Credit Suisse e fuga depositi shock. I numeri del disastro
Credit Suisse: i numeri della fuga depositi. Bank run continua ancora
Arrivano, nero su bianco, i numeri della grande fuga di depositi (bank run o anche corsa agli sportelli), che hanno provocato il disastro Credit Suisse, portandola sull’orlo del fallimento.+
La banca svizzera è stata salvata lo scorso 19 marzo con una operazione di acquisizione da parte della rivale di casa UBS, orchestrata dalle autorità finanziarie elvetiche.
I numeri del bank run sono incisi nei conti di Credit Suisse relativi al primo trimestre dell’anno appena diffusi, che presentano, di fatto, l’ultima trimestrale della banca, ormai fagocitata da UBS, alla stregua di entità autonoma.
Nel bilancio si legge come l’ex gigante bancario – la cui crisi è esplosa sui mercati già gettati nel panico dal crac della banca californiana delle start up SVB – abbia assistito nei primi tre mesi dell’anno a una fuga di depositi pari a 61,2 miliardi di franchi svizzeri (l’equivalente di 68,6 miliardi di dollari).
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Credit Suisse: fuga depositi e ‘scandalo’ bond At1
Il bank run è stato tale che la divisione più importante di Credit Suisse, quella di wealth management, ha visto l’ammontare dei propri asset scendere a quota 502,5 miliardi di franchi, alla fine di marzo, in calo di quasi il 29% su base annua.
“Questi flussi in uscita (dunque la fuga di depositi) hanno rallentato il passo ma non si sono ancora invertiti in data 24 aprile, 2023“, ovvero a oggi, a conferma di come chi aveva depositato le proprie somme nella banca continui tuttora a fuggire dall’istituto, anche se inglobato da UBS.
UBS ha pagato 3 miliardi di franchi per acquistare la banca svizzera malandata Credit Suisse, che si porta dietro un’eredità fatta di scandali e di perdite.Tra le zavorre, anche gli oneri di riciclaggio di denaro sporco.
Il dramma dell’istituto non è stato dunque sicuramente uno shock per il mondo finanziario globale, che tuttavia ha gridato allo scandalo per il modo in cui il salvataggio è avvenuto.
Contrariamente alle norme dell’Unione europea, che impongono che, in caso di bail-in, i primi a pagare siano gli azionisti, le autorità finanziarie svizzere hanno deciso di penalizzare in primis gli obbligazionisti detentori di bond AT1.
Gli obbligazionisti, al momento dell’annuncio del salvataggio della banca, si sono ritrovati in mano bond di un valore pari a zero.
La decisione, ha precisato Goldman Sachs, ha dato il via alla “più grande perdita mai inflitta nella storia ai detentori dei bond AT1, dalla nascita di questa asset class successiva alla crisi finanziaria”.
Quella scelta tra l’altro ha provocato un terremoto nello stesso mercato europeo dei bond AT1, tanto da costringere la Bce guidata da Christine Lagarde, insieme all’Autorità bancaria europea (EBA) e al Comitato di risoluzione unico SRB, a rassicurare i detentori di quelle obbligazioni, con il messaggio “Da noi bond AT1 blindati”.
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Oltre all’azzeramento di quelle obbligazioni le autorità, nel convincere UBS a prendersi carico del fardello Credit Suisse, hanno offerto più di 200 miliardi di franchi di garanzie.
“Una banca così non avrebbe potuto sopravvivere”
Tornando ai conti diffusi, dopo aver sofferto una perdita monstre di 7,3 miliardi di franchi svizzeri nell’intero 2022 – concludendo l’anno peggiore dalla crisi finanziaria del 2008 – e dopo aver ammesso che un ritorno alla redditività non ci sarebbe stato prima del 2024 , Credit Suisse ha annunciato oggi, prima dell’inizio della giornata di contrattazioni, di aver incassato un utile straordinario di 12.43 miliardi di franchi svizzeri: utile legato proprio alla decisione di svalutare i suoi bond AT1 emessi per un valore di 15 miliardi di franchi.
Il valore della perdita al lordo delle tasse del primo trimestre è ammontato su base adjusted a 1,3 miliardi di franchi.
La fuga di depositi, pari a ben 61,2 miliardi di flussi in uscita nei primi tre mesi dell’anno, è stata pari al 5% degli AuM (asset under management) di Credit Suisse calcolati alla fine del 2022.
L’esodo dei depositi ha inciso inoltre – (nei primi tre mesi dell’anno) – sui flussi in uscita netti dell’unità di wealth management e dell’altra divisione Swiss Bank per il 57%.
Nel commentare i numeri arrivati con la trimestrale di Credit Suisse Frances Coppola, analista indipedente del settore bancario ha ricordato in una intervista rilasciata alla BBC che la banca aveva già assistito al bank run di miliardi di franchi nell’ultimo trimestre del 2022.
“E le banche non sopravvivono a flussi in uscita come quelli, non importa quanto grandi siano”.