Apple nella trappola dell’iPhone City in Cina
Apple caduta nella trappola da essa stessa creata dell’iPhone City.
Il titolo della Big Tech Usa continua a essere attaccato dai sell, precipitando a Wall Street al nuovo minimo delle ultime 52 settimane, e confermandosi tra le vittime illustri del made in China.
La Cina, su cui le multinazionali di tutto il mondo si sono riversate negli ultimi decenni per produrre a costi più bassi che nei rispettivi paesi di origine, è diventata essa stessa, ormai, una trappola: prima, per la politica Zero Covid lanciata per arginare i contagi da Covid, imperniata sui lockdown e misure severe di restrizioni che si sono tradotti nella chiusura di diverse fabbriche.
Apple alle prese con politica liberi tutti in Cina
Ora, da qualche settimana, per la decisione improvvisa del governo di Pechino di abbandonare la politica di tolleranza Zero nei confronti della pandemia e di optare per una sorta di ‘liberi tutti’. Peccato che quel ‘liberi tutti’ si stia traducendo in un boom di infezioni, di caos negli ospedali intasati di pazienti, di file di carri funebri di fronte ai crematori. Tanto che c’è stato anche il caso del colosso cinese di pompe funebri che ha festeggiato alla borsa di Hong Kong.
Da nuovo studio stilato da alcuni ricercatori di Hong Kong e pubblicato da Bloomberg il 15 dicembre scorso è emerso che, con il governo di Pechino che sta abbandonando rapidamente le restrizioni precedentemente imposte per contenere i contagi, le vittime di Covid-19 in Cina potrebbero essere di quasi 1 milione.
E un articolo shock pubblicato su Bloomberg il 23 dicembre scorso ha indicato come sia possibile che siano state quasi 37 milioni le persone in Cina infettate dal virus in un solo giorno, così come è probabile che siano state 248 milioni le persone che abbiano contratto il virus nei primi 20 giorni di dicembre.
Per Apple, il pericolo ora è che il balzo delle infezioni costringa a casa o negli ospedali i dipendenti dell'”iPhone City”, l’impianto situato a Zhengzhou, in Cina, gestito da Hon Hai Precision Industry (Foxconn) dove vengono assemblati i componenti per la produzione di iPhone 14 e iPhone 14 Pro Max.
Già alla fine di novembre Bloomberg aveva riportato alcune indiscrezioni, secondo cui Apple e Foxconn avevano peggiorato le previsioni sul calo della produzione degli iPhone di Apple, nell’impianto di Zhengzhou, stimando una mancata produzione di 6 milioni di iPhone Pro.
Apple stessa aveva rivisto al ribasso in precedenza le stime sulla produzione degli iPhone 14 da 90 milioni di unità precedentemente attese a quota 87 milioni.
Apple: titolo a minimi giugno 2021
La crisi di Apple è tutta raccontata dal trend del titolo, che ieri, all’inizio della giornata di contrattazioni a Wall Street, era già reduce da una carrellata di sell che lo avevano portato a scivolare al valore più basso dal giugno del 2021.
Con la flessione di ieri del 3% circa, il titolo AAPL è precipitato ai nuovi minimi.
Dall’inizio di dicembre, le azioni AAPL hanno perso il 12,4%, soffrendo la performance mensile peggiore dal calo pari a -12,8% registrato nel maggio del 2019.
Dall’inizio dell’anno, il ribasso è di ben – 27%. Certo, un bilancio decisamente meno negativo rispetto all’altra Big Tech Tesla, che si avvia a concludere il 2022 con un un tonfo del 70% circa, e anche rispetto all’indice Nasdaq Composite, orientato a un crollo del 34,7% YTD.
Ma la paura di altre interruzioni nella produzione della maxi fabbrica di Zhengzhou nota anche come iPhone City getta ombre non solo sul trend futuro del titolo, ma anche sulla strategia del colosso americano, che ha fatto fin troppo affidamento sul made in China.
Nelle ultime ore la società di ricerca TrendForce ha corretto le stime relative alle consegne totali di modelli iPhone 14 relative al 2022 a 78,1 milioni di unità, in lieve rialzo rispetto ai precedenti 78 milioni attesi.
Buona notizia? Se lo è, è accompagnata da altre news niente affatto confortanti.
La lieve revisione al rialzo riflette la decisione di Pechino di allentare le misure di restrizione. Allo stesso tempo, la stessa TrendForce ha annunciato di ritenere che le assenze della forza lavoro per malattia faranno scendere le consegne relative al primo trimestre fiscale di Apple del 22% a 47 milioni.
Nell’iPhone City, ha rilevato ancora Trendforce, l’utilizzo della capacità produttiva deve inoltre attestarsi ancora un valore superiore al 70%.
Una soglia che viene vista quasi come Mission Impossibile, in base agli ultimi dati disponibili.
