BTP e spread pagano incognita Draghi al Quirinale. L’appello: ‘Resti presidente del Consiglio, c’è ancora tanto da fare per l’Italia”
“Per favore, Mario Draghi, resti presidente del Consiglio!” Sa decisamente di appello accorato il titolo dell’articolo di Bloomberg scritto da Rachel Sanderson – giornalista britannica già firma illustre del Financial Times. L’articolo “Mario Draghi, Please Stay Prime Minister!” riassume e commenta uno dei momenti più concitati e cruciali della politica italiana, come dimostra sui mercati finanziari il trend dello spread BTP-Bund.
Certo lo spread non prezza ‘solo’ il fattore “elezioni presidenziali”, dunque “corsa al Quirinale”: se i tassi salgono è anche per ‘colpa della Bce’.
“In area euro il 2022 inizia con il proseguimento del movimento di rialzo dei tassi governativi che ha caratterizzato le ultime sedute del 2021”, spiegano gli analisti di Mps Capital Services, continuando: “Il movimento è stato supportato anche dalle dichiarazioni dei membri hawkish della Bce Holzmann (austriaco) e Knot (olandese). Il primo favorevole ad una graduale fuoriuscita dai tassi negativi e dalle misure non convenzionali già quest’anno ed il secondo che ha evidenziato come, a suo avviso, la Bce dovrebbe alzare i tassi ad inizio 2023″.
Anche su questo punto, le incertezze e le incognite non mancano, nonostante i tentativi quasi disperati della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, di spiegarsi e spiegare quelle che saranno probabilmente le prossime mosse di politica monetaria.
Spread BTP fin oltre 140, con ansia Draghi-Quirinale + Bce
Detto questo, l’apertura di Mario Draghi al Quirinale non è stata certo di aiuto, in quanto i mercati hanno iniziato a scontare la fine dell’idillio tra l’Italia e gli investitori, con Draghi fuori da Palazzo Chigi.
E così la tensione ha portato lo spread a superare quota 140: oggi il differenziale tra tassi decennali dei BTP e dei Bund tedeschi oscilla attorno a 133 punti base, rispetto ai 122 punti di un mese fa appena. I tassi decennali dei BTP viaggiano all’1,19%, al record dal 1° novembre del 2021: un mese fa erano allo 0,9% circa, dopo che, nel febbraio del 2021 erano arrivati a scivolare al minimo storico dello 0,455%.
Ma il Draghi Effect è azzerato ormai da parecchio: d’altronde, se prima si prezzava un miglioramento dell’Italia in vista del e poi grazie all’arrivo dell’ex numero uno della Bce, ora si prezza il possibile addio a Palazzo Chigi di colui che, nelle vesti di presidente del Consiglio, è diventato regista della ripresa italiana nel post Covid-19.
Mr. Whatever It Takes salvatore prima dell’Eurozona e ora dell’Italia; definito una sorta di Re Mida dei bond, o più in generale il vero scudo anti-spread: una garanzia in carne e ossa che blinda la credibilità dell’Italia, capace di far contare Roma nello scacchiere della politica non solo europea, ma internazionale. Non per niente Goldman Sachs ha parlato di fenomeno ‘Draghi put’.
Bloomberg: “Mario Draghi, Please Stay Prime Minister!”
Nell’articolo “Mario Draghi, Please Stay Prime Minister!”, pubblicato su Bloomberg Opinion, Rachel Sanderson invita Draghi a lasciar perdere ogni eventuale idea di salire al Colle presentando un’altra opzione: più che occupare lo scranno più alto del Quirinale, azzarda Sanderson, Draghi potrebbe (dovrebbe?) rivolgere le sue mire, magari, verso lo scranno più ambito dai politici europei:
quello della presidenza della Commissione europea, che sarà di nuovo disponibile nel 2024, con la scadenza del mandato dell’attuale presidente Ursula von der Leyen.
“E’ un ruolo esecutivo probabilmente più adatto alla sua ambizione, al suo prestigio e alla sua visione di un’ Europa più integrata -scrive la giornalista, che fa notare che, nel 2024, Draghi “sarebbe ancora più giovane di un anno rispetto all’età che aveva Joe Biden quando è diventato presidente americano”.
Il motivo dell’appello di Sanderson, come degli appelli di molti altri esperti di politica, finanza, economia, è naturale:
tutti temono che, senza il capitano Draghi, la nave Italia, se non affonderà, comunque si incaglierà da qualche parte.
“Nei dieci mesi trascorsi da quando è diventato presidente del Consiglio – scrive Sanderson – Mario Draghi ha garantito all’Italia un periodo di stabilità senza precedenti negli ultimi anni. Di conseguenza, permettergli di rimanere in una posizione di autorità in Italia- qualsiasi posizione di autorità – per il periodo di tempo più lungo possibile è diventato un mantra negli ambienti economici e politici italiani”.
