Bce, Draghi da laurea honoris causa difende OMT: evitata una catastrofe
Mario Draghi torna a parlare del piano OMT e lo fa in occasione della cerimonia con cui l’Università del Sacro Cuore di Milano (Università Cattolica) gli conferisce la laurea honoris causa in economia.
Diversi sono gli argomenti che il presidente della Bce ha affrontato, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa. Draghi ha fatto notare come ormai, a essere messi in discussione, non siano più i sostenitori dell’euro e dell’Unione europea, quanto proprio i più critici.
Il banchiere ha ricordato e difeso tutte le scelte prese nel corso del suo mandato, focalizzandosi in particolare sul lancio dell’Omt, che sollevò tante polemiche e che venne spesso interpretato come potenziale salvagente per l’Italia (che non venne mai attivato, né per l’Italia, né per nessun altro paese dell’area euro, ma di cui si parlò in merito ancora dell’Italia alla fine del 2018.
OMT, si ricorda, è un acronimo che è stato lanciato dalla Bce, una settimana circa dopo lo storico discorso con cui, il 26 luglio del 2012, nel pieno del caos dei mercati, Mario Draghi proferì la frase magica “whatever it takes”.
Si tratta praticamente di un programma che permetterebbe alla Bce di acquistare bond di breve termine nel mercato secondario, allentando così la pressione sui tassi. Un tale aiuto presuppone una disciplina non di poco conto, ovvero che il paese interessato alla sua attivazione faccia intanto richiesta di un piano di salvataggio – chiamasi anche bailout -, e che si adegui ai diktat di Bruxelles. Solo in quel caso la Banca centrale europea interverrebbe.
“Alcuni vi si opposero con decisione – ha ricordato oggi Draghi – perchè a loro parere il compito di stabilizzare l’area dell’euro spettava ai politici, non alla banca centrale che così facendo avrebbe invaso il campo della politica fiscale. Da un lato, vi era il timore che l’impegno ad acquistare illimitatamente titoli pubblici avrebbe potuto rendere incerto il confine fra la politica monetaria e le altre politiche. Ma in questo caso si trattava più di una questione di disegno che di principio. Era necessario mettere in campo garanzie e limiti che contenessero i rischi, obiettivo che realizzammo, fra l’altro, con la condizione che fosse attivato simultaneamente un programma da parte del Fondo europeo di stabilità (Esm) in grado di garantire l’attuazione di politiche di bilancio adeguate per poter accedere all’Omt. La Corte di giustizia europea confermò che il disegno delle operazioni era pienamente conforme al mandato della Bce”.
D’altronde, ha continuato Draghi, nel pieno della crisi dei debiti sovrani, stava emergendo il rischio concreto che “se non avessimo agito con decisione, l’area dell’euro sarebbe stata investita da una catastrofica destabilizzazione, con profondi effetti deflattivi“.
Di qui, fu necessario avere il coraggio di agire:
“Il coraggio necessario per agire venne dalla convinzione che i rischi incombenti sarebbero stati assai maggiori se non avessimo fatto nulla. Saremmo in questo caso semplicemente venuti meno al nostro mandato e avremmo potenzialmente messo a rischio l’integrità della moneta che avevamo il compito di preservare. Ciò rendeva inevitabile la decisione presa; era l’unica possibile per un policy maker responsabile”.
Insomma, ha insistito Draghi, “in molti casi i policy maker devono agire, consapevoli che le conseguenze delle loro decisioni sono incerte, ma convinti che l’inazione porterebbe a conseguenze peggiori e al tradimento del loro mandato”.
Non è mancato il riferimento a tutti gli ostacoli che la sua Bce, osteggiata allora e anche oggi dai falchi, sia tedeschi e non, ha dovuto fronteggiare:
“La costituzione del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), il varo della vigilanza bancaria europea, la creazione del Fondo di risoluzione unico sono stati tutti ostacolati adducendo problemi di azzardo morale che sarebbero discesi dalla riallocazione a livello europeo di alcune responsabilità nazionali. In retrospettiva, ai governi dell’area dell’euro non è mancato il coraggio; hanno saputo compiere i passi giusti nei momenti cruciali. L’unione monetaria è ora più forte e gran parte delle paventate complicazioni si sono rivelate infondate”.
Draghi da laurea honoris causa: euro mai così popolare
L’euro “è popolare come non mai” e il “sostegno all’Ue ha raggiunto i livelli massimi dal periodo della crisi”. In più, a dispetto di tutte le previsioni che davano l’Europa spacciata, in occasione delle elezioni europee “il pubblico ha eletto una maggioranza pro-europea”.
L’attacco dei sovranisti c’è sicuramente stato, ma – ha fatto capire Draghi nella lectio magistralis seguita al conferimento, da parte dell’Università Cattolica, della laurea honoris causa – l’architettura dell’Europa è rimasta solida.
“Penso che col tempo essere parte dell’Ue e dell’Unione monetaria sia diventato normale per gran parte dei cittadini. L’euro è più popolare che mai e il sostegno all’Ue tocca i valori più alti registrati dall’inizio della crisi”.
Altro che Italexit, verrebbe da dire. Ormai non ci si interroga neanche più se l’esistenza dell’Europa abbia un senso:
“Nei dibattiti sul futuro dell’Europa si discute sempre meno se la sua esistenza abbia senso e assai di più sulla via migliore per avanzare. Su queste basi la nostra Unione può durare e prosperare”.
Il banchiere centrale, il cui mandato è agli sgoccioli – il 31 ottobre sarà il suo ultimo giorno all’Eurotower – si è detto “ottimista sul futuro dell’Europa”.
Certo, “la creazione dell’Unione europea, l’introduzione dell’euro e l’attività della Bce hanno incontrato molti ostacoli e dovuto fronteggiare molte critiche”. Nonostante questo, “hanno dimostrato il loro valore” e “oggi sono coloro che dubitavano a essere messi in discussione”.
Questo non significa che l’Unione europea e l’euro debbano essere esentati da critiche:
Affinché l’Unione monetaria si evolva, ha sottolineato Draghi, è importante infatti che “i cittadini credano nell’Unione, ma anche che la contestino”. E’ questo, d’altronde, che è successo nelle elezioni europee, anche se, per l’appunto, “alla fine, il pubblico ha eletto una maggioranza pro europea“.
Draghi ha lasciato l’Università del Sacro Cuore portandosi a casa la laurea honoris causa.
L’Università ha spiegato la decisione di conferire la laurea al numero uno della Bce “in considerazione dello straordinario contributo fornito alla costruzione europea“.
Ancora, nelle sue motivazioni l’Ateneo ha scritto:
“Draghi ha contribuito in modo unico alla costruzione di un’Europa unita. Come presidente della Bce ha disegnato strumenti straordinari per impedire la dissoluzione dell’Eurozona. Ha concepito e reso operativo il programma di unificazione bancaria. Ha introdotto nuove modalità nella gestione della politica monetaria. Ha definito un piano dettagliato per completare e rendere sostenibile l’eurozona, mantenendo vivo il sogno di un continente unito non solo dal punto di vista monetario ma anche politico, operando nel solco della tradizione dei padri fondatori dell’Europa moderna”.