Incubo iPhone City: dipendenti in trappola con caos Covid
Il 30 novembre scorso l’iPhone City è stato teatro di forti proteste da parte dei lavoratori, che hanno cercato di fuggire dal campus.
Il 23 novembre scorso un dipendente si era così espresso:
“Sono davvero spaventato in questo momento, potremmo essere tutti positivi al Covid. Ci state condannando a morte”.
All’inizio di dicembre, Foxconn comunicava che l’impianto di Zhengzhou avrebbe ripristinato la “piena produzione” entro il mese di gennaio.
Stando a quanto riportato dalla CNN, l’ iPhone City può ospitare 200.000 lavoratori, che vivono nella struttura, riposando nei dormitori dell’area.
L’area è finita sotto i riflettori di recente, a ottobre, quando alcuni dipendenti hanno deciso di lasciare il campus, preoccupati per la diffusione del Covid.
A corto di personale, Foxconn ha offerto addirittura bonus, per convincere i dipendenti a tornare.
Le proteste sono tuttavia esplose nel momento in cui i nuovi assunti hanno accusato i vertici di non aver mantenuto fede alle loro promesse.
Sono seguiti scontri con le forze di sicurezza, poi sedati nel momento in cui Foxconn ha offerto direttamente cash ai manifestanti per convincerli ad abbandonare l’iPhone City.
Tra fughe dei dipendenti e proteste, Dan Ives, analista di Wedbush Securities, aveva stimato che le interruzioni che avevano colpito il campus di Foxconn stavano provocando ad Apple perdite di 1 miliardo di dollari la settimana, in termini di mancate vendite di iPhone.
E Ming-Chi Kuo, analista di TF International Securities, aveva scritto sui social di prevedere che le consegne di iPhone sarebbero state inferiori del 20% rispetto alle attese, nel trimestre compreso tra ottobre e dicembre, stimando un utilizzo della capacità produttiva, in media, nell’impianto di Zhengzhou, pari ad appena il 20% a novembre, e del 30-40% a dicembre, in vista dell’allentamento delle restrizioni.
Il nuovo interrogativo tuttavia è il seguente: allentate le restrizioni, come si può pretendere che la capacità produttiva migliori se il boom delle infezioni da Covid costringerà tanti cinesi a rimanere confinati in casa per malattia o peggio, a essere trasportati negli ospedali?
La diffusione del virus nella fabbrica di Zhengzhou sta rallentando la produzione degli iPhone, rendendo difficile se non impossibile per l’offerta di Apple riuscire a centrare la domanda.
L’iPhone City è, di fatto, l’unico sito in cui vengono assemblati i nuovi modelli Pro degli iPhone.
Guardando in avanti, Apple ha deciso di conseguenza di ricorrere a un’altra fonte per assemblare il suo prossimo modello iPhone 15 Pro Max, scegliendo Luxshare.
Tuttavia, l’unico impianto di assemblaggio di iPhone di Luxshare è situato in Cina.
In Vietnam, il gruppo Luxshare dispone di un impianto per assemblare gli accessori di Apple, ma al momento non ha alcun piano per creare nel paese una nuova linea di produzione per gli iPhone.
Intrappolata per ora nella sua iPhone City made in China, alle prese con l’incubo Covid, Apple starebbe puntando a raddoppiare la capacità produttiva disponibile in India, nel corso del 2023, stando a quanto riportato da TrendForce.
TrendForce ritiene di conseguenza che almeno il 30-35% della capacità produttiva di Apple in Cina dovrà essere trasferita in Vietnam e in India, anche per le tensioni commerciali che continuano a macchiare le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti.
Qualche giorno fa ha fatto gridare allo scandalo la pubblicazione di un articolo sul sito Rest of World che, nel descrivere le condizioni dell’impianto di Zhengzhou – che è quello più grande al mondo per la produzione di iPhone – ha rivelato che alcuni lavoratori sono stati costretti a continuare ad assemblare gli smartphone anche dopo essere risultati positivi al Covid.
Muniti di mascherine, i lavoratori non infettati hanno rivelato come la misura non fosse sufficiente, visto che i dipendenti dormono tutti insieme in otto nelle stanze adibite a dormitoi.
Sette dipendenti dell’iPhone City hanno confermato a Rest of World di aver contratto il virus dopo aver iniziato a lavorare in fabbrica nel mese di dicembre.
A tre di loro è stato chiesto di restare a lavorare nonostante il manifestarsi di sintomi.
Fino a quando la politica di tolleranza zero nei confronti del Covid è stata attiva – ovvero fino a poco fa – le aziende manifatturiere si sono basate sul sistema cosiddetto “closed-loop”: un sistema basato sull’isolamento dei lavoratori all’interno dei campus degli impianti e sull’obbligo di sottoporsi al test anti-Covid ogni giorno.
Ora che le restrizioni sono state ritirate, ai lavoratori dell’iPhone City è stato chiesto di rinunciare ai giorni di malattia pur di continuare a produrre iPhone.