-Lega.
Qualche sospetto sul fatto che le cose non stiano andando come sperato, i vari Tria-Conte-Salvini-DiMaio lo avranno sicuramente, se si considera che il Def approvato a inizio aprile dal Consiglio dei ministri ha confermato come il governo M5S-Lega sia stato costretto a peggiorare tutte le stime.
Incredibile il downgrade che ha interessato le previsioni sul Pil, passate dal +1% precedente (che ancora prima erano per una espansione dell’1,5%), ad appena lo 0,2%.
Il punto è che diversi governi, non solo quello italiano, hanno basato le loro stime sull’assunto secondo cui nel secondo semestre di quest’anno la situazione economica globale sarebbe migliorata, anche a causa di un accordo per sventare la guerra commerciale che i negoziati tra l’America First di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping sarebbero riusciti a raggiungere.
E invece mancavano solo i tweet di Donald Trump che, così all’improvviso, hanno fatto cadere le speranze. Non solo: il presidente americano ha freddato i mercati preannunciando un aumento dei dazi doganali dal 10% al 25% su $200 miliardi di prodotti cinesi. Aumento che potrebbe scattare a partire dal prossimo venerdì.
Non poteva mancare la reazione del Fondo Monetario Internazionale, con il numero uno Christine Lagarde che ha ammonito che le tensioni tra Pechino e Washington rappresentano una minaccia per l’economia mondiale. Sempre oggi, sono arrivati segnali contrastanti riguardo al trend dell’economia italiana.
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (Unc), ha ammesso la presenza di qualche miglioramento ma ha commentato il rapporto dell’Istat che era stato diramato poco prima affermando che “l’Istat ci ricorda anche che la lieve ripresa non è stata alimentata dalla componente nazionale ma dalla domanda estera e che le prospettive economiche continuano a essere caratterizzate da rischi al ribasso”.
E proprio qui rientra il discorso delle conseguenze che uno shock dazi avrebbe sull’Italia: situazione che, come ha ricordato Cottarelli, rischierebbe di alimentare un attacco speculativo contro il paese, che cresce solo grazie alla componente dell’export.
La nota dell’Istat, pur riconoscendo la ripresa del Pil dalla recessione in cui era scivolato a fine 2018 e il miglioramento anche del mercato del lavoro ha avvertito che le prospettive economiche restano caratterizzate da rischi al ribasso.
Nella nota mensile sull’andamento dell’economia italiana pubblicata stamattina, l’Istat ha scritto anche che “ad aprile, il clima di fiducia dei consumatori è diminuito per il terzo mese consecutivo“, anche se “l’indicatore anticipatore ha registrato una flessione meno marcata rispetto ai mesi precedenti, prospettando un possibile miglioramento dei ritmi produttivi”.
E, sempre a proposito di mercato del lavoro, la beffa arriva dalla stessa Commissione europea, che oggi ha reso noto di ritenere che il tasso di disoccupazione in Italia si attesterà a un livello “vicino all’11% quest’anno“, se si considera che è “probabile che il nuovo sistema del reddito di cittadinanza aumenterà il numero di persone che si registrano ufficialmente come disoccupati, e che dovranno quindi essere conteggiate nella forza lavoro”.
Certo, l’Ue ha precisato che si tratterà di un effetto statistico dovuto al fatto che l’iscrizione agli uffici di collocamento è tra le condizioni per ottenere il reddito di cittadinanza. Ma anche questo effetto statistico sa di beffa. Di certo non come le parole del Commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, che no n rinunciata al piatto freddo della vendetta.
Moscovici parla della novità arrivata lo scorso settembre: “ricordate che la previsione di crescita era dell’1,5%” nella nota di aggiornamento al Def varata dal governo? Quella nota, sottolinea oggi, “annunciava risultati spettacolari, una sorta di rilancio keynesiano che avrebbe cambiato tutto”.
E invece, “poi la previsione è stata rivista e brutalmente abbassata, allo 0,2 per cento”.