Notizie Notizie Italia BTP post Bce: ‘tassi e spread? Fin troppo bassi’

BTP post Bce: ‘tassi e spread? Fin troppo bassi’

19 Dicembre 2022 11:07

Un’impennata dei tassi dei BTP, che implica spese per gli interessi sul debito più alti, proprio mentre l’Italia, così come tanti altri paesi dell’area euro, si appresta a emettere nel 2023 nuovi titoli di stato, per finanziare le misure di stimoli contro il caro energia e il caro bollette varate, nel caso specifico in questione, dal governo Meloni. Timing letale, secondo molti.

BTP
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E tuttavia, c’è chi fa notare che uno spread più alto potrebbe essere, in realtà, non un problema, quanto la soluzione per l’Italia.

Lo scrive su Twitter Robin Brooks, capo economista @IIF, ovvero dell’Institute of International Finance ed ex capo strategist forex di Goldman Sachs:

La reazione di tutti alla Bce hawkish di questa settimana è stata: ‘Oh no, lo spread dell’Italia è in rialzo’. Reazione sbagliata! L’unico modo con cui l’Italia può svezzarsi da un decennio di shopping di BTP da parte della Bce, riportando gli investitori privati ad acquistare i BTP è attraverso tassi più elevati. Gli spread più alti sono la soluzione, non il problema”..

D’altronde, it makes sense. Perché un investitore dovrebbe acquistare BTP a 10 anni, che presentano un rendimento del 4,3% circa, a fronte di un debito italiano al 150% del Pil, quando possono acquistare un bond australiano che rende di meno, ma poi neanche tanto, al 3,5%, a fronte di un debito-Pil dell’Australia pari al 60?

Essendo i BTP obiettivamente più rischiosi, a causa della spina del debito pubblico che caratterizza da anni l’Italia, i rendimenti in realtà dovrebbero essere molto più elevati, a dispetto di chi sta accusando in queste ore la Bce.

Il paragone tra Italia e Australia è stato fatto dallo stesso Robin Brooks:

Nel momento in cui le banche centrali pongono fine al QE da Covid (PEPP nel caso dell’area euro da parte della Bce), i paesi devono emettere debiti sui mercati. Facile per l’Australia, con il debito che, al 60% del Pil, è basso, con gli investitori stranieri che acquistano i bond a 10 anni al 3,5%. Gli investitori stranieri vendono invece l’Italia, dove il debito è al 150% del Pil e i tassi dei BTP a 10 anni anni, al 4,3%, sono troppo bassi”.

Non per niente qualche settimana fa gli analisti di Citigroup hanno detto di prevedere che, entro l’inizio dell’anno prossimo, “il premio sul rischio che sarà chiesto dagli investitori per acquistare BTP invece di Bund (il cosiddetto spread BTP-Bund) dovrà essere di quasi 2,75 punti percentuali”.

Uno spread a 275 punti base dunque che, aveva avvertito Bloomberg prima del meeting della Bce della scorsa settimana, “è un livello che farebbe suonare il campanello di allarme a Bruxelles, rinfocolando quella speculazione nervosa, che negli ultimi anni si era smorzata, sulla capacità di lungo termine dell’Italia di onorare gli interessi sul debito”. E tuttavia, un livello, in base al ragionamento che fa Brooks, sarebbe più giusto per un paese rischioso come l’Italia.

Boom tassi in vista di imminenti boom emissioni

Nell’area euro, la fiammata dei rendimenti a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi potrebbe essere solo all’inizio, in quanto la Bce, nella sua lotta contro l’inflazione, è disposta ad alzare ulteriormente i tassi proprio in un momento in cui i governi dell’area euro sono costretti a emettere più debito per finanziare gli aiuti fiscali varati o sul punto da essere varati con le varie leggi di bilancio.

In tutta l’Eurozona si prevede un’ondata di emissioni di debiti, nel corso del 2023, fino a 500 miliardi di euro su base netta.

