Notizie Notizie Italia Chi salva i BTP? Bce dice STOP, stranieri mollano

Chi salva i BTP? Bce dice STOP, stranieri mollano

Pubblicato 10 Febbraio 2023 Aggiornato 26 Maggio 2023 09:24

Governo Meloni a caccia di investitori privati che facciano incetta di BTP, in modo da garantire la sostenibilità del debito pubblico italiano, tra l’altro a rischio con la Bce che sta staccando la spina.

La questione della chiamata alle armi agli italiani da parte della stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata commentata e ripresa da Giulia Branz, analista della divisione dei debiti sovrani di Scope, agenzia di rating tedesca che ha sede a Francoforte, in Germania.

Nella stessa città, dove ha sede la Bce, la presidente Christine Lagarde e gli altri membri del Consiglio direttivo della banca centrale si preparano a ridurre i titoli di debito dell’area euro che ingolfano da anni il bilancio dell’Eurotower.

Arriva il QT-Quantitative Tightening, confermato nel corso dell’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce del 2 febbraio scorso.

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Riferendosi al QT, la Bce ha comunicato che “il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese dall’inizio di marzo alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo”.

Ma i falchi del Nord sono già in agguato, manifestando il desiderio che lo smobilizzo dei BTP e degli altri debiti sovrani oggetto di shopping della Bce con il precedente QE avvenga a un ritmo ancora più veloce.

In prima fila l’olandese Klass Knot e il tedesco Joachim Nagel, che questa settimana hanno lanciato un appello affinché il QT proceda a un ritmo più sostenuto.

In particolare, l’olandese Knot ha ricordato che la Bce deve avere come obiettivo ultimo quello di dire stop alle operazioni di reinvestimento dei titoli giunti a scadenza, mentre Nagel ha chiesto alla banca centrale di procedere a uno smobilizzo più ambizioso dei portafoglio di titoli di stato che detiene.

A tal proposito i mercati, fanno notare gli strategist di ING, stanno già scontando la fine totale della politica di reinvestimenti, a partire dalla seconda metà del 2023.

Tra l’altro ING ritiene che i movimenti degli spread non siano stati particolarmente significativi proprio perché i mercati stanno prezzando la fine degli aiuti della Bce anche sottoforma di stop ai reinvestimenti nei titoli di stato dell’area euro.

Debito: il peso ricadrà sempre di più sulle spalle degli italiani

E’ in questo contesto, con i BTP prossimi a rimanere orfani della mano salvifica di Lagarde & Co, che Giulia Branz di Scope Ratings presenta la situazione in cui versa l’Italia.

Non proprio delle migliori: secondo i suoi calcoli gli investitori privati dovranno aumentare i titoli di stato italiani detenuti di circa 90-120 miliardi di euro all’anno, nei prossimi anni, per soddisfare sia gli elevati bisogni di finanziamento del governo che per compensare la fine degli acquisti di BTP & Co da parte della Bce.

“Il peso ricadrà sempre di più sulle spalle degli investitori italiani, nel caso in cui i rendimenti più alti non saranno sufficienti a riattrarre gli investitori privati esteri”, avverte Branz.

Per quanto riguarda la partecipazione degli investitori domestici, la strategist parla per ora di una “base rassicurante”, che acccompagna un “profilo del debito favorevole, l’attuale stabilità politica e il supporto dell’Unione europea”.

Il problema è rappresentato dal fatto che la presenza degli investitori privati, vista come elemento che possa compensare quanto acquistava la Bce, è tutta fuorché una certezza, di fronte al rischio di una volatilità del mercato che potrebbe aumentare nel caso in cui la debolezza dell’economia e delle finanze pubbliche italiane dovessero inficiare la fiducia degli investitori. Una fiducia che certo non può essere data per scontata, in questo contesto economico globale in cui tra le parole più presenti c’è quella di recessione.

Non per niente, continua Branz -, “i cambiamenti che hanno interessato le condizioni di mercato hanno mutato il bacino degli  investitori a cui attingeva il Tesoro italiano”.

In particolare gli investitori stranieri hanno ridotto la loro quota investita nei titoli di Stato italiani dal 33% del totale del 2021 al 28%, tagliando l’esposizione verso i BTP e in generale il debito italiano di 110 miliardi di euro, a 635 miliardi nell’ottobre del 2022.

