Azioni e bond sotto attacco, volano tassi Treasuries e Bund. Il momento della verità è arrivato?
Azioni e bond entrambi sotto attacco. L’impressione è che il momento della verità sia arrivato. A scatenare il sell off, d’altronde, non è stato un rumor o l’opinione di qualche analista/economista. Questa volta il messaggio è arrivato dal fronte macroeconomico, in particolare dalla dinamica dei salari. Salari che sono stati resi noti con il report occupazionale Usa di gennaio e che sono saliti al top dal 2009.
Trader e investitori hanno fatto un po’ di conti: i nuovi posti di lavoro sono cresciuti più delle attese, il tasso di disoccupazione Usa è rimasto stabile al 4,1%, ovvero al minimo dal 2000. I salari erano l’ultimo tassello mancante per poter parlare di un’economia solida in modo sostenibile: era stata proprio la loro debolezza a mettere in evidenza come fosse ancora presto, probabilmente, per dire ormai che tutto quadrava.
E invece, l’ultimo tassello del puzzle della ripresa economica sembra essere stato finalmente trovato. Il dato è salito del 2,9% su base annua, rispetto al +2,5% di dicembre. Questo significa che l’inflazione sta davvero marciando al rialzo, visto che le retribuzioni sono una sua importante componente, tra l’altro attentamente monitorata dalla Fed.
Ciò significa anche che la Fed potrà permettersi di essere più aggressiva, anzi, forse sarà costretta a farlo nel caso in cui quell’inflazione che latitava da parecchio dovesse apparire in tutta la sua forza in modo inaspettato; il rialzo dei salari è anche la prova che il rialzo dei tassi dei Treasuries Usa, che si è manifestato negli ultimi giorni, è più giustificato, così come è giustificato il timore che il mercato orso sia già arrivato sul settore del reddito fisso.
Tutte queste deduzioni gettano i mercati nello scompiglio più assoluto. Le scommesse su un’inflazione più solida delle attese e dunque su maggiori interventi sui tassi da parte della Federal Reserve scatenano le vendite sull’azionario – che finora è stato sostenuto da una politica monetaria che, a dispetto delle diverse strette monetarie, è rimasta accomodante, confermando il suo ruolo di linfa vitale dei mercati; per lo stesso motivo cedono i Treasuries Usa, scontando l’erosione del loro valore in un contesto di inflazione più alta, con i tassi decennali che volano subito di 5 punti base.
Proprio il nuovo record testato dai rendimenti decennali Usa – che superano il 2,85% per la prima volta dal gennaio del 2014, estende le perdite settimanali dell’indice S&P 500 delle ultime cinque sessioni a oltre -2,5%.
Effetto domino sull’Europa, dove il sell off sui bond sovrani si intensifica, a fronte dello Stoxx Europe 600 Index, indice di riferimento dell’azionario europeo, che archivia la sua quinta seduta in rosso, confermando la fase ribassista più lunga da novembre e scendendo al minimo in un mese.
Il Dax della borsa di Francoforte soffre la flessione più sostenuta, su base settimanale, dal 2016, e cade al minimo in più di quattro mesi, a fronte dei tassi sui Bund a 10 anni, che balzano al record in più di due anni, allo 0,73%. I tassi dei Gilts UK avanzano all’1,531%, al massimo in 21 mesi.
Gli investitori nel reddito fisso si posizionano sui bond sovrani del Giappone, consentendo ai tassi decennali di scendere allo 0,086%.
Piazza Affari non scampa alle vendite, con il Ftse Mib che cede più dell’1%, in area 23.280 punti.
Occhio alle notizie che indubbiamente condizioneranno la performance dell’azionario italiano, in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo, così come dei BTP e dello spread.
Focus sia sull’ipotesi Mario Draghi, attuale numero della Bce, rilanciata da Silvio Berlusconi, che sulla decisione di Ray Dalio, numero uno del fondo Bridgewater Associates, di triplicare la puntata ribassista contro l’Italia.