Alphabet, pressing autorità Usa su Google per cedere Chrome
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha proposto una misura senza precedenti contro Alphabet, chiedendo a Google alcune misure correttive, inclusa la potenziale vendita del browser Chrome, per affrontare le accuse di monopolio nel mercato della ricerca online. La decisione rischia di avere implicazioni significative per il settore tecnologico e per il futuro delle applicazioni di intelligenza artificiale.
DoJ chiede a Google di vendere il browser Chrome
Il Department of Justice (DoJ) degli Stati Uniti intende richiedere a un giudice federale che Google venda il browser Chrome, nel contesto di una più ampia azione antitrust contro Alphabet.
Questa proposta segue una sentenza emessa ad agosto, in cui il giudice Amit Mehta ha stabilito che Google ha monopolizzato illegalmente il mercato della ricerca online.
La misura, accompagnata da raccomandazioni su licenze di dati e modifiche all’integrazione tra i servizi di Google, mira a ripristinare la concorrenza e a contenere il dominio del colosso tecnologico in mercati strategici come l’intelligenza artificiale e i sistemi operativi per smartphone.
Chrome cuore del business pubblicitario di Alphabet
Chrome, con una quota di mercato negli Stati Uniti pari al 61%, rappresenta un punto d’accesso cruciale per il motore di ricerca di Google e per il suo ecosistema pubblicitario.
Il browser permette infatti all’azienda di raccogliere dati sugli utenti registrati, migliorando la personalizzazione degli annunci, che costituiscono la principale fonte di ricavi di Alphabet.
Google ha inoltre integrato in Chrome il proprio strumento di intelligenza artificiale, Gemini. Questo prodotto potrebbe trasformarsi in un assistente personale digitale, consolidando ulteriormente il suo dominio tecnologico.
Google risponde al Dipartimento di Giustizia Usa
Lee-Anne Mulholland, vicepresidente di Google per gli affari normativi, ha criticato l’approccio del Dipartimento di Giustizia, parlando di una “agenda radicale” che danneggerebbe consumatori, sviluppatori e la leadership tecnologica americana in un momento chiave.
Nonostante queste preoccupazioni, il DoJ insiste sulla necessità di misure correttive, compresa la vendita di Chrome, per ristabilire l’equilibrio competitivo. Tuttavia, anche qualora il giudice Mehta accettasse la proposta, la vendita di Chrome richiederebbe un acquirente disposto e capace di superare potenziali ostacoli antitrust.
Le altre attività di Google nel mirino
Le autorità antitrust chiedono che Google separi anche il sistema operativo Android dalle altre attività, come la ricerca e il Play Store, per ridurre il legame tra i servizi e promuovere la concorrenza.
Inoltre, è previsto che Google debba condividere maggiori informazioni con gli inserzionisti, dando loro un maggiore controllo sulla distribuzione degli annunci.
Un’altra proposta prevede che Google conceda in licenza i suoi risultati di ricerca e i dati sui clic, permettendo ai rivali di costruire motori di ricerca e modelli di intelligenza artificiale di qualità comparabile.
Una battaglia lunga e complessa all’orizzonte
Google ha già annunciato l’intenzione di appellarsi alla sentenza di agosto, e una decisione finale sulle sanzioni potrebbe non arrivare fino alla seconda metà del 2025. Tuttavia, il caso rappresenta un importante banco di prova per il governo statunitense nella sua missione di regolare i giganti tecnologici e proteggere la concorrenza nei mercati digitali.
Con il mercato dell’intelligenza artificiale in rapida crescita, questa decisione potrebbe avere un impatto duraturo non solo per Google, ma per l’intero settore tecnologico.
Ricordiamo che, oltre alle autorità statunitensi, anche l’Europa e il Regno Unito hanno avviato battaglie legali contro il colosso tecnologico per attenuarne il monopolio.
La reazione di Alphabet in borsa
Le azioni Alphabet sono scese dell’1,0% a 173,5 dollari nelle contrattazioni after hours, dopo aver registrato un guadagno di circa il 25% dall’inizio del 2024.
Secondo i dati forniti da Bloomberg, il titolo raccoglie l‘82% di giudizi positivi (59 “buy” a fronte di 13 “hold” e nessun “sell”), con un prezzo obiettivo medio a 12 mesi pari a 210,4 dollari. Il target price implica un potenziale rialzo del 20% rispetto alla chiusura della seduta precedente.