In Cina boom infezioni Covid. Colosso pompe funebri festeggia in Borsa
Allarme Covid in Cina, ma il governo di Pechino ha annunciato la decisione di porre fine all’obbligo di quarantena per i turisti in arrivo, a partire dal prossimo 8 gennaio.
Termina così uno dei pilastri della politica zero Covid – tolleranza zero nei confronti della pandemia Covid – perseguiti dalla Cina, durato quasi tre anni.
Allo stesso tempo, alla borsa di Hong Kong, balzano i titoli delle società di onoranze funebri, mentre è boom di infezioni da Covid e di ricoveri in Cina, secondo alcune fonti anche di decessi, dopo la decisione delle autorità di allentare le restrizioni anti-Covid imposte fino a poco fa per arginare i contagi.
L’agenzia di stampa Reuters ha riportato che nel distretto di Tongzhou di Pechino è stata avvistata una fila di 40 carri funebri circa in attesa di entrare in un impianto di cremazioni.
Risultato: alla borsa di Hong Kong gli operatori scommettono su un aumento di decessi, di cremazioni e di funerali: balzano così le quotazioni di titoli come quelli di Fu Shou Yuan International Group, che venerdì scorso ha testato il record del 2022 a 7,04 dollari di Hong Kong, dopo un balzo di quasi +80% negli ultimi due mesi.
Colosso pompe funebri festeggia in Borsa. Si scommette su morte Covid
Con una capitalizzazione superiore a 2 miliardi di dollari, Fu Shou Yuan International ha fatto il suo debutto alla borsa di Hong Kong nel 2013, sostenuto dal gigante internazionale di asset management Carlyle Group e dall’hedge fund Farallon Investors.
Fu Shou Yuan International è il più grande operatore in Cina che gestisce cimiteri e servizi funebri.
I rialzi recenti hanno portato il titolo al record in più di un anno.
E il recente boom di buy ha consentito alle azioni, che fino al mese di novembre avevano sofferto un tonfo di quasi il 40%, a virare in territorio positivo in termini di performance YTD, con un guadagno dall’inizio del 2022 pari ora a +15%, stando a quanto riporta un articolo della CNBC.
Il titolo continua a correre e nella sessione di venerdì scorso (oggi la borsa di Hong Kong è chiusa), ha messo a segno un balzo di oltre il 9%.
Il governo di Pechino, noto per le misure di lockdown e di restrizioni lanciate nell’intento di fermare i contagi da Covid, è stato costretto ad allentare le restrizioni varie nelle ultime settimane, a seguito delle forti proteste esplose in diverse aree della Cina.
Proteste e dimostrazioni, aveva riportato la Cnn, mai così diffuse dai tempi dalle proteste di Tienanmen del 1989.
Diversi gli studenti che avevano organizzato manifestazioni presso diverse università; in generale, la gente si è riversata nelle strade di Pechino, Shanghai, Wuhan, Lanzhou, e di altre città, in base ai video circolati sui social media.
Le proteste si sono intensificate a seguito dell’incendio di Urumqi, nello Xinjiang, in fase di lockdown da mesi, dove avevano perso la vita dieci persone.
Secondo le proteste, proprio i controlli lanciati dalle autorità locali per garantire l’isolamento dei residenti avrebbe ritardato l’arrivo dei vigili di fuoco, provocando i decessi.
Cina: la ‘profezia’ di Goldman Sachs
All’inizio di dicembre da Goldman Sachs arrivava tuttavia un avvertimento legato al reopening della Cina.
Hui Shan, capo economista della divisione Cina del colosso Usa, faceva notare “le lacune in campo sanitario” del paese e indicava “una probabilità del 30%” che il reopening venisse anticipato, ma in modo “forzato”, in una Cina non preparata a gestire con un piano alternativo alla politica zero Covid le infezioni da Covid.
Il boom delle infezioni e l’assenza di una “preparazione medica”, aveva profetizzato Goldman Sachs, avrebbero potuto finire con il produrre conseguenze “sul comparto manifatturiero e sul commercio del paese, provocando al contempo gravi problemi all’intero sistema sanitario”.