Si tratta del livello minimo dal 2015, anno in cui gli investitori privati stranieri detenevano il 40% circa del totale.

 

Certo,  l’uscita di scena di molti investitori privati stranieri  potrebbe essere  compensata come in passato dagli acquisti lanciati da Bankitalia, dalle banche e da altri investitori residenti in Italia.

Ma dire questo non è poi proprio corretto visto che, con la Bce che lancia il QT, la Banca d’Italia in primis non solo non potrà fare più shopping di BTP, se non con deviazioni temporanee, ma dovrà anche ridurre le proprie quote, in quanto banca che risponde all’Eurotower, facente parte come le altre banche centrali dell’area euro all’Eurosistema.

Giulia Branz calcola che, sulla base dei piani della Bce relativi al QT, Bankitalia dovrebbe ridurre le partecipazioni che detiene nel debito pubblico italiano di un valore compreso tra 20 e 30 miliardi di euro, soltanto nel corso del 2023.

Se poi la Bce, dovesse decidere di smobilizzare a partire dal 2024 e successivamente 25 miliardi di euro di titoli di stato al mese, la riduzione annuale dei titoli di stato italiani in mano a Bankitalia potrebbe ampliarsi fino a -40 miliardi di euro nell’arco dei prossimi anni.

A caccia di acquirenti di BTP: ci vogliono fino a  120 miliardi di euro

L’analista di Scope Ratings stima così che, considerato il fatto che il Tesoro dovrà procedere a emissioni nette di 90 miliardi di euro nel 2023 e di 70-80 miliardi di euro fino al 2027, a fronte della riduzione dei BTP da parte della Bce, gli investitori privati dovrebbero aumentare i titoli di stato detenuti di un valore compreso tra 90-120 miliardi.

Il che significa che, se gli investitori stranieri non torneranno ad acquistare debito italiano nonostante l’aumento dei rendimenti, dovrebbero essere gli investitori istituzionali (occhio alle banche italiane con il doom loop, acquirenti di titoli di stato) e gli investitori retail italiani a  farsi avanti per compensare la loro assenza.

Ovviamente, per il salvataggio dell’Italia, sarebbe necessario l’apporto soprattutto degli investitori istituzionali, per la loro disponibilità di risorse.

Ma il bacino di risparmiatori italiani e l’immensa liquidità che fa il risparmio italiano sono prede che il governo italiano, in questo caso il governo Meloni, non può lasciarsi sfuggire. Tanto più se si considera che, tra l’altro, sia per scelta che per limiti legali, le banche italiane potrebbero trovarsi nella condizione di porre paletti alla loro capacità di assorbimento del debito pubblico.

La loro esposizione è infatti molto alta, fattore che rende ancora più pericoloso l’abbraccio mortale tra i BTP e gli istituti.

Si arriva dunque agli investitori retail, proprio quelli su cui sta puntando il governo Meloni.

Anche Giulia Branz riconosce le elevate risorse di cui dispongono gli italiani: asset finanziari che ammontano a 4,8 trilioni di euro, di cui 1,6 trilioni di euro sotto forma di cash e depositi: un fattore di forza chiave per le finanze dell’Italia.

Ma Branz indica anche che nell’emissione di un eventuale BTP autarchico, o BTP di guerra, BTP sovranista, con qualunque nome lo si voglia chiamare, il Tesoro dovrebbe offrire rendimenti più alti per risultare appetibile all’investitore retail.

Giulia Branz conclude scrivendo che, al momento, l’Italia può vantare una stabilità, grazie alla maggioranza parlamentare che sostiene il nuovo governo e all’impegno del governo Meloni di adottare una politica che si basa su rapporti sereni con l’Unione europea. L’outlook dell’Italia, sia in termini di crescita del Pil che di conti pubblici appare inoltre resiliente.

Viene messa in evidenza anche la resilienza dello spread e dei tassi, visto che i tassi sui BTP sono scesi al 4,25% e lo spread BTP-Bund si è ristretto a 180-200 punti base. Fattore cruciale – ha fatto notare Branz – , tanto più se si considera che tutto questo è avvenuto in assenza di qualsiasi intervento da parte della Bce, anzi, tutt’altro.

Dai dati dell’Eurotower è emersa la riduzione cumulativa netta, da parte della Bce, di BTP & Co detenuti con i suoi programmi PEPP e PSPP, pari a 746 milioni di euro, dalle elezioni italiane del settembre del 2022 a oggi.