Banche centrali: la virata dovish è globale, emergenti inclusi. E Bank of England sorprende su Brexit
Banche centrali sempre più dovish. L’ultima a tagliare i tassi è stata la Banca centrale del Messico, citando quella frase che accomuna la maggior parte dei comunicati che le istituzioni stanno snocciolando per spiegare le loro virate da “colombe”: la frase è quella che indica la presenza di rischi al ribasso per l’economia.
La crescita è inferiore a quanto ci si aspettava e, di conseguenza, il numero delle banche centrali che stanno annunciando o pre-annunciando tagli ai tassi di interesse e altre misure di politica monetaria espansiva sta crescendo in modo significativo. Oggi, poi, si mette in evidenza anche una dichiarazione dalla Bank of England che sta affossando la sterlina.
“E’ piuttosto plausibile – ha detto Michael Saunders, esponente esterno della Commissione di politica monetaria della Bank of England – che la prossima mossa della BoE sia di un taglio dei tassi, anche nel caso in cui si riuscisse a evitare il no-deal Brexit”. Questo, perchè “è probabile che le incertezze continuino a zavorrare la crescita UK al di sotto del suo potenziale ancora per un po’ di tempo”.
Ciò sarà vero, ha continuato Saunders, “soprattutto se la crescita globale continuerà a essere debole. “In uno scenario del genere – che non è quello di un no-deal Brexit ma di un’incertezza ostinatamente alta -, sarebbe probabilmente appropriato mantenere una politica monetaria espansiva, e forse renderla più accomodante“.
Immediata la reazione della sterlina, scesa fino a $1,2281 nei confronti del dollaro e a €1,1257 sull’euro. Non che la notizia sia stata una vera e propria doccia fredda. Gli operatori sono tuttavia un po’ confusi, visto che il taglio dei tassi nel Regno Unito era stato considerato più che probabile nel caso di un no-deal Brexit ma decisamente meno (se non per niente), in caso di accordo.
Banche centrali pronte al peggio: dalla BoE alla Turchia
La banca centrale del Messico e ora la Bank of England non sono certo una eccezione nel panorama della politica monetaria mondiale, che si sta uniformando sempre di più verso una impostazione dovish dei tassi. E non parliamo “solo” del bazooka monetario della Bce e dell’ ennesimo recente taglio dei tassi da parte della Fed (che tra l’altro, alle prese con le oscillazioni preoccupanti dei tassi repo, ha lanciato anch’essa un bazooka mini)
Se è vero che la Swiss National Bank, ovvero la banca centrale Svizzera, ha lasciato i tassi invariati a -0,75% (riservandosi comunque l’opzione di intervenire in caso di bisogno), e se è vero che altrettanto ha fatto la Bank of Japan (che potrebbe però diventare più accomodante a ottobre), la Banca centrale danese ha tagliato ultimamente i tassi di interesse, già negativi, di 10 punti base, arrivando a eguagliare la Svizzera con tassi a -0,75%, livello che si conferma minimo record tra le economie avanzate.
E se già la Germania pensa a una legge che vieti alle banche di imporre tassi negativi ai conti dei clienti retail, in Finlandia le autorità sono all’opera per stabilire se una mossa del genere sia legale o meno, dopo che il nuovo AD di Nordea Frank Vang-Jensen ha dichiarato questo mese di non poter escludere che i tassi negativi vengano imposti anche ai retail.
“Stiamo osservando attentamente” la situazione – ha detto Vang-Jensen lo scorso 5 settembre – Si tratta di un problema complicato. Bisogna guardare a ogni paese a capire il contesto di ciascuno, il livello del tasso di interesse, e cosa stanno facendo i rivali, per poi decidere il da farsi. In realtà, non ci siamo mai trovati prima in una situazione del genere“.
In tutto questo, c’è da dire che, oltre alle banche tedesche e alla Germania in generale, anche le banche danesi stanno mostrando una certa stizza nei confronti della banca centrale del paese.
Cosa dire invece dei mercati emergenti?
Oltre alla manovra da colomba della banca centrale del Messico, che segue il primo taglio dei tassi dal 2014, diverse banche centrali dei paesi emergenti stanno diventando più dovish. Tanto che l’FT ha dedicato un articolo al fenomeno, scrivendo che le istituzioni non sono state mai così accomodanti da almeno l’ultima crisi finanziaria globale. E’ quanto emerge, ha precisato il quotidiano, dall’analisi del linguaggio utilizzato in ben 4.000 pubblicazioni di politica monetaria.
Nel corso del 2019, viene ricordato, hanno tagliato i tassi, tra le altre, anche le banche centrali di Brasile, Russia, India, Turchia.
Tanto che l’Emerging Monetary Mood Indicator di Bank of America Merrill Lynch, che si basa sulla scansione robotica delle parole chiave utilizzate nelle pubblicazioni delle 11 banche centrali più importanti dei mercati emergenti, conferma per l’appunto che le istituzioni non sono mai state così colombe dal picco della crisi finanziaria, ovvero dal 2009, considerando la media mobile degli ultimi sei mesi.
Considerando invece i dati riferiti ai singoli mesi, dall’indicatore emerge che il picco dell’attitudine dovish è il più alto dal crash dot-com del 2000.
Tra l’altro, le banche centrali non avrebbero certo completato il lavoro.
“Ci sono alcuni mercati emergenti in cui possiamo dire senza problemi che le banche centrali taglieranno più di quanto il mercato stia prezzando”, ha riferito all’FT David Hauner, responsabile della strategia cross strategy e dell’economia presso Bank of America, citando la Russia, il Brasile, la Cina e la Repubblica Ceca. “Non crediamo che il mercato stia prezzando i tagli ai tassi in modo aggressivo. C’è tanta potenza di fuoco là fuori. I tassi reali dei mercati emergenti sono infatti ancora piuttosto alti“.