La domanda è chi acquisterà questi nuovi BTP, Bund & Co pronti a sbarcare sul mercato, visto che la Bce ha chiarito che la sua intenzione, più che acquistare nuovi debiti, è di vendere quelli di cui ha fatto shopping in tutti questi anni ingolfando il suo bilancio, fino a diventare una sorta di bad bank, pur di blindare l’area euro da un eventuale bis della crisi dei debiti sovrani.

Il governo Meloni non è il solo a far fronte alla sfida dei costi di finanziamento più alti, visto che la stessa Germania si appresta a corpose emissioni di Bund per finanziare anch’essa le manovre lanciate per blindare i tedeschi dalla crisi energetica.

E tuttavia l’Italia fa sempre rumore, sia in quanto alle prese dalla zavorra del debito pubblico molto più pesante che in altri casi, sia per le polemiche ‘croniche’ contro Francoforte, che esplodono sempre da certa politica, che ora è al governo.

L’ultimo annuncio del 2022 della Bce è stato seguito da una carrellata di attacchi che hanno visto protagonista il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e, soprattutto, il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Attacco ai BTP, balzo tassi e spread a ritmi record

Da giovedì scorso, Bce-Day in cui l’Eurotower ha annunciato l’ennesima stretta monetaria, anticipando “nuovi rialzi dei tassi significativi”  per combattere un’ inflazione ancora troppo alta”, i tassi sui BTP a 10 anni –  tra i più sensibili a condizioni di accesso ai finanziamenti più rigide – sono saliti di oltre 40 punti base, a fronte di un sell off da corto circuito, sui BTP, che è stato il più forte, su base settimanale, dallo scorso giugno.

L’impennata ha portato lo spread BTP-Bund, indica Bloomberg, a segnare l’incremento settimanale più sostenuto dall’aprile del 2020, ovvero dal mese successivo a quello a cui si fa risalire l’esplosione della pandemia Covid-19.

Sono scattati al rialzo anche i tassi sui titoli di stato tedeschi, con quelli a due anni balzati al 2,50%, al record dal 2008.

Con l’annuncio del QT, in particolare, la Bce ha siglato l’inizio della fine di quei bazooka che tanto, negli anni precedenti, avevano tutelato (secondo alcuni economisti gonfiato) il valore in particolare dei BTP e dei bond di altri paesi cosiddetti periferici, caratterizzati da finanze pubbliche poco ‘virtuose’.

E il timore di una bomba lanciata dalla Bce sui mercati c’è, non solo da una certa politica:

Interpellato da Bloomberg Guillermo Felices, global investment strategist di PGIM Fixed Income, ha detto che la Bce potrebbe “scatenare una rivolta del mercato” che, a sua volta, “potrebbe provocare anche un veloce dietrofront da parte della Bce stessa, danneggiando potenzialmente la sua credibilità” (e la sua indipendenza?)

Ma gli strategist sono divisi: da un lato, c’è chi come Mohit Kumar, strategist sui tassi per Jefferies International, avverte che “una politica monetaria eccessivamente aggressiva rischia di creare una recessione più forte e di allargare gli spread periferici, aumentando i rischi di frammentazione”. Kumar ha fatto notare, anche, che è possibile che la presidente della Bce Christine Lagarde ‘abbia un po’ esagerato’ nell’anticipare un’altro rialzo dei tassi di 50 punti base, nel prossimo meeting del Consiglio direttivo di febbraio.

Dall’altro lato Robin Brooks, capo economista @IIF ha pubblicato un altro post su Twitter che fa riflettere:

“Nell’area euro la direzione della politica è preoccupante. I prezzi del gas non piacciono? Fissiamo un tetto.I tassi non vi piacciono? Fissate un tetto anche lì. L’elefante nella stanza è uno spazio fiscale uguale a zero per i paesi della periferia fortemente indebitati e cosa deve essere fatto per ripristinarlo. Su questo argomento, il silenzio è assordante”.