Tra l’altro, “anche se sono la Francia e la Germania le principali economie dell’Unione europea, il futuro del progetto europeo dipende dalla capacità dell’Italia – la terza economia più grande del blocco – di crescere dopo una stagnazione durata due decenni”, continua Sanderson:
“Nell’ultimo anno, con Draghi alla guida, l’Italia ha assistito a una crescita del Pil del 6,3%. Draghi ha garantito stabilità e ha spinto per l’adozione di quelle riforme strutturali chieste da Bruxelles in cambio dei finanziamenti Ue post pandemici” (riferimento al Pnrr e dunque all’utilizzo delle risorse stanziate soprattutto all’Italia con il piano di aiuti europeo Recovery Fund -NextGenerationEU).
Ma Draghi potrebbe magari continuare a blindare l’Italia anche nelle vesti di presidente della Repubblica?
Sicuramente, si legge nell’articolo, “la statura di Draghi rafforzerebbe ulteriormente la carica” di presidente della Repubblica. Tuttavia, senza più Draghi presidente del Consiglio, considerata la frammentazione dei partiti (dai sondaggi più recenti emerge che i principali partiti – dall’estrema destra al centro-sinistra – hanno un sostegno dell’elettorato attorno al 20%), la scena politica italiana tornerebbe a essere caratterizzata da coalizioni di governo burrascose e da governi caotici”.
Draghi al Colle con semipresidenzialismo? Pericolo populismo
Una situazione del genere, certo, potrebbe rafforzare la figura del capo dello Stato. “Ma l’Italia è una democrazia parlamentare – ricorda Sanderson – diversa dalla Francia, dove la politica gira attorno alla presidenza della Repubblica”.
Di conseguenza, “rendere la carica (di presidente della Repubblica) più potente creerebbe tensioni”; a tal proposito, l’idea di Draghi al Colle “ha fatto già parlare dell’alba di una Repubblica italiana semi-presidenziale, e non nel senso buono”. Basti pensare al dibattito infiammato dal vice segretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, che ha paragonato l’opzione di una presidenza di Draghi a quella di Charles De Gaulle dopo la II Guerra Mondiale.
In una intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, il ministro dello Sviluppo economico ha sganciato di fatto, e già mesi fa, una vera e propria bomba, affermando che “l’interesse del Paese è che Draghi vada subito al Quirinale, che si facciano subito le elezioni e che governi chi vince”.
Giorgetti ha aggiunto che, in questo modo, “Draghi diventerebbe il nuovo de Gaulle”, inaugurando la nascita del semipresidenzialismo in Italia.
Ma Sanderson ricorda che la concretizzazione di uno scenario del genere “è legalmente impossibile, senza che venga cambiata la Costituzione“.
“Una presidenza con poteri esecutivi” finirebbe di fatto con il violare l’obiettivo, stabilito proprio con la Costituzione, di prevenire “la rinascita di figure come quella di Benito Mussolini“. E la Costituzione ovviamente dovrebbe essere rispettata “anche se alla figura forte in questione venisse attribuito il merito di aver salvato l’euro” (come ha fatto Draghi).
Sanderson lancia così un avvertimento contro il rischio populismo e violenza che potrebbe essere rinfocolato di nuovo, in Italia, nel caso in cui Draghi finisse per diventare presidente della Repubblica in modo “non immacolato”.
Testuali parole: “If his elevation into the presidency isn’t immaculate, even his popularity may be vulnerable to Italy’s increasingly violent, populist anti-establishment movement”.
“Non solo Covid, l’Italia ha ancora bisogno di Draghi”
Per non parlare del fatto che, prosegue Rachel Sanderson, l’azione salvifica di Mario Draghi è ben lungi dall’essersi conclusa:
“L’Italia fa ancora fronte ad altre sfide, oltre a quella dell’anno pandemico. La lista delle cose da fare, a livello nazionale, include la riforma del fisco, la realizzazione di altre riforme strutturali e della giustizia, la necessità di rispondere alla quarta ondata del Covid (con Omicron) e la vendita della banca in difficoltà Monte dei Paschi di Siena. La lista di progetti difficili da portare avanti all’estero è altrettanto sfidante: c’è la necessità di riscrivere le regole fiscali dell’Unione europea, la ricerca di una relazione più stretta con la Germania sulla stessa linea del trattato (del Quirinale) di amicizia firmato il mese scorso con la Francia. E c’è anche l’obiettivo di creare una difesa europea più forte, per fronteggiare le pressioni crescenti che arrivano da Vladimir Putin”.
Una cosa è comunque sicura: “l’Italia ha bisogno di un governo stabile fino alla fine della legislatura, nel 2023, per arrivare a rispettare, o anche a superare, entro il 2026, il target di crescita del Pil pari a +3% stabilito come obiettivo. Una creescita più forte è infatti la chiave per far sì che il peso del debito sia sostenibile, specialmente nel caso di un rapporto debito-Pil che ha terminato l’anno scorso al 160%”.